La storia passata e gloriosa / La famiglia Giorgi e Zorzi (il ramo pavese e veneto)

IL RAMO PAVESE E VENETO
Gli Zorzi sono una famiglia nobile veneziana.
La tradizione li fa discendere dagli antichi duchi di Moravia, giunti in Italia nel 411 e furono al servizio dell'imperatore Onorio. Passarono poi a Pavia, dove acquisirono diverse proprietà e assunsero il cognome di Giorgi (da cui il veneziano Zorzi) da un Giorgio (cavaliere di Moravia) che liberò la città assediata ai tempi del vescovo Epifanio. Fuggendo da Attila, raggiunse la Laguna nel 453 e contribuì alla fondazione di Venezia.
Gli Zorzi sono in realtà documentati solo dal X secolo: nel 964 fu vescovo di Olivolo un Gregorio figlio di Andrea Georgii. Se ne distinsero col tempo sei rami: di Curzola, delle Zattere, di San Provolo, di Santa Giustina, del Ponte dell'Angelo, del Ponte dei Greci.
Anticamente si fregiava di due stemmi, l'uno con un leone nero rampante in campo d'oro, l'altro con uno scudo a scaccheggiato d'oro e vermiglio. In seguito usarono una sola arma, costituita da una fascia vermiglia in campo d'argento: ricorda la vicenda di Pietro Zorzi che, durante la conquista di Curzola[1], espose a mo' di vessillo un drappo di lino bianco macchiato del suo sangue.
Un ramo ebbe il marchesato della Bondonizza e la signoria di Caristo[2] sino al 1470, e tennero la piazzaforte di Lampsaco[3], presso i Dardanelli. I discendenti di un Marsilio ebbero Curzola dal 1254. Altri furono feudatari di Zumelle[4] dal 1422, castello e podestaria di grande importanza, posta in Friuli tra i territori di Cividale e Feltre (ora in provincia di Belluno). Nel 1622 lo zumellese Costantino Zorzi fu nominato consigliere del Serenissimo Ducal Dominio e portò la cittadina di Zumelle (ora si chiama Mel) nelle grazie della Serenissima. Per la riconoscenza dell’attività svolta nella Magnifica Comunità di Mel, venne realizzato un ritratto nel 1593 (da autore ignoto) del ben voluto signore di Mel (dal 1619 al 1642) Costantino Zorzi, accanto a quello della madre Lucrezia Zorzi. La famiglia diede alla Repubblica numerosi militari, letterati, ecclesiasti e politici, tra cui il 50º doge Marino, fondatore, tra l'altro, della demolita Chiesa di San Domenico[5]. Tratteremo, per molti di loro e per diverse voci, nelle pagine seguenti di questo libro.
[1] Curzola è la maggiore città dell’Isola di Curzola in Croazia. Curzola fu sede vescovile dal 1300 al 1828. Fu un comune della provincia di Spalato, suddivisione amministrativa del Governatorato della Dalmazia, parte del Regno d'Italia dal 1941 al 1943, poi persa dopo la seconda guerra mondiale.
[2] Karystos (in greco: Κάρυστος e Caristo secondo la tradizionale traslitterazione in italiano dei nomi greci) è un comune della Grecia situato nella periferia della Grecia Centrale (unità periferica dell'Eubea)
[3] Lampsaco (in greco antico Λάμψακος, Lámpsakos, in latino Lampsacus o Lampsacum, inizialmente conosciuta come Pityussa Πιτυοῦσσα, Pityoũssa) fu una polis greca della Misia, Asia minore, situata sulla riva sud dello stretto dei Dardanelli, nell'Ellesponto, vicino all'attuale città turca di Lapseki.
[4] Oggi il paese di chiama MEL, in provincia di Belluno. Esiste ancora oggi il Palazzo Zorzi, sede del Comune.
[5] La chiesa di San Domenico era un luogo di culto di Venezia. Era annesso un convento di frati predicatori. Il complesso fu fondato per disposizione testamentaria del doge Marino Zorzi nel 1312. Nel 1317 la costruzione era già ultimata e venne solennemente consegnata ai domenicani. Inizialmente sottoposto al monastero dei Santi Giovanni e Paolo, nel 1391 il beato Giovanni Dominici lo rese indipendente. Nel 1506 si ebbe un primo importante rifacimento, seguito da un altro nel 1539. Nel 1586 si decise di ricostruirla completamente: iniziati nel 1590, i lavori si conclusero con la riconsacrazione del 1609. Fu sede del tribunale dell'Inquisizione veneziano dal 1560; nel carcere annesso, nel 1592, vi fu detenuto Giordano Bruno prima della sua estradizione a Roma. Il 29 aprile di ogni anno, presso un vicino ponte (non più esistente visto l'interramento del canale), i frati erano soliti bruciare i libri proibiti sequestrati nel corso dell'anno.
Nel 1806, in seguito alle soppressioni napoleoniche, convento e chiesa furono chiusi e i frati obbligati a spostarsi ai Santi Giovanni e Paolo. Successivamente il complesso fu demolito per far spazio ai Giardini Napoleonici.

MARSILIO ZORZI
patrizio veneto,acquistò nel 1254 il feudo della Curzola, che fu tenuta dalla famiglia e dai suoi discendenti per circa 100 anni, fino al 1358. Nel 1254 fu fatto Conte di Ragusa e nel 1256 riconosciuto come conte di Curzola e di Meleda. Dopo il dominio d’Ungheria e Bosnia, il feudo ritornò a Venezia dal 1420 fino al 1797, alla caduta dell’ultimo doge Ludovico Manin. Marsilio Zorzi era un bailo[1] veneziano (ambasciatore) inviato da Venezia nelle città di San Giovanni d'Acri[2] e di Tiro[3] per valutare lo stato delle proprietà veneziane dopo un breve periodo di lotte intestine tra diverse fazioni crociate.
Questa fonte è tratta dal sito internet:
http://asa.archiviostudiadriatici.it/
Biblioteca storica di studi adriatici.
Dal libro: Storia documentata di Venezia, Samuele Romanin, 1914.
[1] Bailo o baylo (baili o bayli plurale) è un titolo veneziano che deriva dal termine latino baiulus, che significa "portatore". Il termine è stato traslitterato in greco come μπαΐουλος (baioulos), ma Niceforo Gregorio lo traduce ἐπίτροπος (epitropo, accompagnatore) o ἔφορος (ephoros, sorvegliante). Nel Medioevo, un bailo era un ambasciatore in sede permanente estera della Repubblica di Venezia. I baili più famosi furono quelli di Costantinopoli i quali fin dal 1268 erano presso la corte bizantina e successivamente alla Caduta di Costantinopoli del 1453, al governo ottomano. Importanti erano anche i baili di Negroponte, Durazzo e Corfù. Alcuni Baili furono anche inviati a rappresentare gli interessi veneziani alle corti di Cipro, Acri (Gerusalemme), Armenia e Trebisonda. A metà del XIII secolo, i consoli veneziani a Tiro e Tripoli nel regno di Acri furono promossi al grado di bailo per controllare le proprie colonie ad Aleppo, Antivari, Koroni, Modon, Nauplia, Patrasso e Tenedos. Il termine baiulus fu usato per la prima volta in alcuni documenti tradotti dall'arabo in Veneziano del XII secolo. Tale termine all'inizio era usato per riferirsi ai funzionari musulmani, ma nel XIII secolo venne usato dai Veneziani per i funzionari pubblici del Governo Serenissimo a controllare le colonie della Grecia franca. Questi governatori fungevano spesso da magistrati per i coloni veneziani e riscuotevano tasse e diritti doganali oltre a supervisionare il commercio veneziano. Ciascuno di loro era assistito da una cancelleria (gestita da un cancelliere) e da un Consiglio dei Dodici, composto dai principali uomini della colonia e modellato sul Consiglio dei Dieci a Venezia. Ogni Bailo aveva un cappellano, un medico e un interprete (o dragomanno). Ognuno di loro inviava regolarmente rapporti a Venezia sulla politica locale, gli affari della colonia e, soprattutto, i prezzi e le quantità di merci nel mercato locale. Il Bailo era di fatto il capo dei consoli locali. Alla fine del 15º secolo, l'ufficio del bailo era in gran parte scomparso molti erano stati declassati a consoli e i consoli erano stati declassati a rettori, capitani o podestà. Nonostante ciò i Baili di Costantinopoli e di Corfù sopravvissero fino alla fine della repubblica nel 1797.
[2] Acri (nota in italiano anche come San Giovanni d'Acri o Tolemaide; in ebraico: עַכּוֹ, ‘Akkô; in arabo: عكّ ʿAkkā) è una città che dal 1948 fa parte dello Stato d'Israele. La cittadina si trova nello Stato di Israele, nella Galilea occidentale, nel Distretto Settentrionale dello Stato ebraico.
[3] Tiro (in arabo: صور, Ṣūr, in francese: Tyr) è una città situata lungo la costa del Libano, capoluogo del Distretto di Tiro a 88 km a sud di Beirut. La città moderna è situata nello stesso luogo dell'omonima città fenicia che dal 1984 è stata inserita nella lista dei Patrimoni dell'umanità dell'UNESCO.

MARINO GIOVANNI ZORZI (o GIORGI):
(Venezia, 1635 - Brescia, 24 ottobre 1678).
