La famiglia DANESIN (nonna materna) / Ricerca sulla famiglia Danesin

 

Storia genealogica dei DANESIN, la famiglia di mia nonna

(la mamma di mia mamma)

 

Da molto tempo ho un desiderio che si sarebbe potuto realizzare meglio diversi anni fa quando, probabilmente, alcuni miei zii (fratello e sorelle di mia mamma) e anche mia mamma stessa, avrebbero potuto aiutarmi con informazioni, nomi e diversi ricordi su mia nonna Danesin Costantina, veneta di nascita ma anche di origini, una famiglia che nasce nelle zone tra il trevigiano e il veneziano, in quei paesi dell’entroterra veneto a pochi passi da Treviso e da Venezia, un po’ pianeggianti, un po’ collinari, a pochi passi dalle montagne ma che respirano aria di mare perché molto vicini alla laguna. Il paese natale di mia nonna è Martellago (in provincia di Venezia), una località nell’interland di Mestre, un paesone molto grande che supera i 20.000 abitanti oggi grazie alle due popolose frazioni di Maerne (oltre 7.000) e Olmo (oltre 5.000).

Dalle prime notizie che ho a disposizione, la famiglia arriva a Martellago nella prima metà dell’800 proveniente da Mogliano Veneto (provincia di Treviso), passando prima da Trivignano (ora sotto la città di Venezia). Da una prima ricostruzione, ancora in corso di elaborazione, posso trarre già diverse conclusioni perché sono in possesso di molti dati e tantissimi nomi. Trovo famiglie numerosissime, 10, 12, anche 14 figli, tantissimi casi di bambini non sopravvissuti, morti a pochi anni di vita, altri pochi mesi o addirittura anche poci giorni. I sopravvissuti hanno generato prole numerosa quindi l’albero che andrò ad illustrare è molto grande e copioso di nomi. A tutto questo devo un grazie speciale ad alcune persone che ho conosciuto tramite Facebook (a volte anche i social network servono a qualcosa se si usano in modo intelligente) iscrivendomi alla pagina “Sei di Martellago se…” e chiedendo informazioni su mia nonna attraverso la scrittura di un post. Mi hanno risposto in molti ma tra tutte queste persone che si sono interessate al mio post ce ne sono state tre in particolare (i signori Doriano Trevisan, Gianluca Damiani e Federico Manente) che hanno preso a cuore questa mia richiesta perché essendo un cognome, Danesin, ancora molto diffuso a Martellago, mi hanno subito indicato i canali giusti da seguire. In particolare il signor Federico Manente di Martellago (studioso di storia locale e appassionato come me di ricerche geneaolgiche), che all’epoca aveva fatto richerche nell’archivio parrocchiale di Martellago, aveva già i dati a disposizione dall’origine dei registri fino al 31 dicembre 1900.

Per ora la ricerca si deve fermare qui ma credo di riuscire a proseguire in tempi ragionevolmente brevi per scoprire se ho, e sicuramente sarà così, molti parenti, cugini di mia mamma che non conosco, ancora in vita a Martellago. Mia nonna, nata nel 1899, era la prima della famiglia quindi le ricerche si devono interrompere, per ora, a lei perché mancano ancora tutti i dati dal 1901 in poi. Sono, tra l’altro, sicuro (i miei zii e anche mia mamma me lo dicevano spesso) che la nonna era una famiglia numerosa quindi, tutta questa parte, mi manca ancora. Certamente non è una ricerca facile, la faccio per corrispondenza, per telefono, per email, via internet anche perché 400 km di distanza (tra Pieve del Cairo e Martellago) non sono pochi e il posto in cui mi dovrei recare (un giorno ci andrò perché anche qui c’è una parte delle mie origini) non è proprio dietro l’angolo. Nulla è impossibile: intanto ho molte informazioni che prima non avevo e non ci speravo assolutamente ma grazie all’amico Federico (una persona veramente gentile, squisita e disponibilissima, praticamente una vera e propria manna dal cielo), questo è stato reso possibile.

Tengo a precisare che nell’albero genealogico che illustrerò ci saranno diversi dati mancanti, dei puntini di sospensione (…) delle date di morte o di matrimonio che non ci sono e tutti i Danesin nati dopo il 1901. Tutto questo perché o la persona (o l’intera famiglia addiritutta) si è trasferita in altri luoghi oppure è morta comunque a Martellago ma dopo il 1900.

Attraverso il sito internet del comune di Martellago, ho avuto modo di scaricare e consultare i Fascicoli ESDE (ben 15 volumi) che parlano della storia dei comuni del Miranese, del Trevigiano e del Veneziano in cui ci sono tantissime notizie storiche, curiosità, statistiche, nomi, date, elenchi riguardanti anche le zone di mio interesse, i posti in cui la famiglia di mia nonna ha vissuto e vive tutt’ora.

I territori e le zone dove ha avuto origine la famiglia di mia nonna

 

Venezia e la provincia

Due mondi che paiono quasi agli antipodi convivono nella provincia di Venezia: quello tutto proiettato nel passato della Laguna Veneta, e quello di prepotente modernità rappresentato dal complesso petrolchimico di Porto Marghera e da un entroterra fortemente antropizzato. Così appare la provincia di Venezia, segnata a E dalla costa adriatica tra i bassi corsi del Tagliamento e dell'Adige, e limitata in terraferma dalle province di UdinePordenone, e di TrevisoPadova e Rovigo.