Nipote del vescovo Marino Giorgi fu vice delegato in Bologna. A 29 anni, nel 1664, divenne vescovo di Brescia[1], come successore del card. Pietro Ottoboni eletto pontefice col nome di Alessandro VIII. Piccolo di statura, emaciato dalle penitenze, pio e partecipe a ogni manifestazione di pietà e pubbliche devozioni, edificò tutti con la sua bontà e zelo apostolico. Si distinse per la grande carità e l'attiva presenza pastorale. Lavorò intensamente alla restaurazione religiosa della diocesi. Curò particolarmente il Seminario, la formazione spirituale del clero e la vita pastorale. Tra l'altro fece pubblicare le "Instructiones praedicationis verbi Dei et confessariorum" (Brescia, 1676), e il "Martyrologium Sanctae Brix. Ecclesiae" a cura di Bernardino Faino (Brescia 1675). Condusse un'accurata visita pastorale, che continuò quasi ogni anno dal 16 aprile 1663 al 1678. Fin dal 1672 chiamò in diocesi per le Missioni al popolo i p. Paolo Segneri e p. G.P. Pinamonti che, rimasti in diocesi dall'aprile al giugno 1676, suscitarono immenso entusiasmo e raccolsero enormi folle. Durante il suo episcopato venne ripresa la fabbrica del Duomo. Ammalatosi, poi guarito, offrì un altare in Duomo Vecchio a S. Liborio. Le canonichesse agostiniane eressero la nuova chiesa dei SS. Giacomo e Filippo e venne restaurata la chiesa del convento di S. Maria degli Angeli. In seguito a speciale concessione del papa in favore di Venezia per la guerra contro i turchi, nel 1668 anche in Brescia vennero soppressi gli ordini religiosi di S. Giorgio in Alga (S. Pietro in Oliveto), di S. Salvatore (S. Afra), dei gerolamini alle Grazie e dei gesuati a S. Cristo. Nell'anno seguente i gesuiti acquistarono il convento delle Grazie, mentre i carmelitani entrarono a S. Pietro e gli zoccolanti francescani in S. Cristo. Arricchì il duomo di preziosi arredi e paramenti. Fu merito del vescovo la riforma nel 1676 del Monastero delle fanciulle povere del Bellintani al quale lasciò un ricco legato perché vi venissero ospitate anche giovanette di maggiore età. Molti aiuti fornì anche alle fanciulle del Soccorso, di cui fu considerato il vero fondatore. Quasi a coronamento della visita pastorale il vescovo convocava, per il 7 giugno 1668, il sinodo diocesano nel quale riconfermò le costituzioni del vescovo Marino Giovanni Giorgi, almeno per quanto concerne i titoli «De vita et honestate clericorum», «De ecclesiis», «De regularibus», ecc. Strutturalmente invece, e come sistemazione generale di tutta la materia, l'impostazione appare completamente nuo
va, anche se dovuta probabilmente al fatto che si tratta di un progetto non mai divenuto definitivo. Queste costituzioni appaiono suddivise in due trattati: nel primo sono indicate tutte le prescrizioni riguardanti le persone (chierici, religiosi e laici), le chiese (consacrazioni, beni, redditi e diritti, nonché altari, sacristie, campanili, cimiteri, ecc.) e la dottrina cristiana (predicazione, preghiera, digiuni, benedizioni, esorcismi, oltre alla bestemmia, parole oscene, arti magiche, ecc.); nel secondo viene disposta tutta la materia in 9 capitoli relativi ai sacramenti.
Per la piccola statura veniva chiamato il "cardinalino" anche se cardinale non divenne mai, perché sembra che gli fosse stato preferito, per intervento del generale dei Gesuiti, p. P.Oliva Dolfin patriarca di Aquileia. Fu sepolto nel Duomo nuovo dinnanzi all'altare dei santi vescovi e protettori Apollonio e Filastro, dei quali aveva traslato le reliquie e l'arca marmorea. S. Giorgio Barbarigo lo disse "uno dei più degni pastori di S. Chiesa". Di lui, in Biblioteca Queriniana, rimane un manoscritto dal titolo "tavole perpetue".
[1] Cronotassi dei vescovi di Brescia: 01. Sant'Anatalo (o Anatalone), protovescovo di Milano, ritenuto fondatore della Chiesa bresciana, 02. San Clateo, 03. San Viatore, 04. San Latino, 05. Sant’Apollonio, 06. Sant’Ursicino (Ursacio) 342, 07. San Faustino, 08. San Filastrio, padre della Chiesa 381, 09. San Gaudenzio, padre della Chiesa 10. San Paolo I, 11. San Teofilo, 12. San Silvino, 13. San Gaudioso, 14. Sant’Ottaziano (Ottaviano) 451, 15. San Vigilio, 16. San Tiziano 17. San Paolo II, 18. San Cipriano, 19. Sant’Ercolano, 20. Sant’Onorio, 21. San Rusticiano, 22. San Dominatore, Secolo VII 23. San Paolo III, 24. San Paterio, 25. Sant’Anastasio,26. San Domenico, 27. San Felice, 28. San Deusdedit (Diodato, Adeodato) 679, 29. Gaudioso, 30. Rusticiano Secolo VIII 31. Apollinare, 32. Andrea I, 33. Teobaldo, 34. Vitale, 35. Benedetto, 36. Ansoaldo, 37. Cuniperto, 38. Anfrido 813, 39. Pietro, 40. Ramperto 824/826-842, 41. Notingo 844 ca.-863, 42. Antonio I 863-898, 43. Ardingo …901-922… 44. Landolfo I, 45. Giuseppe, 46. Antonio II …952-969, 47. Goffredo di Canossa 979, 48. Attone (Azzone), 49. Adalberto …996-1004…50. Landolfo II …1004/5-1030, 51. Olderico I 1031-1054, 52. Adelmanno di Liegi 1057-1061, 53. Olderico II 1061-1072/1073, 54. Conone 1073 ca.-1084 ca. 55. Giovanni I 1084 ca.-1086 ca. 56. Oberto 1086/1087-1098 ca. 57. Arimanno da Gavardo …1087-1112 ca. 58. Villano …1116-1132 ca, 59. Manfredo 1132 ca.-1153, 60. Raimondo 1153-1173, 61. Giovanni II da Fiumicello …1174-1195, 62. Giovanni III da Palazzo 1195-1212, 63. Alberto da Reggio, 64. Beato Guala de Roniis 1229-1243/1244
65. Azzo (Azzone) da Torbiato 1246-1253, 66. Cavalcano de Salis 1254-1263, 67. Martino 1263 ca.-1275, 68. Berardo Maggi 1275-1308, 69. Federico Maggi 1309-1316, 70. Princisvalle Fieschi 1317-1325, 71. Tiberio della Torre 1325-1332, 72. Iacopo degli Atti 1335-1344, 73. Lambertino Balduino 1344-1349, 74. Bernardo Tricardo 1349-1358, 75. Raimondo Bianco da Velate 1358/1359-1362, 76. Enrico Sessa 1362-1367, 77. Agapito Colonna 1369-1371, 78. Stefano Palosii de Veraineriis 1371-1373, 79. Andrea de Aptis 1373-1378, 80. Nicolò Zanasio 1378-1383, 81. Andrea Segafieno 1383-1388, 82. Tommaso Visconti 1388-1390; 1396-1397, 83. Francesco Lante 1390-1396, 84. Tommaso Pusterla 1397-1399, 85. Guglielmo Pusterla 1399-1416, 86. Pandolfo Malatesta, amministratore apostolico 1416-1418, 87. Francesco Marerio 1418-1442, 88. Pietro del (da) Monte 1442-1457, 89. Bartolomeo Malipiero 1457-1464, 90. Domenico de Dominici 1464-1478, 91. Lorenzo Zane 1478-1481, 92. Paolo Zane 1481-1531, 93. Francesco Corner (Cornaro) 1532-1543, 94. Andrea Corner (Cornaro) 1543-1551, 95. Durante Duranti 1551-1558, 96. Domenico Bollani 1559-1579, 97. Giovanni Dolfin 1579-1584, 98. Francesco Morosini 1585-1596, 99. Marino Giorgi (Zorzi) 1596-1631, 100. Vincenzo Giustiniani 1633-1645, 101. Marco Morosini 1645-1654, 102. Pietro Ottoboni 1654-1664, 103. Marino Giovanni Giorgi (Zorzi) 1664-1678, 104. Bartolomeo Gradenigo 1682-1698, 105. Marco Dolfin 1698-1704, 106. Giovanni Badoer (Badoaro) 1706-1714, 107. Gianfrancesco Barbarigo 1714-1723, 108. Fortunato Morosini 1723-1727, 109. Angelo Maria Querini 1727-1755, 110. Giovanni Molin 1755-1773, 111. Giovanni Nani 1773-1804, 112. Gabrio Maria Nava 1807-1831, 113. Carlo Domenico Ferrari 1834-1846, - Sede vacante 1846-1850, 114. Girolamo Verzeri 1850-1883, 115. Giacomo Maria Corna Pellegrini 1883-1913, 116. Giacinto Gaggia 1913-1933, 117. Giacinto Tredici 1933-1964, 118. Luigi Morstabilini 1964-1983, 119. Bruno Foresti 1983-1998, 120. Giulio Sanguineti 1998-2007, 121. Luciano Monari 2007-2017, 122. Pierantonio Tremolada 2017-ad multos annos

Dall’Archivio di Stato di Brescia [1]
Intestazione di autorità: Pio luogo delle Zitelle Adulte, Brescia (1673 - sec. XX)
Condizione giuridica: privato
Tipologia: ente di assistenza e beneficienza
Note storiche: Il Pio luogo delle Zitelle Adulte è di più tarda fondazione rispetto al Pio luogo delle Zitelle di sant' Agnese e al Pio luogo del Soccorso. Infatti nasce come ampliamento dell'offerta assistenziale fornita dal Conservatorio di Sant'Agnese in ottemperanza a una disposizione testamentaria, datata 1673, del vescovo Giovan Marino Zorzi. Le disposizioni del vescovo raccomandavano di accogliere le fanciulle maggiori di 12 anni povere, nonostante l'indigenza non fosse considerata un presupposto sufficiente per l'ingresso: le ospiti dovevano versare una somma tra i 10 e i 30 scudi.
Nel 1829 il Pio luogo delle Zitelle Adulte fu unificato a quello delle Zitelle di sant'Agnese.
Nel 1831 l'amministrazione del Pio luogo venne accorpata insieme ad altri enti nell'Amministrazione degli orfanatrofi e delle case di ricovero voluta dal governo austriaco. I patrimoni dei singoli enti rimasero però separati.
Ossa di Marino Giovanni Zorzi (Georgii) vescovo di Brescia
Vissuto 45 anni, In carica per 14 anni, 4 mesi e 4 giorgi
Morto nell’anno 1678 giorno 24 di ottobre.