Il territorio è piatto e uniforme; in alcuni punti terra e acqua sembra si confondano, come sulla fascia costiera, interessata da vaste plaghe bonificate e da ampie estensioni lagunari (Laguna Veneta e laguna di Caorle, quest'ultima molto meno estesa). Nel mare Adriatico sfociano i corsi d'acqua principali (Tagliamento, LivenzaPiaveSileBrenta e Adige), dopo aver interessato la provincia solo con il loro tratto terminale; il Brenta e il Sile sfociavano un tempo in laguna, ma nel sec. XVI il primo e nel sec. XVII il secondo furono deviati dalla Repubblica di Venezia per evitarne l'interramento. La presenza dell'acqua influenza fortemente il clima, che a inverni freddi e nebbiosi alterna estati calde, solo in parte alleviate da brezze lungo la costa; giornate rigide, ma terse, si hanno quando soffia la bora da NE, umide e afose quando a soffiare è lo scirocco da SE.I centri principali dopo il capoluogo sono ChioggiaMiraSan Donà di PiaveMirano, Martellago (il paese natale di mia nonna Costantina, con le due grosse e popolose frazioni di Maerne e di Olmo), Spinea,  Portogruaro e Iesolo. Lido Mestre, MargheraMalamocco, Alberoni, PellestrinaBurano e Murano fanno parte del comune di Venezia e con questa formano un'interessante conurbazione articolata in nuclei ben differenziati economicamente e complementari fra loro.

Mentre la città lagunare è in progressivo spopolamento, gli abitati dell'entroterra, Mestre in testa, sono notevolmente cresciuti nella seconda metà del sec. XX, contribuendo a saturare di capannoni e case buona parte del territorio e a fare di questa zona l'area trainante a livello economico della provincia. Nella struttura dei trasporti provinciali un ruolo importante conserva la navigazione, che fece in passato la fortuna di Venezia: il movimento passeggeri fa capo a Venezia città, quello delle merci e degli idrocarburi a Porto Marghera; né è da trascurare la navigazione “urbana” e turistica in laguna e sul Naviglio di Brenta. Ma l'entroterra di Venezia è diventato anche un nodo centrale delle comunicazioni terrestri nazionali: a Mestre si incrociano assi stradali, autostradali e ferroviari diretti verso Ravenna-Roma (SS 309, Romea); Padova-Bologna (A13); Verona-Milano, a W, e Trieste, a E (A4); Treviso-Cadore (A27) e di qui verso l'Austria e la Slovenia. Il tutto in un groviglio di binari, svincoli e viadotti, in cui l'intenso traffico stradale risulta frequentemente molto difficoltoso. Sulla sponda della laguna, 6 km a N di Venezia, si trova l'aeroporto Venezia-Tessera (Marco Polo), quarto in Italia per volume di traffico (dopo Fiumicino e i due scali milanesi).

Sotto il profilo economico la provincia presenta evidenti dicotomie. Nell'area a N di Mestre, in direzione del Trevigiano, sono presenti ampie distese agricole (cereali, riso). L'entroterra veneziano è però soprattutto un brulicare di attività sia industriali (complesso petrolchimico di Porto Marghera, polo chimico di Mira) sia commerciali (Mestre e dintorni) di dimensioni perlopiù medie; costituiscono distretti industriali la produzione di calzature (Riviera del Brenta) e del vetro artistico (Murano). Venezia, invece, è ormai una città-museo, che dalla sua storia e dai capolavori d'arte trae la propria ragion d'essere e la propria ricchezza. Quanto alle lagune, infine, queste fungono da scenario sia ad abitati di antica tradizione peschereccia (Chioggia è uno dei porti italiani più attrezzati per la pesca), sia a centri balneari estivi, come Iesolo, Caorle, Bibione e Sottomarina, altri motori di quel turismo che costituisce una delle voci principali dell'economia dell'area.

Treviso e la sua provincia

 

La provincia di Treviso, chiamata anche Marca Trevigiana, in quanto corrispondente a grandi linee al feudo medievale che portava questo nome, è limitata dalle province di VeneziaPadovaVicenzaBelluno e Pordenone. Un tempo veniva definita “Marca zoiosa”, cioè zona di confine, vero e proprio ponte naturale fra Venezia e il mondo germanico, ma anche terra festosa, in quanto luogo prescelto dai nobili veneziani per edificarvi quelle sontuose dimore di villeggiatura, che ancora si possono ammirare lungo il Terraglio, antica strada di collegamento tra Treviso e Mestre.

Il territorio è occupato a SE e nel settore centrale dalla fertile pianura alluvionale che si estende alle spalle della Laguna Veneta. Al margine nordoccidentale di questa zona pianeggiante, preceduta dal dosso arrotondato del Montello, si eleva una fascia di colline risalenti all'era cenozoica, che si appoggiano ai rilievi prealpini. Questi, che costituiscono il settore più elevato del territorio provinciale, sono divisi dalla stretta di Quero e dalla sella di Fadalto in tre distinti gruppi montuosi: a W il massiccio del monte Grappa, di cui appartengono al territorio trevigiano il versante sudorientale e i lunghi contrafforti che si spingono a E fino al Piave; tra il Piave e la sella di Fadalto, con direzione SW-NE, le Prealpi Bellunesi che segnano il confine con l'omonima provincia; infine, a NE, l'altopiano calcareo del Cansiglio, di cui appartiene alla provincia il settore sudoccidentale. La fertilità della pianura è strettamente connessa al sistema idrico. Il maggior fiume è il Piave che penetra in territorio trevigiano attraverso la stretta di Quero, fiancheggia il Montello e scende a SE fino al mare Adriatico; ha regime tipicamente torrentizio, con lunghi periodi di magra e piene impetuose. Portata più costante hanno, invece, gli altri corsi d'acqua quali lo Zero, il Sile e la Livenza, che hanno origine o sono abbondantemente alimentati nella fascia delle risorgive e scendono a SE. A valorizzare questo patrimonio idrico naturale è il Parco Regionale del Fiume Sile, con ricca vegetazione acquatica e palustre. Dalla particolare conformazione orografica del territorio, protetto dai rilievi prealpini dai venti freddi settentrionali, dipende anche il clima, sul quale esercita un notevole influsso l'Adriatico: nella pianura, in particolare, gli inverni sono freddi ma non rigidi, le estati, invece, non molto calde; quanto alle precipitazioni, si concentrano nei mesi primaverili e autunnali, e sono più copiose sulle Prealpi Bellunesi e sul versante meridionale dell'altopiano del Cansiglio.Il potenziamento della struttura economica della provincia ha contribuito efficacemente a frenare il flusso emigratorio, di manodopera prevalentemente agricola, molto consistente fino alla metà del Novecento. Oltre al capoluogo, di questo sviluppo hanno beneficiato tutti i centri principali della provincia: ConeglianoCastelfranco VenetoVittorio VenetoMontebellunaMogliano Veneto (paese in cui ho trovato le prime testimonianze della famiglia Danesin prima di trasferirsi a Trivignano e Martellago, sotto Venezia), PaeseOderzo, a discapito però del paesaggio che si presenta come un agglomerato di capannoni e abitati. La naturale vocazione di terra di passaggio tra l'Italia e il Centro Europa è confermata dall'attraversamento di importanti assi di comunicazione, come la SS 13, Pontebbana, e la SS 51, nota come via di Alemagna, che giunge fino a Dobbiaco, affiancata in provincia di Treviso dalla A27.

L'immagine del Nordest produttivo e imprenditoriale deve molto anche al Trevigiano. In pochissimi anni una zona a economia quasi esclusivamente di tipo agricolo, comparto peraltro ancora molto florido e specializzato (come confermano i vigneti di Conegliano e Valdobbiadene, con il rinomato prosecco, e prodotti di nicchia come il radicchio trevigiano DOP), è divenuta uno dei motori dell'economia italiana, in particolare nei settori meccanico, metalmeccanico, tessile, alimentare e dell'abbigliamento, nei quali è stata capace di imporsi a livello mondiale con alcuni marchi prestigiosi come Benetton. I principali distretti industriali riguardano il settore del mobile, i prodotti in acciaio inox, le calzature e l'abbigliamento sportivo.

 

I paesi dove ha avuto origine la famiglia di mia nonna.

 

Mogliano Veneto 

 

(Mojan /mo'jan/ o Mogian in veneto) è un comune italiano di 27.824 abitanti della provincia di Treviso in Veneto. Il territorio comunale si estende per 46,26 km² ed è posto all'estremità sud della provincia. A sud confina con il comune di Venezia, seguendo il corso del Dese; a nord confina con i comuni di Zero Branco, Preganziol e Casale sul Sile; ad ovest con quello di Scorzè; ad est con quelli di Quarto d'Altino e Marcon.

Il moglianese è del tutto pianeggiante e l'altitudine passa dai 2 ai 16 m s.l.m.; la casa comunale si trova ad 8 m s.l.m. Il terreno è per lo più argilloso, il che ha permesso che le acque rimanessero in superficie creando una rete idrica piuttosto rilevante: fiume principale è lo Zero, che passa vicino al centro; a sud, presso Marocco scorre il Dese; da ricordare anche fossi e canali di scolo come il Pianton, la Fossa Storta, il Zermanson, la Peseggiana. Rilevante anche la presenza di falde acquifere. Il territorio è classificato come zona sismica 3 a sismicità bassa e come zona climatica E.

Delle foreste che fino a qualche secolo fa ricoprivano buona parte del territorio non resta più nulla, se non qualche toponimo (SelveOlmeRoette). La flora tipica è comunque ben presente nei campi abbandonati e lungo alcune siepi, usate in passato per dividere le proprietà agricole e talvolta così fitte da sembrare veri e propri boschetti.

 

Storia

Il periodo romano e l’alto Medioevo: Il nome della città sembra essere di origine romana: praedium Molianum doveva chiamarsi il complesso dei possedimenti di un certo Molius. È certo infatti che la zona appartenesse all'agro di Altino e come tale era intensamente coltivata. Segno della centuriazione è la disposizione di alcune delle attuali strade.

Un'altra ipotesi, certamente più fantasiosa, fa risalire il toponimo al veneto mojo cioè "umido", "acquitrinoso". Dopo le invasioni barbariche e, più tardi, degli Ungari (889 d.C.), il territorio, dove esisteva una pieve paleocristiana, fu infatti abbandonato a se stesso.

Il primo documento storico che cita Mogliano è del 997, anno nel quale Rozone, vescovo di Treviso, concesse all'abate Vitale la costruzione di un monastero benedettino perché la zona fosse bonificata e ripopolata. In questo primo scritto esistente, il luogo viene citato con il toponimo di "Moliane". Il lavoro venne spronato anche dalle donazioni degli imperatori Ottone III e Enrico III. Inoltre, papa Vittore II confermò in seguito le concessioni già fatte dal vescovo di Treviso.

Nel 1074, quando l'opera fu compiuta, i monaci furono sostituiti dalle monache, che resteranno nell'abbazia sino al Quattrocento.

Il basso medioevo: La zona di Mogliano, collocandosi tra i territori dei comune di Treviso, del comune di Padova e della Serenissima fu spesso colpito duramente dalle lotte che li opponevano. Oltretutto, l'abitato era un passaggio obbligato per le truppe, vista la posizione lungo l'arteria del Terraglio: nel 1192 e nel 1234 i padovani incendiarono il monastero; nel 1255 le guerre di Ezzelino III da Romano devastarono il territorio; nel 1311 è la volta dei soldati imperiali di Enrico VII che bruciarono la chiesa. E la lista continua inesorabilmente sino al 1388, quando Treviso si sottomise definitivamente a Venezia, e con essa Mogliano. Frattanto era stata fondata la "scuola dei Battuti", una confraternita laica di ispirazione cristiana che gestirà un ospedale per i bisognosi sino al 1806, quando le leggi napoleoniche sopprimeranno gli ordini monastici e le associazioni religiose.