[1] Bibliografia: D. MONTANARI, S. ONGER, I ricoveri della città, Brescia, Grafo Editore, 2002, 77-95 - Relazione e revisione: Diamanti Donata Patrizia, 2017/10/30, prima redazione

PIETRO ANTONIO ZORZI [1] (1745-1803)
Nato a Novigrad, nella diocesi di Zara, il 7 novembre 1745 da una famiglia appartenente al patriziato veneto, studiò all’Accademia dei nobili di Venezia, diretta dai somaschi, ordine del quale vestì l’abito nel 1764. Quindi studiò a Vicenza e il 17 dicembre 1768 venne ordinato sacerdote a Verona. Lettore di teologia a Verona e più tardi al Seminario di Venezia, si interessò in particolare allo studio delle scienze sacre, della retorica e della poetica. Nel 1774 era direttore del collegio dei nobili di Brescia e più tardi di quello di Venezia. Fu esaminatore sinodale a Brescia e superiore di S. Maria della Salute a Venezia. Su proposta del Senato veneto, avanzata il 3 aprile 1786, fu consacrato vescovo di Cèneda[2] (ora Vittorio Veneto) a Roma, nella chiesa dei Ss. Nicola e Biagio, dal cardinale Carlo Rezzonico il 17 aprile 1786, permanendovi per un settennio. Dapprima in ambiente veneziano e successivamente in quello lombardo, lo Zorzi maturò simpatie filogianseniste. Si conserva una corrispondenza di dodici lettere inviate o ricevute da lui ai giansenisti di Utrecht tra il 1789 e il 1793. Il 24 settembre 1792, su proposta del Senato veneto, venne nominato arcivescovo di Udine[3]. A seguito della sua supplica del 20 gennaio 1793 ai provveditori sui feudi, con il giuramento di fedeltà alla Serenissima, il doge Ludovico Manin con ducale del 28 gennaio concesse in feudo a lo Zorzi il territorio dell’abbazia di Rosazzo, col titolo di marchese. A pochi mesi dal suo ingresso inviò al clero diocesano una lettera pastorale dichiarando come imminente una sua visita, che il 15 dicembre 1793 iniziò dalla cattedrale. L’attività si svolse durante i tre anni successivi, toccando quasi tutto il territorio dell’arcidiocesi, che includeva le enclavi nel Goriziano e quella del Monfalconese; il 13 giugno 1794 piogge violente e scosse replicate di terremoto interruppero la visita in Carnia, ripresa di lì a un mese. Il percorso terminò – ironia della sorte – il 17 settembre 1796, con la visita alla parrocchia di Campoformido (Campoformio), paese che il 17 ottobre 1797 sarebbe stato sede del trattato tra Napoleone e gli austriaci. Durante il suo episcopato, la società e la Chiesa friulana furono scosse dai grandi mutamenti politici e dalle vicende militari determinate dall’invasione dell’esercito francese. Il 23 giugno 1797 Bernadotte[4] istituì il governo del Friuli, applicando la legge repubblicana che chiudeva monasteri e sopprimeva confraternite. Il Seminario fu requisito come caserma. Da marzo ad agosto dello stesso 1797 si svolsero i primi “incontri” tra il Governo centrale provvisorio e la Chiesa udinese. Di fronte alla nuova politica ecclesiastica, inaugurata dai francesi, l’arcivescovo assunse un atteggiamento pacato e prudente, nella convinzione che fosse indispensabile mantenere un certo distacco dai problemi politici, per ottenere qualche risultato positivo da parte del vincitore e giovare così alla diocesi, preservando clero, fedeli e beni ecclesiastici e religiosi da maggiori sventure e ritorsioni. Benché legato da molteplici ragioni alla casa imperiale austriaca, lo Zorzi, durante il soggiorno udinese del generale, intrattenne con Napoleone rapporti di deferente ospitalità, per cui dallo stesso Bonaparte ricevette attestazioni di gratitudine. Il 23 maggio concesse al generale e al suo Stato maggiore di alloggiare nei locali del palazzo arcivescovile, appartandosi egli nella residenza di Rosazzo (sarebbe ritornato a Udine il 21 novembre), mentre fu costretto a far uscire gli insegnanti, con ben centodieci chierici e studenti, dal Seminario ubicato presso l’episcopio, perché in esso erano acquartierate le truppe francesi. Da settembre a dicembre del 1797 si svolse il drammatico dibattito inerente alle abolizioni dei diritti e alle requisizioni forzose dei beni ecclesiastici, fatto di ricorsi e di suppliche; ad esso fece seguito la «commedia» del compenso. Nell’acquiescenza generale alle ingiunzioni dei commissari municipali, solitarie furono le voci che protestarono un’indipendenza di giudizio, tra le quali quelle di alcuni canonici della metropolitana, e una non supina accondiscendenza alle perentorie richieste di prestiti forzosi in denaro e in beni preziosi. Il governo francese ebbe termine nel novembre 1797. Firmato il 17 ottobre il trattato di Campoformido, nel Friuli veneto entrarono gli imperiali: vi sarebbero rimasti dal gennaio 1798 al novembre 1805. L’imposizione di contributi straordinari, il sequestro delle argenterie delle chiese, l’abolizione di censi e quartesi, sarebbero stati interpretati dallo Zorzi quale severo richiamo di Dio ad una vita di pietà e a una maggiore attenzione «ad ornare il tempio interiore dell’anima». Il 2 febbraio 1798 il clero e i capifamiglia giurarono fedeltà alla Casa d’Austria e il Capitolo fu reintegrato negli antichi diritti e nelle prerogative di cui godeva il primo gennaio 1796. Fiorì una produzione letteraria mirante a rivendicare il ripristino di censi e quartesi. Il canonico Pietro Braida raccolse in volume memorie e decreti, documenti riguardanti le «violenze» democratiche del 1797 nei confronti del Capitolo, come le successive riparazioni ottenute sotto il governo di Francesco II. Nella lettera pastorale per il Natale del 1798, mentre le «tribolazioni» dell’anno precedente erano lette in chiave provvidenzialistica, lo Zorzi spronava all’obbedienza verso l’imperatore, per i cui successi militari riconosceva quanto largo fosse stato il consenso di preghiera da parte dei fedeli (lettera pastorale dell’8 aprile e dichiarazione del 29 maggio 1799). Nel frattempo però, inascoltate restavano le sue reiterate suppliche per la restituzione dell’edificio del Seminario, che era già stato requisito dai francesi e adibito a caserma e poi a ospedale militare. Benché lo Zorzi, durante il suo episcopato, avesse mantenuto relazione con ambienti giansenisti italiani e olandesi, non era più animato dall’entusiasmo degli anni precedenti. Il rispetto dell’ortodossia diventò un modo per salvaguardare la tradizione cattolica in quei trapassi epocali e culturali particolarmente turbinosi. È del 7 maggio 1799 l’invito alla preghiera per Pio VI, deposto e condotto prigioniero in Francia. A seguito di una protratta siccità, inviò la pastorale del 4 giugno 1801 con il pressante invito alla diocesi per una colletta a favore degli indigenti, presenti diffusamente e non solo nella classe popolare. Due suoi componimenti poetici di carattere agiografico, Sonetti in lode della b. Benvenuta vergine di Cividale del Friuli e Lo specchio de’ penitenti ovvero Atti di s. Margherita di Cortona, furono editi anonimi a Udine nel 1802. Nel 1803, su proposta dell’imperatore d’Austria, Pio VII promosse lo Zorzi alla porpora cardinalizia. Creato cardinale nel concistoro del 17 gennaio 1803, avrebbe dovuto ricevere il cappello cardinalizio il 29 gennaio 1804, ma le sue precarie condizioni di salute non gli permisero di recarsi a Roma per l’investitura. Ne diede egli stesso notizia con la lettera pastorale del 28 gennaio. Il 17 dicembre 1803 l’arcivescovo morì a cinquantotto anni nella sua residenza di Udine e fu sepolto nella cattedrale.
[1] Sito internet http://www.dizionariobiograficodeifriulani.it/zorzi-pier-antonio/, fonte ACAU archivio storico della Curia arcivescovile di Udine: Serie di Patriarchi e Arcivescovi.
- Francesca Ferin, L'arcivescovo Pier Antonio Zorzi in Dopo Campo Formio. L'età napoleonica a Udine, catalogo della mostra, edizioni Biblioteca dell'Immagine, Pordenone 1997, p. 194, scheda 5.2
- Sandro Piussi, ZORZI PIER ANTONIO, su dizionariobiograficodeifriulani.it – Dizionario biografico dei friulani. Nuovo Liruti online, Istituto Pio Paschini per la storia della Chiesa in Friuli.