La dominazione veneziana: Nel 1413 le monache lasciarono Mogliano e si trasferirono nel convento San Teonisto, entro la più sicura Treviso. Portarono con sé un inestimabile patrimonio, ma ne restò una buona parte nella parrocchia del paese. Nell'Ottocento, tuttavia, Napoleone ordinerà l'incameramento dei beni custoditi dai religiosi e, per negligenza o per la confusione del momento, andranno perduti.

Nel 1516, finite le guerre tra la Lega di Cambrai e Venezia, il paese attraversò un lungo periodo di pace. I patrizi veneziani volgevano ora i loro interessi verso la terraferma: fiorì l'agricoltura e furono innalzate le magnifiche ville tuttora esistenti.

L'Ottocento: Con la caduta di Venezia 1797, Mogliano passò dai Francesi agli Austriaci e viceversa, ma dal 1815 divenne definitivamente austriaca. Durante questo periodo Mogliano conobbe un sensibile sviluppo edilizio, in particolare lungo il Terraglio, nelle vie di comunicazione per raggiungere Venezia e per facilitare scambi con le città vicine. Gli attriti con l'amministrazione straniera comunque non mancarono, e nel paese il patriottismo fu sempre vivo, specie tra gli anni Quaranta e Cinquanta: testimonianza ne è la brutale esecuzione dei due moglianesi Luigi Vanin e Antonio Pilon. Con la terza guerra di indipendenza, il Comune di Mogliano diviene parte del Regno d'Italia. Venne rinominato "Mogliano Veneto" a seguito del Regio Decreto del 5 gennaio 1868 per distinguerlo dall'omonimo Mogliano situato nelle Marche.

Il Novecento: Durante la prima guerra mondiale il paese non fu coinvolto direttamente nei combattimenti, ma le sue ville divennero sedi delle armate impegnate sul basso Piave e ospedali militari. La guerra lasciò un'eredità pesantissima a Mogliano: oltre al consistente numero di caduti, dilagavano in città disoccupazione, epidemie, povertà. La situazione tuttavia migliorò relativamente anche grazie allo sviluppo della coltivazione della pesca che, nel periodo tra le due guerre, divenne prodotto tipico del paese, rinomato a livello internazionale. Anche la seconda guerra mondiale portò distruzione nella zona: numerosi furono i bombardamenti degli alleati, che colpivano le infrastrutture e le vie di comunicazione, e le retate fasciste, che arrestarono e deportarono numerosi moglianesi coinvolti nella resistenza. Subito dopo il conflitto Mogliano si diede alla ricostruzione, il che portò ad un notevole sviluppo residenziale ed industriale.

Monumenti e luoghi d’interesse

Mogliano è un centro di recente sviluppo urbano e non conserva un prezioso centro storico, tuttavia può vantare alcuni siti interessanti. Per questo motivo, il comune è stato dichiarato città d'arte ai sensi della L.R. 28 dicembre 1999 n. 62. 

Duomo arcipretale di Santa Maria Assunta: Il più pregevole esempio di architettura è la chiesa arcipretale di Santa Maria Assunta con l'annessa abbazia. Sorge presso il centro, nel luogo dove già prima del 1000 si ergeva una pieve con fonte battesimale. L'attuale edificio, costruito cento anni più tardi, risente delle profonde ristrutturazioni avvenute nel corso dei secoli, dalla fine del XVI secolo sino agli inizi del Novecento. Gli interni risalgono per lo più alla fine del XVIII e all'inizio del XIX secolo; la facciata fu rifatta all'inizio del Novecento, mentre il campanile è uno dei pochi punti dell'edificio a non aver subito modifiche tanto profonde. All'interno, da ricordare le pale di Antonio BurattiGiuseppe Boldini e Gian Carlo Bevilacqua e gli affreschi trecenteschi della sacrestia, rinvenuti solo nel 1992 e testimonianza del suo passato medievale. Dietro uno degli altari è sepolto il corpo di Santa Matronilla. Interessante l'organo della ditta Tamburini di Crema (1913) a trasmissione pneumatica.

Abbazia benedettina e brolo: L'abbazia fu fondata nel 997 su desiderio dell'allora vescovo di Treviso Rozone, il quale voleva recuperare il territorio di Moliane, devastato dalle invasioni degli Ungari del X secolo e poi abbandonato. Il monastero ospitò inizialmente i benedettini, i quali si dedicarono alla bonifica e al ripopolamento della zona sino al 1075, anno in cui vi si insediarono le benedettine. Nel medioevo l'abbazia subì saccheggi e distruzioni da parte dei numerosi eserciti che transitavano per il paese, finché, nel 1413, le monache si trasferirono entro le più sicura mura di Treviso, nel convento di San Teonisto. Benché mantenessero il possesso della parrocchia, l'abbazia di Mogliano fu abbandonata e cadde progressivamente in rovina. Con l'arrivo di Napoleone anche il monastero di San Teonisto fu soppresso. Del vasto e ricco complesso oggi resta ben poco. Solo nel 1889, infatti, quel che ne rimaneva (adibito nel frattempo ad osteria) veniva salvato dal letterato Guglielmo Berchet che si adoperò perché fosse dichiarato "opera monumentale". Sopravvive parte del chiostro, del 1184, con il porticato e l'annessa costruzione, attualmente sede di un centro parrocchiale. Di recente il Ministero dei Beni Culturali ha stanziato i fondi necessari ad un profondo restauro del monastero e della chiesa, volto soprattutto a recuperare gli elementi più antichi, spesso nascosti da interventi recenti e dall'incuria. Tra i progetti correlati, ci sarebbe anche l'istituzione di un museo e la ricerca della cripta con le spoglie dell'abate Vitale e del vescovo Rozone.

Più tarde dell'abbazia sono le due costruzioni poste su ciò che resta del brolo, ovvero degli orti e dei frutteti annessi al monastero prima e alla parrocchia poi. Essi rappresentano oggi il centro espositivo, appunto, del Brolo costituito da uno spazio espositivo, l'Urban Center, destinato alla memoria della città, e da una seconda area sede di importanti mostre periodiche.

Architetture civili: Ville venete Come già accennato, dalla metà del Cinquecento i Veneziani volsero i loro interessi alla terraferma e anche la campagna di Mogliano fu abbellita di splendide ville venete. Ancor oggi, specie lungo il Terraglio, si possono apprezzare numerosi esempi del genere, quali: villa Buratti (XVIII sec.), villa Bianchi-De Kunkler (XVII sec.), villa Stucky (edificio in stile centro-europeo, XIX sec.), villa Giustiniani-Palma (XVI-XVIII sec.), villa Pisani-Veronese-Maccatrozzo, villa Zenoni-Politeo, villa Trevisanato, villa Zanga (XVII sec.), villa Antonini (XVIII sec.), parco dell'ex villa Longobardi, villa Braida.

 

Trivignano 

 

è una località del comune di Venezia situata nella terraferma (municipalità di Chirignago-Zelarino). Si trova all'estremità nord-occidentale della terraferma veneziana, confinando a nord con Peseggia e Gardigiano, a ovest con Martellago, a sud con l'Olmo e a est con Zelarino. L'area è compresa grossomodo tra i fiumi Dese a nord e Marzenego a sud; degli altri corsi d'acqua, si citano il rio Storto, che confluisce nel Marzenego in prossimità della linea dei bivi, e il canale Bazzera, che lambisce il lato sud di via Gatta. Il cuore del paese si trova lungo via Castellana (SR 245), ma viene considerata parte di Trivignano anche la località Tarù, zona rurale che si estende più a nord sulle due rive del Dese. L'etimo del toponimo è incerto.

 

Storia

Sebbene tutti gli studiosi vi riconoscano la radice tri- ("tre"), non è ancora chiara l'origine della seconda parte del nome. Così l'Agnoletti lo fa derivare da "tre vie", mentre Antonio Niero da "tre borgate" (ricollegandosi al latino vicus); una spiegazione popolare lo collega a "tre vigne".

Sotto Napoleone costituì un comune autonomo. In seguito il municipio venne spostato a Zelarino, divenendone frazione, e ne seguì le sorti quando questo fu soppresso e il suo territorio accorpato al comune di Venezia (1926).

 

Monumenti e luoghi d’interesse

Parrocchiale: L'intitolazione a San Pietro apostolo è recente: prima dell'intervento del patriarca di Venezia Giovanni Urbani (1968) la chiesa era dedicata a San Pietro in Vincoli e, di conseguenza, la festa patronale ricorreva il 1º agosto e non il 29 giugno. Carlo Agnoletti colloca le origini della chiesa all'epoca degli Ottoni, periodo in cui fu istituita la festa di San Pietro in Vincoli. Il parroco Francesco Fabro, invece, le anticipa addirittura all'impero di Teodosio II, quando avvenne il miracolo delle catene di San Pietro. Probabilmente fu sin dagli inizi cappella della pieve di Mestre e venne citata per la prima volta in un documento del 1297. Nel 1857 la chiesa assunse l'attuale aspetto e, nel 1983, il campanile è stato restaurato.

Villa da Mosto: Affacciata sul lato nord di via Castellana, si trova nel cuore del centro abitato, in prossimità della chiesa. Probabilmente è di origine settecentesca ed è attestata per la prima volta nel catastico redatto da Tommaso Scalfarotto nel 1781, quando era del patrizio Francesco da Mosto. Dovrebbe essere lo stesso edificio citato da Francesco Scipione Fapanni nel 1853 come proprietà dell'agronomo Vettore da Mosto. Passata poco dopo ai Bellinato, oggi è della parrocchia che la utilizza per le proprie attività. È un palazzo dal volume compatto, costituito da tre livelli e organizzato secondo la tradizionale tripartizione veneziana che vede gli ambienti interni distribuirsi attorno a un salone passante centrale. Nonostante un certo sbilanciamento su un lato a causa di rimaneggiamenti operati nel tempo, è ben riconoscibile la simmetria originale con polifore lungo il partito centrale (leggermente sopraelevato ed esaltato da un timpano) e coppie di finestre su quelli laterali. Il piano nobile è sottolineato dalle aperture archivoltate e dalla trifora centrale aperta su un poggiolo. Al piano superiore si trova una trifora ad archi ciechi con imposte modanate a filo del cornicione. Le quote dei davanzali, degli architravi al piano terra e dell'imposta degli archi al primo piano sono marcate da fasce leggermente aggettanti e di diverso colore

Il fronte secondario è più sobrio, mancando l'enfatizzazione del partito centrale. Qui la forometria è costituita da semplici finestre disposte regolarmente.

Il complesso comprende anche due barchesse; quella est, mediante una parziale demolizione, è stata separata dal corpo centrale

 

Villa Lin: Si trova a nord del centro abitato, verso la metà di via Ca' Lin alla quale ha dato il nome. Innalzata probabilmente nel Settecento, come testimoniato dal catastico del 1781 redatto da Tommaso Scalfarotto era proprietà dei Lin, che nell'allora comune di Tarù possedevano anche un'altra villa (attestata sino alla metà dell'Ottocento e oggi scomparsa). Passata in eredità ai Moro Lin, fu in seguito dei Matteazzi e dei Trevisan. Vincolata nel 1967, quando era dei Bottacin, è oggi dei Santon-Boer.