[2] Cronotassi dei vescovi di Cèneda (ora Vittorio Veneto): 560-586 Vindemio, 586- Angelo, Agnello, Agello, 658- Orsino o Orso, 726-738 Sasino o Satino, 739- Valentino, 773-794 Dolcissimo, 824- Ermonio o Emmone, 895-896 Ripaldo, 920-949 Valentiniano, 950- Sigardo, 998-1020 Gransone, 1021- Ermigero, 1050- Almaguino, 1051-? Roperto, 1138-1168 Azzone, 1169-1186 Sigifredo, 1187-1216 Matteo, 1217-? Giraldo, 1218-1219 Rainaldo, 1220-1242 Alberto, 1243-1251 Guernerio Arcidiacono di Ceneda, 1252-1257 Ruggero Vicario generale, 1254-1257 Gasparo, 1257-1257 Bianchino Caminese, 1257-1259 Alberto Savorgnano, 1260-1260 Giovanni, 1260-1261 Orodico, 1262-1278 Prosavio Novello, 1278-1285 Marco Flabiano, 1286-1300 Pietro Calza, 1300-1310 Francesco Arpo, 1310-1320 Manfredo Collalto, 1320-1348 Francesco Ramponi, 1348-1349 Giuso de Guisis, 1349-1374 Gisberto de Orgoglio, 1374-1378 Oliverio, 1376-1378 Domenico Rossetto, 1378-1385 Francesco Lando eletto dai Canonici, 1378-1386 Andrea Calderini, 1385-1394 Giorgio de Fortis, 1394-1399 Fraceschini Martino da Gemona, 1399-1409, Pietro Marcello 1405-1413 Giovanni (Benedettino), 1409-1415 Antonio Correr, 1410-? Jacopo di Canossa, 1445-1445 Nicodemo Marcello appena eletto morì, 1446-1474 Pietro Leoni, 1474-1498 Niccolò Trevisano, 1499-1508 Francesco Brevio, 1508-1517 Marino Grimani Patriarca, 1517-1520 Domenico Grimani Amministratore Apostolico, 1520-1544 Giovanni Grimani, 1544-1547 Marino Grimani (secondo mandato), 1547-1586 Michele Della Torre, 1586-1588 Marcantonio Mocenigo, 1599-1623 Leonardo Mocenigo, 1623-1625 Pietro Valier, 1625-1631 Marco Giustiniano, 1633-1639 Marcantonio Bragadino, 1639-1653 Sebastiano Pisani, 1653-1667 Albertino Barisoni, 1667-1670 Pietro Lioni, 1692-1695 Marco Agazzi, 1710-1725 Francesco Trevisano, 1725-1739 Benedetto De Luca, 1739-1743 Lorenzo Da Ponte ultimo vescovo sovrano, 1768-1774 Giannagostino Gradenigo, 1774-1777 Giovanni Paolo Dolfin, 1777-1785 Pietro Marco Zaguri, 1786-1792 Pietro Antonio Zorzi Cardinale, poi Arcivescovo di Udine, 1792-1821 Giovanni Benedetto Falier, 1823-1827 Jacopo Morico, 1828-1841 Bernardo Antonino Squarcina, 1843-1869 Manfredo Giovanni Battista Bellati, 1885-1908 Sigismondo Rota Brandolini, 1905-1912 Andrea Caron, 1913-1917 Rodolfo Caroli, 1917-1939 Eugenio Beccagato (ultimo vescovo di Ceneda, poi la diocesi diventa di Vittorio Veneto)
[3] 6 luglio 1751: con la bolla “Iniuncta nobis” di papa Benedetto XIV è soppresso il Patriarcato di Aquileia. 19 gennaio 1753: con la bolla “Suprema dispositione” è istituita l’Arcidiocesi di Udine. Elenco cronologico degli Arcivescovi di Udine dall’istituzione dell’Arcidiocesi (1734) 1753 – 1762 Daniele Dolfin (Delfino), nipote e coadiutore di Dionisio, creato cardinale nel 1747. Ultimo patriarca d’Aquileia e dal 1753 primo Arcivescovo di Udine, 1762 – 1765 Bartolomeo Gradenigo, 1766 – 1786 Gian Gerolamo Gradenigo, 1787 – 1792 Niccolò Sagredo, 1792 – 1803 Pietro Antonio Zorzi, C.R.S. eletto cardinale nel 1803, 1803 – 1807 sede vacante, amministrata dal Vicario Capitolare mons. Mattia Cappellari da Pesariis, canonico penitenziere della Metropolitana, 1807 – 1807 Filippo Vittorio Melano, vescovo di Novara che rinuncia per motivi d’età, 1807 – 1814 Baldassare Rasponi nominato da Napoleone, 1814 – 1818 sede vacante, mons. Cappellari è nuovamente chiamato alla carica di Vicario Capitolare, 1818 – 1818 Gualfardo Ridolfi muore pochi giorni dopo la nomina, 1819 – 1845 Emmanuele Lodi, O.P. unico semplice vescovo della serie, 1846 – 1851 Zaccaria Bricito, 1852 – 1862 Giuseppe Luigi Trevisanato nominato patriarca di Venezia, 1863 – 1884 Andrea Casasola (28 settembre 1863 – 1884) friulano di Buia, vescovo di Concordia, 1884 – 1896 Giovanni Maria Berengo, 1897 – 1909 Pietro Zamburlini, 1910 – 1927 Antonio Anastasio Rossi nominato patriarca di Costantinopoli e prelato di Pompei, 1928 – 1955 Giuseppe Nogara, 1956 – 1972 Giuseppe Zaffonato (31 gennaio 1956 – 29 settembre 1972), 1973 – 2000 Alfredo Battisti (25 febbraio 1973 – 28 ottobre 2000), 2001 – 2009 Pietro Brollo (7 gennaio 2001 - 20 agosto 2009) vescovo emerito, 2009 Andrea Bruno Mazzocato, dal 18 ottobre 2009
[4] Jean-Baptiste Jules Bernadotte (Pau, 26 gennaio 1763 – Stoccolma, 8 marzo 1844) è stato un generale francese, divenuto poi Maresciallo del Primo Impero francese, Principe di Pontecorvo e quindi Re di Svezia e di Norvegia come Carlo XIV (VIII) Giovanni di Svezia e Carlo III Giovanni di Norvegia.
La campagna d’Italia: Incaricato di portare in Italia 20.000 uomini dell'armata della Sambre e della Mosa a Napoleone Bonaparte, rivaleggiò in ardore con il giovane generale còrso e sebbene provasse per lui poca simpatia, sospettando i progetti ambiziosi di quest'ultimo, si sottomise al suo potere. Prese parte al passaggio del Tagliamento, s'impadronì di Trieste, e dopo la campagna presentò al Direttorio le bandiere tolte al nemico.
Dopo il 4 settembre 1797, Colpo di Stato del 18 fruttidoro, ottenne il comando della piazzaforte di Marsiglia, ma a causa della ripugnanza che provava per le misure violente prese a seguito dei disordini in questa parte della Francia, rinunciò al posto e ritornò nell'armata d'Italia. Nel febbraio 1798, dopo il Trattato di Campoformio, fu inviato come ambasciatore francese a Vienna dove non brillò certo nella diplomazia. In particolare provocò delle manifestazioni ostili per aver inalberato la bandiera tricolore sul palazzo dell'ambasciata: non ricevendo le scuse ufficiali, lasciò l'Austria ad aprile dello stesso anno. Il 17 agosto 1798 sposò Désirée Clary, ex fiamma di Napoleone Bonaparte, sorella di Marie-Julie Clary, che era la moglie di Giuseppe Bonaparte del quale divenne cognato entrando così a far parte della "parentela" dello stesso Napoleone.
GIORGIO GIORGI o ZORZO ZORZI figlio di GIOVANNI
nato nel 1582, che fu ambasciatore e savio consigliere del Maggior Consiglio di Venezia.
MARCO ZORZI figlio di BERTUCCIO
vissuto intorno alla metà del XV° secolo fu provveditore in campo contro Carlo VIII° ed ambasciatore in Francia.
Giovanni ZORZI
nel 1492 fu bandito da Treviri a cagione di molte scelleratezze e condannato per infrazione del bando, al taglio della lingua e di una mano.
Donna OTTAVIA ZORZI
poi monaca Benedettina, che nel 1599 era l’unica abitante dell’Oratorio (monastero) di San Giovanni Laterano (vulgo San Zuan Lateran). Ottavia, di buone possibilità economiche, fece restaurare l’Oratorio e la chiesa: in breve tempo vennero ad abitarvi 50 monache benedettine, le quali, scappate dal convento di S. Anna, bruciato da un fulmine nel 1573, popolarono per parecchi anni l’oratorio fino al 1731 quando andò soppresso. Successivamente andò soppressa anche la chiesa nel 1810[1].
NICCOLO’ I ZORZI (… - 1345)
fu marchese di Bondonitza[2] e il primo membro della famiglia Zorzi di Venezia a ricoprire questo incarico, dal 1335 alla sua morte (10 anni). Nel 1335 sposò Gugliela Pallavicini[3], erede di Bondonitza e vedova di Bartolomeo Zaccaria. Sebbene lo Zorzi fosse in buoni rapporti con la Compagnia Catalana[4], che allora governava il ducato di Atene, si oppose all’omaggio annuale di quattro destrieri. Sebbene abbia tenuto il margraviato[5] fino alla sua morte e i suoi discendenti hanno continuato a governarlo fino alla conquesta ottomana, la moglie, stanca di lui, lo lasciò. Alla sua morte, lasciò tre figli: Francesco, Giacomo e Niccolò, ognuno dei quali governò il malgraviato.
NICCOLO’ ZORZI figlio di FRANCESCO
vissuto nella prima metà del XV° secolo che fu provveditore a Salonicco, ambasciatore presso il Papa Martino V°, presso il Sultano e presso il grande Imperatore Ferdinando.
ambasciatore in Polonia e in Francia presso il Re Luigi XIII, che gli concesse di "inquartare" lo stemma con i gigli di Francia.
LAURA ZORZI
figlia di Bernardo Zorzi, nel 1429 sposò Pietro Mocenigo (Venezia, 1406-1476) commerciante, politico, senatore e ambasciatore che nel 1474 divenne il 70° Doge di Venezia. Non ebbe figli da questo matrimonio e Laura morì prima del 1474, cioè prima che il marito diventasse Doge (quindi non potè avere il titolo di dogaressa).
Pietro ZORZI
nel 1250, reduce dell’aver resa tributaria alla Repubblica l’isola di Rodi, si volse a sottomettere Curzola e, per incoraggiare le milizie, espose sopra un’asta un lino bianco tinto del suo sangue, in sostituzione del perduto stendardo e assunse per arma una fascia vermiglia in campo d’argento.
GREGORIO o GIORGIO ZORZI, figlio di ANDREA ZORZI
tribuno di Jesolo, il quale fu prima cappellano ducale, poi vescovo di Olivolo[6] (divenuto poi Olivolo Castello) nell’anno 964-965, anno della sua morte.
Fonte:
NOTIZIE STORICHE DELLE CHIESE E MONASTERI DI VENEZIA E DI TORCELLO
*TRATTE DALLE CHIESE VENEZIANE , E TORCELLANE ILLUSTRATE DA FLAMINIO CORNER SENATOR VENEZIANO IN PADOVA. MDCCLVIII (1758)
[1] Notizie da “Curiosità veneziane ovvero Origini delle denominazioni stradali di Venezia” di Giuseppe Tassini VIII° edizione del 1970. Filippi Editore Venezia. L'edizione di riferimento è la IV° del 1887. Giuseppe Tassini è nato il 12 novembre 1827; è morto il 22 dicembre 1899. Il testo è stato distribuito in 1448 documenti. Questo è quanto rinvenuto alla voce ZORZI (Salizzada) a San Severo, una voce di questo libro.
[2] Il marchesato di Bodonitsa, o marchesato di Bodonitza, è uno Stato scomparso esistito in Grecia dal 1204 al 1414, basato a Bodonitsa, oggi Mendenitsa, nella Ftiotide. Aveva sede nel castello costruito nel 1204 da Guido Pallavicini in posizione strategica, dominante il passo delle Termopili, per proteggere i propri domini ottenuti da Bonifacio I del Monferrato, divenuto Re della Tessalonica nella spartizione dei territori dell'Impero d'Oriente dopo la Quarta Crociata e la presa di Costantinopoli. Morto Bonifacio, il castello diventa vassallo dei Villehardouin, Principi dell’Acaia. Nel 1334 Guglielma Pallavicini, chiamata la “Signora delle Termopili”, ultima marchesa di Bodonitsa, figliastra di Andrea Corner (barone di Scarpanto e co-marchese di Bodonitsa per matrimonio con Maria Dalle Carceri, vedova di Alberto Pallavicini) e moglie del genovese Bartolomeo Zaccaria dei signori di Chio. Dopo la morte del marito e del patrigno la marchesa, ora unica signora del castello, per non perdere i suoi privilegi cerca la protezione della Repubblica di Venezia chiedendo un marito. Venezia le invia Niccolò I Zorzi, che arriva nel 1335. I marchesi continuano ad essere vassalli del Ducato catalano di Atene, a cui pagano un tributo annuo di quattro destrieri, ma di fatto sono sotto l’influenza veneziana, il che permette anche di sedare una disputa con la Serenissima sul possesso del castello di Larmena. Purtroppo i rapporti tra i due si guastano presto: ne nasce una tremenda bagarre diplomatica che coinvolge Venezia, i Duchi catalani, il Bailo di Negroponte, la regina Giovanna I di Napoli e Umberto II del Viennois. Nonostante gli illustri pacieri la lite tra i due non si compone e Niccolò, contro cui Guglielma ha aizzato il popolo, deve fuggire a Venezia, dove viene risarcito grazie al sequestro del danaro depositato in una banca veneziana dalla marchesa per la figlia Marulla. Niccolò morirà nel 1354, lasciando il potere al figlio Francesco. Guglielma lo seguirà nella tomba quattro anni più tardi. Il marchesato, dopo Francesco, passerà di seguito agli altri due figli di Niccolò, Giacomo e Niccolò III. L'invasione ottomana del 1414 e la cattura del castello il 20 giugno porranno fine al marchesato di Bodonitsa.
I Marchesi di Bondonitsa furono: del Pallavicino: 1204 - 1237 Guido Pallavicini, 1237 - 1278 Ubertino Pallavicini, figlio di Guido, 1278 - 1286 Isabella Pallavicini, figlia di Guido, 1278 - 1286 Anthony le Flamenc, marito di Isabella, 1286 - 1300 ca. Tommaso Pallavicini, nipote di Guido,? 1311 Alberto Pallavicini, figlio di Tommaso, 1311 - 1323 Maria Dalle Carceri, moglie di Alberto, 1312 - 1323 Andrea Cornaro, secondo marito di Maria Dalle Carceri, 1311 - 1358 Guglielma Pallavicini, sorella di Alberto, 1327 - 1334 Bartolomeo Zaccaria, primo marito di Guglielma. Degli Zorzi:1335 - 1345 Niccolò I Zorzi, secondo marito di Guglielma, 1345 - 1388 Francesco Zorzi, 1388 - 1410 Giacomo Zorzi, 1410 - 1411 Niccolò II Zorzi, 1411 - 1414 Niccolò III Zorzi
[3] Guglielma Pallavicini (... – Bodonitsa, 1358) fu marchesa di Bodonitsa. Detta la Signora delle Termopili, fu l'ultima erede dei Pallavicino a governare Bodonitsa. Era solo una bambina quando successe a suo padre Alberto nel 1311. Condivideva il margraviato con sua madre Maria Dalle Carceri e in seguito con il patrigno Andrea Cornaro e il marito Bartolomeo Zaccaria.
[4] La Compagnia Catalana d'Oriente, Magna Societas Catalanorum, Societas Catallanorum (in lingua catalana Companyia Catalana d'Orient), ufficialmente la Compagnia dell'esercito crociato franco e di altri stati europei in Romania, talvolta chiamata anche La Grande Compagnia, comunemente nota come Compagnia Catalana, fu una compagnia indipendente di mercenari fondata, all'inizio del XIV secolo, da Roger de Flor
[5] Margravio era un titolo nobiliare, derivante dal tedesco Markgraf e corrispondente al titolo italiano di marchese. Come questo, esso aveva piena giurisdizione delle cose temporali quali tribunali, i pedaggi, le collette, ecc., nella contea di frontiera detta appunto margraviato.
[6] Le diocesi di Castello, originariamente diocesi di Olivolo, è un ex cattolico romano diocesi che si basava sulla città di Venezia, in Italia. E 'stata fondata nel 774, che copre le isole che ora sono occupati da Venezia. Nel corso della sua esistenza ci fu tensione tra la diocesi, il Patriarcato di Grado a cui era nominalmente subordinato, e il Doge di Venezia. Alla fine, nel 1451 la diocesi e il Patriarcato sono state fuse per formare le Arcidiocesi di Venezia.
Cronotassi vescovi di Olivolo: Obelario † (774/776 - 798 †), Cristoforo Damiata † (798 - 810 deposto), Giovanni diacono (804) (usurpatore), Cristoforo Tancredi † (810 - circa 813 deposto), Cristoforo Damiata † (813 - circa 827) (per la seconda volta), Orso Partecipazio † (circa 827 - dopo il 13 febbraio 854), Mauro o Maurizio Businiaco o Busniago †(854-864), Domenico Gradenigo I † (menzionato in dicembre 877)864-877, Giovanni Candiano †877-880, Lorenzo Timens Deum † (prima dell'883 - maggio 909 †), Domenico Villonico (o Vilinico) † (909 - dicembre 910 o gennaio 911 †), Domenico David (Orciano) † (circa 911 - circa 920), Giovanni † (menzionato nel giugno 920), Pietro Tribuno †, Orso Magadisio o d'Arbore †938-945, Domenico Talonico †945-955, Pietro Marturio o Quintavalle † (menzionato nel 960)955-964, Gregorio Giorgio (Zorzi) †964-965, Marino Cassianico † (prima del 971 - dopo il 982), Domenico Gradenigo II † (circa 992 - circa 1026 †)992-1026 governò la diocesi per 33 anni, Domenico Gradenigo III † (circa 1026 - circa 1044 †)1040-1041, Domenico Contarini † (circa 1044 - circa 1074 †).
Cronotassi Vescovi di Castello: Enrico Contarini † (1074 - 15 novembre 1108 †), Vitale I Michiel † (1108 - prima del 16 dicembre 1120 †), Bonifacio Falier, O.S.A. † (18 dicembre 1120 - 1131 o 1133 †), Giovanni Polani † (1133 - dopo luglio 1157), Pietro Grandaliconi † (menzionato nel giugno 1164), Vitale II Michiel † (1164 - 19 gennaio 1182 †), Filippo Casolo o Cappello † (1182 - prima di novembre 1182 †), Marco Nicola † (prima di novembre 1182 - 1225 †), Marco Michiel † (1225 - marzo 1235 †), Pietro Pino † (1235 - dopo il 27 settembre 1253), Gualtiero Agnusdei, O.P. † (8 febbraio 1255 - 1258 †), Tommaso Arimondo † (1258 - 1260 †), Tommaso Franco † (1260 - prima del 5 agosto 1267 †), Sede vacante, Bartolomeo I Querini † (5 aprile 1274[23] - 1º marzo 1291 †), Simeone Moro † (1291 - 3 dicembre 1292 †), Bartolomeo II Querini † (prima del 20 giugno 1293 - 8 gennaio 1303 nominato vescovo di Novara), Ramberto Primadizzi, O.P. † (20 febbraio 1303 - 1311 †), Galasso Albertini † (30 aprile 1311 - giugno 1311 †) (vescovo eletto), Giacomo Alberti † (19 giugno 1311 - dicembre 1327 deposto), Angelo Dolfin † (27 maggio 1328 - 19 agosto 1336 †), Nicolò Morosini † (27 agosto 1336 - 17 febbraio 1367 †), Paolo Foscari † (5 aprile 1367 - 27 novembre 1375 nominato arcivescovo di Patrasso), Giovanni Piacentini † (27 novembre 1375 - dicembre 1378 deposto), Nicolò Morosini † (1379 - 24 novembre 1379 †), Angelo Correr † (15 ottobre 1380 - 1º dicembre 1390[27] nominato patriarca di Costantinopoli, poi eletto papa con il nome di Gregorio XII), Giovanni Loredan † (1390 - 21 novembre 1390 nominato vescovo di Capodistria), Francesco Falier † (21 novembre 1390 - 27 marzo 1392 †), Leonardo Dolfin † (29 aprile 1392 - 27 luglio 1401 nominato patriarca di Alessandria), Francesco Bembo † (27 luglio 1401 - 6 settembre 1416 †), Marco Lando † (15 dicembre 1417 - gennaio 1426 †), Pietro Donà † (5 dicembre 1425 - 16 giugno 1428 nominato vescovo di Padova), Francesco Malipiero, O.S.B. † (16 giugno 1428 - 12 maggio 1433 nominato arcivescovo, titolo personale, di Vicenza), San Lorenzo Giustiniani † (12 maggio 1433 - 8 ottobre 1451 nominato patriarca di Venezia).
L'8 ottobre 1451, con la bolla Regis aeterni di papa Niccolò V[4], vennero soppressi il patriarcato di Grado e la diocesi di Castello. Con i territori e le giurisdizioni di entrambe fu eretto il patriarcato di Venezia, dove vi fu nominato l'ultimo vescovo castellano, Lorenzo Giustiniani. La sede patriarcale rimase nella basilica di San Pietro di Castello, precedente cattedrale della diocesi castellana. Dal 1969 Castello è sede vescovile titolare; l'attuale arcivescovo, titolo personale, titolare è Charles Daniel Balvo, nunzio apostolico nella Repubblica Ceca.