È strutturata internamente secondo la tradizionale ripartizione con salone passante centrale, riconoscibile anche nell'impaginato dei prospetti. L'edificio è sostanzialmente un volume compatto e simmetrico, con la parte centrale a tre piani e quelle laterali di due. Il fronte principale è quello meridionale e si caratterizza per le aperture disposte regolarmente, sia in senso verticale che orizzontale.

Lungo l'asse principale della facciata è disposta una trifora per ciascuno dei tre piani: un portone d'ingresso con coppia di finestre al piano terra, tutti architravati e inquadrati da semicolonne doriche; una serliana affiancata da due aperture laterali al secondo piano, affacciate su uno stretto balcone; tre finestre architravate (di cui quella centrale è oggi cieca) all'ultimo livello. Il partito centrale è esaltato da un timpano a profilo triangolare con acroteri. I corpi laterali presentano una tripla fila di coppie di aperture: finestre architravate al piano terra, centinate con stipiti a pilastro e arco cieco al primo piano, piccoli fori ovali al secondo. Il prospetto secondario è analogo, anche se i profili e gli elementi architettonici sono di gran lunga più semplici; ben evidenti due canne fumarie che emergono dalla parete.

Per quanto riguarda gli interni, degni di nota sono i resti di affreschi settecenteschi nel salone del piano terra, restaurati a partire dal 1967.

Delle due barchesse resta solo un tratto di quella ovest, caratterizzato da arcate a tutto sesto.

 

Casino Lisso: Sorge lungo via Ca' Lin, in prossimità del confine con Martellago e Peseggia. Assieme al vicino oratorio della Madonna del Rosario (donato dall'ultima proprietaria alla parrocchia di Trivignano), faceva parte di un complesso domenicale attestato nel catastico del 1781 come proprietà della famiglia Rubbi. Versano oggi cattive condizioni perché da tempo abbandonati.

È costituito da un volume compatto a due livelli, orientato in direzione nord-sud; poggia su uno zoccolo delimitato da un cordolo in pietra ed è coronato per tutto il suo perimetro da una cornice dentellata.

Il fronte principale si volge a sud e presenta cinque assi verticali su cui si dispongono le aperture. In corrispondenza di quello centrale si apre il portale d'ingresso ad arco a tutto sesto con stipiti a pilastro, accessibile mediante una breve scalinata. La fascia centrale dell'edificio è conclusa da un timpano triangolare poggiante sulla cornice di gronda. Le rimanenti aperture sono tutte rettangolari e architravate.

 

Mulini: Il Marzenego e il Dese hanno alimentato per secoli un'intensa attività molitoria, ma attualmente restano gli ex mulini Scabello, Ca' Bianca, Tarù e Cellere. Il mulino Ca' Bianca ha origini antichissime: sembra che esistesse già nel 1085, quando era proprietà delle monache di Sant'Eufemia a Venezia. Passato ad un altro convento, nel 1568 fu potenziato ma divenne demaniale in seguito alle soppressioni napoleoniche del 1806. L'aspetto originale è stato gravemente danneggiato quando il mulino è stato adattato a cartiera, peraltro attualmente in stato di abbandono.

Anche il mulino Scabello appartenne a vari ordini monastici femminili, ma ora versa in un grave stato di degrado. L'edificio fu costruito nel 1614 ed era l'unico mulino della zona che macinava sia zolfo che granaglie.

Il mulino Tarù (o Marcello, dalla famiglia che ne fu proprietaria), edificato nell'omonima località lungo il Dese, a fine Ottocento era uno dei mulini con maggior lavoro del comune di Zelarino, favorito da un bel salto d'acqua e dalla maggiore portata del Dese rispetto al Marzenego. Poco più a monte si trova il mulino Cellere (o Cagnin). Entrambi sono oggi convertiti ad abitazioni.

 

 

Martellago 

 

(Mortełago in veneto) è un comune italiano di 21.544 abitanti della città metropolitana di Venezia in Veneto. Situato alla periferia di Mestre, fa parte del Comprensorio del Miranese, insieme ai vicini comuni di Mirano , Spinea, Salzano, ScorzèNoale e Santa Maria di Sala. Il suo territorio appartiene all'ULSS 3 Serenissima, al Distretto scolastico di Mirano e al Collegio elettorale del Miranese. Dal punto di vista ecclesiastico, Martellago è compresa nella Diocesi di Treviso e nel Vicariato di Mirano.

 

Origini del nome

Incerta è l'origine del nome del paese e di conseguenza sono numerose le teorie in proposito: c'è chi vuole il nome derivato da "Martis lacus" (lago di Marte) in riferimento a una battaglia combattuta tra le paludi che all'epoca dominavano il paesaggio della zona; altri, come lo storico F. S. Fapanni, fa derivare il nome dalla famiglia Marzia, e quindi Martellago sarebbe la corruzione di "Martii pagus". Un altro storico, C. Agnoletti, ravvede nel nome l'antica radice "Mad", che indica luoghi paludosi e che si ritrova nei nomi di altre località della zona, come Marteggia, Maerne (il cui antico nome era, appunto, Maderne), Mirano (Midrane), Meolo (Medulo).

 

Storia

 

Il periodo romano: È accertato che la zona dove ora sorge Martellago sia stata abitata sin dall'età paleoveneta e fosse compresa nell'agro Altinate durante l'epoca romana, come testimoniano alcuni rinvenimenti riguardanti monete, una medaglia dell'imperatore romano Antonino Pio (138-161 d.C.), una lampada funebre e un pozzo circolare risalente al II secolo d.C. Il pagus di epoca romana era probabilmente situato lungo le rive del fiume Dese ed era dotato di uno scalo sul fiume stesso, nonché sulla Via Castellana.