Doge[1] MARINO ZORZI (1231-1312)
Per succedere al Doge Pietro Gradenigo (detto il Pierazzo) venne eletto Stefano Giustiniàn[2], illustre senatore, ma, avendo egli rinunziato per vestir l’abito dei benedettini in S. Giorgio Maggiore, venne innalzato al trono ducale, il 23 agosto 1311, Marino Zorzi tanto pio e religioso da essere chiamato “il Santo”. Apparteneva ad una delle vecchie casate veneziane, originaria della Moravia e venuta a Venezia da Pavia, che porta lo stemma d’argento alla fascia di rosso, che si dice ricordi la presa di Curzola, in cui Piero Zorzi (o Pietro) avrebbe alzato come stendardo un lenzuolo macchiato del suo sangue. Egli fu sepolto nel chiostro dei Ss. Giovanni e Paolo molto semplicemente senz’arca ed iscrizione, e non come una cronaca erroneamente scrive, in un’arca bassa in terra nel mezzo della chiesa di S. Domenico di Castello. La tomba sembra che fosse addossata al muro esterno dell’altare della Croce esistente nella chiesa dei Ss. Giovanni e Paolo, ma nel 1763, essendosene perduto il ricordo, i frati vi fecero apporre una lapide con un’iscrizione commemorativa. Ora questa lapide si trova nell’interno della chiesa vicino al monumento del doge Nicolò Marcello, alla sinistra dell’altare, che gli fa seguito, che ha alla sua destra scolpito lo stemma Zorzi. Quando venne eletto doge aveva già raggiunto l’ottantina ed era uno dei principali personaggi politici veneziani, fregiato anche a detta di qualcuno, della dignità procuratoria. Una cronaca attribuisce la sua nomina, più che ai meriti politici, alla pietà da lui dimostrata distribuendo pane ai prigionieri, che impressionò tanto gli elettori, che poterono vederlo da una finestra, che gli dettero subito il voto. Il suo breve dogado venne turbato da una rivolta di Zara e della Dalmazia. Era figlio di Matteo e di Maria e sposò Agnese, che non si sa a che famiglia appartenesse e dalla quale ebbe solo una figlia di nome Elena, morta prima di lui. Non sembra avesse fratelli, ma solo una sorella di nome Zana. Il suo palazzo dominicale era situato a S. Giustina. Morì il 3 luglio 1312, circondato da una così grande aureola di santità, che, per impedire che il popolo non cercasse di dissotterrarlo per lacerargli le vesti e dividersele col corpo a guisa di reliquie, fu tenuto celato il luogo della sua sepoltura. Anche nel testamento dimostrò la sua pietà, disponendo di tutta la sostanza per l’erezione e la dotazione di una chiesa e di un convento di domenicani, che sorse poi a Castello sotto il titolo di S. Domenico[3], e di un ospedale vicino al monastero dei Ss. Giovanni e Paolo per i bambini poveri.
Lasciò arbitri i suoi commissari di seppellirlo nella nuova chiesa di S. Domenico od ai Ss. Giovanni e Paolo insieme alla dogaressa e assegnò uno strano legato ai frati consistente in una cassetta dipinta con stelle (capsellam pictam cum stellis).[4]
[1] Il Doge (dal latino Dux, inteso quale comandante) era la massima autorità rappresentativa dello Stato; era eletto a vita ed era originariamente il rappresentante diretto dell'autorità imperiale.
[2] Stefano, Patrizio Veneto, Senatore della Repubblica di Venezia, nel 1311 venne eletto doge ma rifiutò la carica per diventare monaco in San Giorgio Maggiore.
[3] La chiesa di San Domenico era un luogo di culto di Venezia. Come suggerisce l'intitolazione, le era annesso un convento di frati predicatori. Sorgeva nel sestiere di Castello. Il complesso fu fondato per disposizione testamentaria del doge Marino Zorzi nel 1312. Nel 1317 la costruzione era già ultimata e venne solennemente consegnata ai domenicani.
[4] “I dogi di Venezia con particolare riguardo alle loro tombe”, dalla Biblioteca storica degli studi Adriatici – Andrea Da Mosto, anno 1939, Venezia.

Fonte del 1707[1]
Da “Cronologia Universale”, Venezia
[1]Fonte: “Cronologia Universale” 1707: I successivi Dogi: 110. Alvise Mocenigo (1700-1709), 111. Giovanni Corner (1709-1722), 112. Alvise Mocenigo (1722-1732), 113. Carlo Ruzzini (1732-1735), 114. Alvise Pisani (1735-1741), 115. Pietro Grimani (1741-1752), 116. Francesco Loredan (1752-1762), 117. Marco Foscarini (1762-1763), 118. Alvise Mocenigo (1763-1778), 119. Paolo Renier (1770-1789), 120. Lodovico Manin (1789-1797) l’ultimo doge della Serenissima.

Lapide[1] nella basilica dei SS. Giovanni e Paolo in Venezia. Posta nel 1763 dai frati della chiesa perché nessuno si potesse dimenticare di lui.

Alcune immagini riguardanti il Doge Marino Zorzi
[1]Sala del Maggior Consiglio di Venezia. Ritratto di Marino Zorzi ad opera di Jacopo e Domenico Tintoretto[2]
Il motto:
TEMPORE MEO REXI IADRAM
ET REBELLANTEM PERDONAVI
Nel tempo in cui fui Re, perdonai Iadera (ora Zara) che si stava ribellando.
[1] Fonte internet: https://www.conoscerevenezia.it/?p=28718 alla voce “Marino Zorzi”
[2] Domenico Robusti , noto anche come Domenico Tintoretto o semplicemente “il Tintoretto” , (Venezia 1560 – Venezia 17 Maggio 1635) è stato un pittore italiano da Venezia . E 'cresciuto sotto la guida di suo padre, il celebre pittore Jacopo Tintoretto morto nel 1594. Intraprese poi tutte le sue numerosissime opere insieme al fratello Marco, morto nel 1637, sempre a Venezia. Ancora oggi esiste la bottega dove lavorava e dove si trovano ancora i suoi antichi arnesi di lavoro.

Monete riguardanti Marino Zorzi 1311-1312, periodo in cui è stato Doge.[1]
[1] Fonte: Biblioteca storica di studi Adriatici – Fondi vari - Corpus nummorum italicorum : primo tentativo di un catalogo generale delle monete medievali e moderne coniate in Italia o da italiani in altri paesi , 7: Veneto : Venezia. 1, Dalle origini a Marino Grimani - Roma : Tipografia della R. Accademia dei Lincei – anno 1915.

Fonte:
NOTIZIE STORICHE DELLE CHIESE E MONASTERI DI VENEZIA , E DI TORCELLO * TRATTE DALLE CHIESE VENEZIANE , E TORCELLANE ILLUSTRATE DA FLAMINIO CORNER SENATOR VENEZIANO IN PADOVA. MDCCLVIII (1758)
PIETRO (o Pietronzino) DE GIORGI
nacque a Pavia da una nobile famiglia pavese e intraprese la strada ecclesiastica sin dalla gioventù. Laureatosi in diritto civile, venne nominato da Bonifacio IX il 30 marzo 1394 vescovo di Tortona[1], dalla quale venne trasferito ad opera di Giovanni XXIII il 15 febbraio 1413 e nominato Vescovo di Novara[2] fino al 1429. Per i meriti acquisiti, venne nominato da Martino V, il 4 novembre 1429, arcivescovo di Genova[3], dove morì nel 1436;
[1] Cronotassi vescovi di Tortona: S. Marziano (75 - 122), S. Ariberto (126 - ...), S. Ammondio (161 - 175), S. Terenziano (175 - 180), S. Costantino (?), S. Lorenzo (... - 253), S. Anastasio (253 - 260), S. Marcellino (... - 292), S. Giuliano (?), S. Malliodoro (305 - 312), S. Innocenzo Quinzio (312 - 353), S. Giovanni (?), S. Esusperanzio (354 - 381), S. Marziano II (?), S. Quinto (451 - ...), S. Marcello (472 - ...), S. Albino (504 - ...), S. Saturnino (?), S. Giovanni II (568 - ...), S. Sisto (568 - 594), S. Procolo (626 - ...), S. Beato (?), S. Malliodoro II (694 - ...), S. Lorenzo II (679 - ...), S. Audace (680 - ...), Ottavio (?), Benedetto I (?), Tendero (?), Giacomo I (?), Giuseppe (769 - ...), Flaviano (?), Geronimo (?), Desiderio (?), Roberto (?), Valerio (?), Giovanni III (820 - 824), Ermenfrido (824 - ...), Teodolfo (848 - ...), Giovanni IV (?), Gerardo (?), Ildegiso (?), Gerioaldo (903 - ...), Benedetto II (921 - ...), Beato II (924 - ...), Andrea (+ 933), Giselprando (943 - 967), Giovanni V (967 - 970), Zenone (979 - ...), Gereberto (980 - 983), Liutfredo (996 - ...), Zeno II (1003 - ...), Agirio (1014 - ...), Pietro I (1014 - 1077), Oddone (+1083), Glidone (1099 - ...), Lambardo (1105 - 1119), Pietro II (1120 - 1134), Guglielmo (1135 - 1152), Oberto (1153 - 1180), Ugone (1183 - 1193), Gandolfo (?), Ottone II (1196 - 1201), Opizzone (1202 - 1220), Pietro III Busseti (1220 - ...), Pietro IV Tasso (?), Melchiorre Busseti (?), Giacomo II Calcinara (+ 1313), Manfredo Calcinara (1313 - 1319), Tiberio della Torre (1319 - 1325), Princivalle Fieschi (1325 - 1348), Giacomo III Visconti (1348 - 1363), Giovanni IV Ceva (1363 - 1391), Giacomo IV (?), Pietro V De Giorgi (1394 - 1413), Enrico Rampini (1413 - ...), Giovanni Michele Barbavara (1438 - 1451), Marliano (1452 - 1453), Bartolomeo Castiglioni (1453 - 1455), Giovanni Mari (1455 - 1461), Michele Castiglioni Marliano (1461 - 1475), Fabrizio II Marliano (1475 - 1476), Giandomenico Zazi (1496 - 1528), Giovanni Moroni (?), Umberto dei Nobili Gambara (1528 - 1549), Cesare Gambara (1548 - 1591), Maffeo Gambara (1592 - 1612), Cosmo Dossena (1612 - 1620), Paolo Aresi ( + 1664), Francesco Fossati (1645 - 1653), Carlo Settala (1653 - 1682), Carlo Francesco Ceva (1683 - 1700), Giulio Resta (1701 - 1743), Luigi Andujar (1743 - 1782), Carlo Maurizio Peyretti (1783 - 1795), Bonifacio Fassati (1796 - 1805), Giovanni Crisostomo Villaret (1806 - 1814), Carlo Francesco Carnevale (1818 - 1831), Giovanni Negri (1833 - 1874), Vincenzo Capelli (1874 - 1890), Igino Bandi (1890 - 1914), Simon Pietro Grassi (1914 - 1934), Egisto Domenico Melchiori (1934 - 1963), Francesco Rossi (1963 - 1969), Giovanni Canestri (1971 - 1975), Luigi Bongianino (1975 - 1996), Martino Canessa (1996 - 2017), Vittorio Francesco Viola (2014)
[2] Cronotassi vescovi di Novara: San Gaudenzio † (397 - 22 gen. 417 †), Sant'Agabio † (circa 417 - 440), San Lorenzo †, Diogene †, Pascenzio †, Simplicio o Simpliciano † (451), Vittore † (? - 489 ? †), Onorato †, Pagaziano †, Opilio † (529 ? - ?), Ambrogio I † (548 ? - ?), Filacrio o Ilario † (? - 15 dic. 553 o 568 ? †), Agnello †, Spettabile † (circa 615), Marcello †, Severo †, Lupicino †, Probino o Urbano † (circa 650), Vigilio †, Flavino o Flaviano †, Pramfronio † (circa 670), Graziano † (679 o 680), Probo †, Laureolo †, Leone † (circa 700), Ambrogio II †, Grazioso † (750), Benedetto †, Pietro I † Sicardo † (? - 780 †), Tito Levita † (780 - ott. 800 †), Attone † (nov. 800 - feb. 830 †), Sant'Adalgisio † (feb. 830 - apr. 848 †), Oddone I † (apr. 848 - sett. 858 †), Deutemiro † (sett. 858 - 869 †), Notingo † (mag. 869 - sett. 879 †), Lamberto † (ott. 879 - feb. 881 †), Ernusto o Ernulfo † (feb. 881 - ago. 882 †), Cadulto † (ago. 882 - 5 apr. 891 †), Liuterio † (apr. 891 - feb. 895 †), Garibaldo † (feb. 895 - 9 mag. 902 †), Dagiberto (mag. 902 - lug. 940 †), Rodolfo † (lug. 940 - ago. 957 †), Pietro II † (ago. 957 - dic. 964 †), Aupaldo † (965 ? - mag. 993 †), Pietro III † (993 - feb. 1032 †), Gualberto † (gen. 1032 - gen. 1039), Riprando † (2 feb. 1039 - 21 dic. 1053 †), Oddone II † (10 giu. 1054 - 18 ago. 1079 †), Alberto † (circa 1080 - 1083 †), Anselmo † (1083 - circa 1114) (antivescovo), Eppone † (circa 1114 - 1116) (antivescovo), Riccardo † (2 sett. 1116 - 25 lug. 1123 †), Litifredo † (1123 - 17 mag. 1151 †), Guglielmo Tornielli † (2 nov. 1153 - circa 1168 deposto), Guglielmo Faletti † (circa 1168 - circa 1172), Bonifacio † (circa 1172 - circa 1192), Ottone † (circa 1192 - 1196), Pietro IV † (1196 - 1209 ?), Gerardo da Sessa, O.Cist. † (1209 - 4 mag. 1211 nominato arcivescovo di Milano), Oldeberto Tornielli † (21 mag. 1213 - 15 mar. 1235 †), Odemaro Buzio † (1º ott. 1235 - 10 apr. 1249 †), Sigebaldo Caballazio † (28 lug. 1249 - 1269 †), sede vacante, Guido Pinzio † (circa 1277 - circa 1279) (antivescovo), sede vacante, Englesio Caballazio, O.F.M. † (15 feb. 1287 - 20 gen. 1291 †), Matteo Visconti † 8 feb. 1291 - 1296) (antivescovo), Papiniano della Rovere † (5 feb. 1296 - 3 giu. 1300 nominato vescovo di Parma), sede vacante (1300-1303), Bartolomeo Quirini † (8 gen. 1303 - 10 gen. 1304 nominato vescovo di Trento), Uguccio Borromeo † (18 feb. 1304 - 1329 †), Giovanni de Spaim † (1328 - ?) (antivescovo), Giovanni Visconti † (1331 - 10 ago. 1339 †), Guglielmo Amidano, O.S.A. † (17 lug. 1342 - 29 gen. 1356), Oldrado Maineri † (12 ott. 1356 - 1388 †), Pietro Filargo, O.F.M. † (18 sett. 1389 - 17 mag. 1402 nominato arcivescovo di Milano, successivamente eletto antipapa con il nome di Alessandro V), Giovanni Capogallo, O.S.B. † (1º ago. 1402 - 15 giu. 1413 †), Pietro De Giorgi † (15 feb. 1413 - 1429 nominato arcivescovo di Genova), Bartolomeo Visconti † (1429 - 1457 †), Jacopo Filippo Crivelli † (30 mag. 1457 - 1466 †), Bernardo Rossi † (8 ott. 1466 - 1468 †), Giovanni Arcimboldi † (21 nov. 1468 - 25 ott. 1484 nominato arcivescovo di Milano), Ascanio Sforza † (25 ott. 1484 - 1484 dim.) (amministratore apostolico), Gerolamo Pallavicini † (18 apr. 1485 - 18 ago. 1503 †), Ascanio Sforza † (1503 - 28 mag. 1505 †) (amministratore apostolico per la seconda volta), Federico Sanseverino † (30 mag. 1505 - 24 ott. 1511 dim.) (amministratore apostolico), Matteo Schiner † (6 feb. 1512 - 1516 dim.) (amministratore apostolico), Federico Sanseverino † (1516 - 7 ago. 1516 †) (amministratore apostolico per la seconda volta), Antonio Maria Ciocchi del Monte † (7 ago. 1516 - 1521 dim.) (amministratore apostolico), Matteo Schiner † (1521 - 30 sett. 1522 †) (amministratore apostolico per la seconda volta), Antonio Maria Ciocchi del Monte † (30 sett. 1522 - 20 dic. 1525 dim.) (amministratore apostolico per la seconda volta), Ermete Stampa † (20 dic. 1525 - 1526 †), Giovanni Angelo Arcimboldi † (2 mar. 1526 - 19 mar. 1550 nominato arcivescovo di Milano), Ippolito II D'Este † (19 mar. 1550 - 18 nov. 1551 dim.) (amministratore apostolico), Giulio della Rovere † (18 nov. 1551 - 12 sett. 1552 dim.) (amministratore apostolico), Giovanni Gerolamo Morone † (12 sett. 1552 - 13 mar. 1560 dim.) (amministratore apostolico), Giovanni Antonio Serbelloni † (13 mar. 1560 - 1574 dim.), Romolo Archinto † (26 apr. 1574 - 4 sett. 1576 † prima di essere nominato vescovo di Novara è stato parroco di Pieve del Cairo dal 1572 al 1574), Gerolamo Ragazzoni † (19 sett. 1576 - 19 lug. 1577 nominato vescovo di Bergamo), Pomponio Cotta † (19 lug. 1577 - dic. 1579 †), Francesco Bossi † (21 ott. 1579 - 18 sett. 1584 †), Gaspare Visconti † (5 nov. 1584 - 28 nov. 1584 nominato arcivescovo di Milano), Cesare Speciano (Speciani) † (28 nov. 1584 - 30 gen. 1591 nominato vescovo di Cremona), Pietro Martire Ponzone † (8 feb. 1591 - 19 nov. 1593 †), Carlo Bascapè, B. † (8 feb. 1593 - 6 ott. 1615 †), cardinale Ferdinando Taverna † (16 nov. 1615 - 29 ago. 1619 †), Ulpiano (Volpiano) Volpi † (12 sett. 1619 - 10 mar. 1629 †), Giovanni Pietro Volpi † (10 mar. 1629 succeduto - 12 sett. 1636 †), Antonio Tornielli † (15 dic. 1636 - 8 mar. 1650 †), Beato Benedetto Odescalchi † (4 apr. 1650 - 6 mar. 1656 dim.), Giulio Maria Odescalchi, O.S.B. † (2 mar. 1656 - 28 ago. 1666 †), Giuseppe Maria Maraviglia, C.R. † (12 dic. 1667 - 19 sett. 1684 †), Celestino Sfondrati, O.S.B. † (1685 - 4 sett. 1686 nominato abate del Monastero di San Gallo), Giovanni Maria Visconti, B. † (31 mag. 1688 - 10 ago. 1713 †), Giberto Borromeo † (17 gen. 1714 - 22 gen. 1740 †), Bernardino Ignazio Roero di Cortanze, O.F.M.Cap. † (18 sett. 1741 - 26 ott. 1747 †), Giovanni Battista Baratta, C.O. † (1747 - 11 apr. 1748 †), Ignazio Rovero Sanseverino † (15 lug. 1748 - 10 sett. 1756 †), Marco Aurelio Balbis Bertone † (3 gen. 1757 - 17 mag. 1789 †), sede vacante (1789-1791), Carlo Luigi Buronzo del Signore † (26 sett. 1791 - 24 lug. 1797 nominato arcivescovo di Torino), Vittorio Filippo Melano, O.P. † (24 lug. 1797 - 23 dic. 1813 †) sede vacante (1813-1817), Giuseppe Morozzo Della Rocca † (1º ott. 1817 - 22 mar. 1842 †), Giacomo Filippo Gentile † (27 gen. 1843 - 23 ott. 1875 †), Stanislao Eula † (28 gen. 1876 - 10 apr. 1886 †), Davide Riccardi † (14 ott. 1886 - 14 dic. 1891 nominato arcivescovo di Torino), Edoardo Pulciano † (11 lug. 1892 - 16 nov. 1901 nominato arcivescovo di Genova), Mattia Vicario † (16 dic. 1901 - 5 mar. 1906 †), Giuseppe Gamba † (13 ago. 1906 - 20 dic. 1923 nominato arcivescovo di Torino), Giuseppe Castelli † (21 ott. 1924 - 12 sett. 1943 †), Leone Giacomo Ossola, O.F.M.Cap. † (19 ott. 1943 - 12 giu. 1951 dim.), Gilla Vincenzo Gremigni, M.S.C. † (29 giu. 1951 - 7 gen. 1963 †), Placido Maria Cambiaghi, B. † (28 feb. 1963 - 30 ott. 1971 dim.), Aldo Del Monte † (15 gen. 1972 - 19 dic. 1990 ritirato), Renato Corti † (19 dic. 1990 - 24 nov. 2011 dim.), Franco Giulio Brambilla, dal 24 nov. 2011
[3]Cronotassi Vescovi di Genova: San Valentino †, San Felice †, San Siro I †, San Romolo †, Diogene † (menzionato nel 381), Pascasio † (menzionato nel 451), Arcivescovi di Milano residenti a Genova: Sant'Onorato † (568 - 571 †), Frontone † (571 - 573), San Lorenzo † (573 - 593), Costanzo † (593 - 3 sett. 600 †), Deodato (o Deusdedit) † (15 sett. 601 - 30 ott. 629 †), Asterio † (629 - 4 lug. 640 †), Forte † (641 - 641 dim.), San Giovanni Bono † (641 - 649 dim.), Giovanni I † (menzionato nel 680), Viatore † (menzionato nel 732), Giovanni II † (menzionato nel 752), Dionisio † (menzionato nel 798), Guglielmo † (menzionato nell'821), Nazario † (prima dell'845), Massito (o Mansueto) † (845 - 860), Sigeberto † (? - circa 864 †), Pietro † (864 - ?), Sabbatino † (prima dell'876 - dopo l'877), Ramperto † (menzionato nell'889), Giovanni III † (menzionato nel 904), Nicola † (menzionato nel 930

BARTOLOMEO ZORZI
(Bertholome Çorgi o Çorzi come risulta nei manoscritti occitani) (Venezia, prima del 1260– 1300 ?) è stato un mercante, patrizio, trovatore, poeta italiano che scrisse in lingua provenzale. Di Zorzi si sa che svolse la sua attività a Venezia fra il 1260 e il 1290. Durante un suo viaggio a Costantinopoli finì in prigione a Genova dal 1266 al 1273, dove compose opere usando lo stile tenzone. Trovò la morte in Grecia quando era castellano della fortezza di Corone. Delle sue opere poetiche ci sono pervenute tredici canzoni di carattere amoroso, due canzoni dedicate alla Vergine, e tre sirventesi di argomento politico, tra i quali un compianto per la morte di Corradino di Svevia.