 

Il Medioevo: In seguito alle invasioni barbariche l'insediamento fu abbandonato (anche a causa delle piene del Dese non più regimentato) e nacque il nuovo villaggio intorno alla pieve, la plebs Sancti Stephani de Martellago citata per la prima volta nella Bolla Apostolica di papa Eugenio III del maggio 1152 e indirizzata a Bonifacio vescovo di Treviso. Quindi spostato più a sud rispetto al pagus, favorevole la vicinanza con la strada Castellana, che tutt'oggi lo attraversa, la quale rappresentava una delle maggiori vie commerciali tra Venezia e l'entroterra. Riguardo all'antica via, risultano molto interessanti i resoconti storici del meriga Valeriano "Mericus Zelii plebis de Mestre" e di Prosdocimo "Mericus Capitis plebis Martellagi" con documenti scritti nel 1315 e relativi alla principale strada del territorio. Rivelando preziose indicazioni sulla strada Castellana: "Viam publicam qua appellatur via Imperialis qua incipit versus Bassanum in regula Zellarini et extendit per viam et terrirorium regulam Zelii versus Mestre [...]" e portando ulteriori conoscenze con una precisa descrizione "1315. Die Sabbati XI Octobris. Prosdocimus [...] Mericus Capitis Plebis Martellagi pro se, et suo Comune [...] In primis unam publicam qua dicitur (Imperialis) venit da regula Scorcedis ad regulam Martellagi, et discurrit at flumen Desii et unum pontem habet super viam per quaritur versus Bassanum, et versus Mestre quam Comune Martellagi debeat [...]"

Però il primo documento scritto relativo al paese di Martellago è del 29 aprile 1085, denominato Codice Eccelinianum e nella cui pubblicazione settecentesca di Rambaldo degli Azzoni Avogaro si evince: "[...] in villa quæ dicitur Martellagum masseritias tres," ed inoltre "[...] silvam unam inter Martellagum et Trivignanum [...]" e riguardava una donazione di masserie e terreni al monastero di Sant'Eufemia di Villanova; ma essendo la pieve "matrice" di altre chiese già nel XII sec. (e precisamente le chiese di Robegano, Maerne, Cappella e Peseggia come traspare dal "Quaternus decimæ generalis impositæ contra Turcos anno 1330"), certamente il villaggio era molto più antico e le sue origini si possono far risalire all'Alto Medioevo. Martellago divenne poi un castello dei Trevigiani amministrato dalla famiglia che venne detta Martellaci proprio per il possesso del castello. Nicolò Mauro nella sua cronologia "De Tarvisinorum Gentibus et familiis" redatta nel XVI sec., scriveva: "Martellacum castrum olim, nunc Pagus est in Mestrensibus quod olim dominata est nobilis Martellacæ gens, quæ inter Castrenses Tarvisinorum familias fuit connumerata, ex qua Hyeremias vir clarus, qui ad annum 1200 floruit, et Guilielmus ad annum 1300".

L'ubicazione del castello di Martellago (la cui fondazione viene fatta risalire all'epoca dell'invasione degli Ungari) è stata identificata nella località Le Motte: nel dialetto trevigiano e veneto in genere, il termine "motte" indica piccole alture o rialzi di terreno sia naturali sia di origine antropica come i terrapieni che formavano il circuito intorno a un castello; la suddetta località si trova a sud-ovest rispetto alla chiesa in contrada Bertoldi, nell'omonima strada (via delle Motte) che collega Martellago a Robegano. Il fatto che il castello fosse discosto rispetto al centro e alla strada Castellana testimonia la scarsa importanza rivestita da questo nel sistema difensivo delle terre trevigiane, e infatti il castello fu in seguito abbandonato e cadde in rovina. La potente famiglia Grimani, che in seguito divenne proprietaria del terreno, fece livellare quasi completamente le motte per costruirvi una fornace, e all'inizio del XIX sec. sparì ogni traccia delle motte e quindi della presenza del castello. Al presente, delle antiche testimonianze, resta solo il toponimo ed alcuni interessanti riferimenti nel catasto napoleonico.

Martellago seguì le vicende della Marca sino al 1338, poi con il decreto la Ducale del 1339 emanata dal Doge Francesco Dandolo, il paese fu assegnato alla "sub Podesteria di Mestre sunt Villæ infrascriptæ, videlicet [...] Martellago... Maderne [...]" entrando dunque a far parte della Serenissima Repubblica di Venezia, alla quale sarà ininterrottamente legato sino alla sua caduta avvenuta nel 1797 con l'arrivo delle truppe napoleoniche.

 

La Serenissima: A partire dal Cinquecento, la pieve di S. Stefano fu divisa nei quattro colmelli di MartellagoMartellago Sopra DeseMartellago di Boschi di CegiaMartellago di Prè. Tra il XVI e il XVIII secolo la campagna di Martellago fu apprezzata da diverse famiglie patrizie veneziane che qui eressero le loro residenze e vivacizzarono il paese con le loro villeggiature estive. Di tutte, sorpassò in ricchezza e splendore quella dei Grimani. Famiglia molto ricca, difatti già nei primi decenni del Settecento, il povero villaggio contadino di Martellago era praticamente proprietà dei nobili Grimani ai quali appartenevano la maggior parte delle terre e quasi tutte le case del paese compresi i due molini sul fiume Dese. Essi infatti, risultavano già di proprietà di Antonio Grimani, Procuratore di San Marco e divenuto in seguito "oratore" cioè ambasciatore a Roma dal 1665 al 1671 e per un breve periodo anche nel 1672. Infatti in un vecchio documento del 1661, precisamente una "redecima" dei X Savi alle Decime di Rialto, si legge N.H. Antonio Grimani [...] possiede alle Pree, doi rode da molino sopra il fiume Dese, con casa e teza di muro [...] e ancora detto possiede nel Comune di Sopra il Dese doi rode da molino con campi cinque prativi con casa e teza di muro). All'epoca i fondi di proprietà erano davvero pochi, interessante sapere che attorno al 1770, il N. H. Antonio Grimani possedeva da solo ben 860 campi di terra.

Dal 1784 in poi come scrisse lo storico Francesco S. Fapanni: "Da quest'epoca tre generazioni di donne, Patrizie Veneziane, dominarono Martellago." (Loredana Grimani-Morosini, Elisabetta Morosini-von Gatterburg e Loredana von Gatterburg-Morosini).

 

L'età moderna: Con il Trattato di Preßburg (Bratislava) del 26 dicembre 1805, il territorio veneto passò al Regno d'Italia di Napoleone I e ad imitazione del modello francese venne diviso in dipartimenti e comuni. In seguito con decreto del Viceré d'Italia, Eugène De Beauharnais del 28 settembre 1806, Martellago con la sua storica frazione Maerne furono riuniti in un unico comune, (inserito nel dipartimento del Tagliamento), la cui sede però venne stabilita a Maerne e Martellago ne divenne la "sezione"; il che rinfocolò la storica rivalità tra le due località: Maerne infatti era da sempre sottoposta all'autorità civile e religiosa di Martellago, pur essendo più grande e popolosa; la "sovrana patente" del 7 aprile 1815 costituiva il Regno Lombardo-Veneto e con l'arrivo degli Austriaci, la sede comunale venne portata invece a Martellago e il comune assunse la denominazione e l'estensione con cui lo conosciamo ancora oggi.

Nel 1954 lo stemma araldico dell'antica famiglia dei Martellaci la cui arma rappresentava un leone rampante lampassato e armato, fu rivendicato dal Comune di Martellago ed inserito nello stemma comunale.

 

Maerne 

è una frazione di 7.773 abitanti del comune di Martellago, nella città metropolitana di Venezia vicino a Olmo. Maerne sorge in territorio pressoché pianeggiante lungo le rive del fiume Marzenego.

Storia

Maerne fu citata per la prima volta in un documento del 1026, in cui sono ricordate alcune donazioni terriere al monastero di Santa Marta di Venezia da parte del doge Pietro Centranico. Nel 1177, invece, viene citato tra i notabili che prestarono giuramento al vescovo di Treviso, tale Jansegaldino da Maerne. Il centro abitato era dotato anche di opere difensive, come testimoniano alcuni documenti del tempo che dichiarano l'esistenza, nei pressi della chiesa, di un luogo detto appunto "Contrà di Torre". La presenza della chiesa è documentata sin dal 1220.

La locale pieve per molti secoli fu soggetta dal punto di vista ecclesiastico a Martellago, la cui chiesa era "matrice" di quella di Maerne, situazione che durò fino al concilio di Trento, cioè fino al XVI secolo. Dal punto di vista politico, Maerne seguì le vicende di Mestre, che dapprima fu soggetta a Treviso e poi, a partire dal XVI secolo, rientrò sotto il dominio della Repubblica Serenissima, situazione che cambiò solo alla fine del XVIII secolo, con l'invasione delle truppe napoleoniche.

Nel 1805 Maerne divenne capoluogo del comune che comprendeva anche Martellago, il che rinfocolò la storica rivalità tra le due località.

Origini del nome

Il toponimo è in relazione con il latino maternu "ereditato dalla madre", riferito a una prorietà.

Il nome Maerne si fa risalire all'antica radice Mad, indicante luoghi paludosi e acquitrinosi, come dovevano essere quelli in cui sorge Maerne all'epoca del ritiro del mare Adriatico e la formazione della pianura veneta; tale radice si ritrova anche in altri nomi di località della zona, come ad esempio Martellago e Meolo.

Chiesa arcipretale

Magnifico monumento in stile neogotico, la grande chiesa arcipretale è dedicata alla Cattedra di San Pietro. Fu consacrata nel 1851, anno in cui fu costruito anche il preziosissimo organo Bazzani, che fu affiancato, nel 1972, da un altro grande organo Tamburini, collocato in presbiterio. Durante la seconda metà del XX secolo l'edificio fu più volte ristrutturato e trasformato, in particolare sono stati tolti tutti gli altari laterali, in ossequio alle nuove disposizioni conciliari sulla liturgia, e il fonte battesimale fu spostato nel transetto in cornu evangeli. Dopo l'ultimo intervento nel presbiterio, nel 2006, il tempio è stato ridedicato dall'allora vescovo di Treviso Andrea Bruno Mazzocato. Al suo interno conserva alcune pregevoli opere d'arte tra cui alcuni dipinti di Antonio Beni. La parrocchia dipende dalla diocesi di Treviso, vicariato di Mirano, ed ha titolo arcipretale dal 1777.

 

Olmo 

(L'Olmo in veneto) è una frazione di 5.383 abitanti di Martellago nella Città metropolitana di Venezia, a circa 6 km da Mestre.

In origine località di campagna compresa nel territorio di Maerne, ha ottenuto lo status di frazione nel 1971, in seguito al vistoso sviluppo urbano che ha attirato moltissime famiglie provenienti soprattutto da Mestre e Venezia.

La notevole espansione edilizia del secondo dopoguerra vide la necessità di mettere mano anche alle esigenze religiose del nuovo quartiere di Olmo. Nel 1965 venne costruita una modesta cappella dipendente dalla chiesa Maerne (di recente demolita per far posto al nuovo centro parrocchiale), ma nel 1975 fu istituita una parrocchia autonoma, intitolata all'Annunciazione del Signore.

La costruzione della nuova chiesa, progettata dall'architetto don Angelo Polesello, iniziò nel 1988 e si concluse nel 1991 con la consacrazione presieduta dal vescovo di Treviso Paolo Magnani.

Dove vivenano i Danesin (detti “Cìnciola”)

La casa dei miei antenati, da quando sono a Martellago dalla prima metà dell’800.

 

Foto del Casale Danesin