FRANCESCO ZORZI
noto anche come Francesco Giorgio Veneto, (Venezia, 1466 – Asolo, 1540), è stato un religioso, teologo e filosofo italiano. Entrato nell'ordine francescano, insegnò esegesi biblica nelle scuole dell'Osservanza e fu a lungo guardiano del convento di San Francesco della Vigna[1] a Venezia. Seguace del neoplatonismo fiorentino e, in particolare, di Marsilio Ficino e di Giovanni Pico della Mirandola, fu grande conoscitore della qabbalah[2] ebraica. Nel 1525 apparve a stampa la sua prima opera, il De harmonia mundi totīus cantica tria, in cui si mescolavano agostinismo, origenismo, scotismo e un'interpretazione cristiana della qabbalah. Nel 1536 apparvero, ancora a Venezia, gli In Scripturam sacram Problemata, domande e risposte su problemi di esegesi biblica in cui si combinano conoscenze enciclopediche e la persuasione della necessità di rinnovare la conoscenza e lo studio della Scrittura. In quest'opera si registra un uso massiccio del Sefer ha-Zohar, il testo più importante della tradizione cabalistica. Padre Zorzi era un insigne ebraista e un profondo conoscitore delle scritture cabalistiche. De Harmonia Mundi totīus ebbe una grande influenza sulla costruzione della chiesa di San Francesco della Vigna. Con il Doge Andrea Gritti sono riusciti a dare impulso a quella renovatio urbis che ha fatto arrivare a Venezia anche il Sansovino. Ma prima di lui ha lavorato il Codussi. Tra le opere a lungo rimaste inedite si segnalano L'Elegante Poema e il Commento sopra il Poema, edite per la prima volta nel 1991 sulla base dell’unico manoscritto conservato presso la Biblioteca Nazionale di Napoli. Zorzi (francescano osservante) sarà consulente di Enrico VIII e troverà le ragioni per sostenere il divorzio proposto dal re e motivo poi di scomunica e scissione della chiesa cattolica con la nascita di quella anglicana. Curiosa la presenza di Zorzi a Motta di Livenza paese natale di Girolamo Aleandro che con la Dieta di Worms propose la scomunica di Lutero. Zorzi dovrà rientrare su certe opinioni pena la scomunica. Due prelati impegnati su due fronti diversi: Aleandro uomo della Chiesa cattolica contro i luterani e Zorzi con forti derive protestanti in seno alla Repubblica veneta.
Citazioni di Francesco Zorzi:
- Si quis ab hominum natura numerum auferre velit nullatenus prudentes eos aut scientificos relinquit; nam anima nihil percipiet sine ratione; nec rationem de rebus reddere quispiam poterit, qui numeros ignorat. Artes quoque, sublato numero, penitus evanescunt; et, quod maximum est, bonorum quidem omnium, mali autem nullius, mumerum esse causam asseretur. Hinc qui beatus futurus est, qui caelestia et divina rimari cupit, numerum ignorare non debet.
- Se si volesse privare del numero la natura umana, la si lascerebbe del tutto priva di saggezza e di scienza; ché l'anima senza la ragione non afferrerebbe nulla, né potrà rendere ragione di niente chi ignora i numeri. Le arti stesse, private del numero, sembrano dileguarsi; e, ciò che più importa, si può a buon diritto affermare che il numero è causa di tutti i beni, mentre non è causa di nessun male. Perciò chi è votato alla felicità, chi vuole indagare il cielo e le cose divine, non deve ignorare il numero
- Numeris nam omnia disposita sunt [...] Numerus autem – ut Proclus ait – semper idem existit, alius tamen est in voce, alius in rerum proportione, alius in anima et ratione, et alius in divinis
- Tutto è ordinato secondo i numeri [...] Il numero – come dice Proclo – è sempre identico a se stesso, e tuttavia altro è nella voce, altro nella proporzione delle cose, altro nell'anima e nella ragione, altro nelle cose divine
[1] Francesco Zorzi fu un francescano incaricato dei lavori per l'edificazione della chiesa. Egli era un esperto di cabala e si fondò sul numero 3, in quanto voleva che le proporzioni dell'edificio comprendessero, oltre che il simbolo della Trinità, anche le consonanze musicali pitagoriche, affinché la chiesa "riflettesse per intero l'armonia universale", secondo i princìpi dell'ermetismo. La chiesa doveva avere una lunghezza pari a 3 volte la larghezza: 27 (3x9) piedi di lunghezza per 9 (3x3) piedi di larghezza; le cappelle laterali dovevano essere larghe 3 piedi (piede veneziano, cm. 35,09) e la cappella dietro l'altare doveva misurare 6 piedi di larghezza per 9 di lunghezza.
[2] QABBĀLĀH (Cabala [pr. cabàla] o Cabbala). - Parola ebraica che significa propriamente "ricezione", e che si applica in genere a indicare il ricevimento che una generazione fa della tradizione trasmessa da un'altra. In particolare la parola si usa antonomasticamente per indicare il complesso delle dottrine esoteriche e mistiche ebraiche concernenti Dio e l'universo, dottrine che i loro seguaci affermano essere state rivelate da tempo antichissimo a un ristretto numero di persone e poi tramandate di generazione in generazione nella cerchia degl'iniziati. Il nome qabbālāh in questo senso si usa in ebraico a partire dal 1200 d. C. circa, ed è entrato nell'uso delle varie lingue moderne.

GIORGI o ZORZI Marino
(Venezia, 1559 - Brescia, 28 agosto 1631). Patrizio veneto, entrato giovanissimo nella carriera ecclesiastica, fu dapprima canonico a Padova, accanto al vescovo della città, suo zio materno. Sisto V lo investiva dell'Abazia della S. Trinità di Verona (detta S. Vigilio) e lo creò referendario "utriusque signaturae". Fu in rapporti epistolari con mons. Minuccio Minucci, ritenuto uno dei più grandi diplomatici della S. Sede alla fine del sec. XVI. Dal 1592 al 1596 fu nunzio del Papa presso il duca di Toscana Ferdinando[1]. Godeva fama di uomo energico e di temperamento vivace e attivo e si fece notare anche per una certa cultura. Fu tra l'altro in corrispondenza con Galilei.
Il 15 dicembre 1596, ci fu il suo ingresso, quale vescovo, in diocesi di Brescia. Appena entrato in diocesi indiceva la visita pastorale che, iniziata nel 1599, continuò a più riprese fino al 1624. Fu promotore di opere e di istituzioni.
Nel 1598 pose la prima pietra del convento delle Suore Cappuccine. Caldeggiò la costruzione del Duomo nuovo, di cui benedisse la prima pietra il 12 maggio 1604. Seguendo l'istruzione di S. Carlo, che impegnava i vescovi della sua Provincia Lombarda a raccogliere i nomi dei loro antecessori, i cognomi delle rispettive famiglie e gli atti dei loro pontificati, come pure a segnare nell'anticamera dell'episcopio i nomi almeno di quelli più noti per santità, dottrina e azione pastorale, il vescovo Giorgi fece dipingere a sue spese, dallo stimato artista Antonio Gandini, le immagini di tutti i suoi antecessori, in gran parte evidentemente fantastiche per mancanza di autentici ritratti. Nel settembre 1600 trasportò le reliquie di S. Giulia nella chiesa grande del monastero. Istituì anche il Collegio delle Dimesse a Verolanuova cui diede regole molto apprezzate.
Pur di difficile carattere, dimostrò grande carità specie durante la peste del 1630. Durante l'interdetto non dimostrò coraggio, per cui si pensò che ciò gli avesse costato la porpora. Il vescovo, dapprima esitante, si era rivolto per consiglio ai gesuiti, ma poi, senza attendere il responso, per evitare di dover ingiungere al suo clero la continuazione degli uffici, si era portato a Mantova, nella giurisdizione dei Gonzaga.
Poco dopo però, dietro la minaccia del senato di rappresaglie sulla sua famiglia residente a Venezia, il 15 maggio era già di ritorno e nell'ottobre celebrerà un solenne pontificale in duomo. Frattanto fuggiva il vicario generale, monsignor Giulio de Terzi Lana, seguito qualche tempo dopo da un altro noto prelato, monsignor Aurelio Averoldi.
Caldeggiò la restaurazione della disciplina ecclesiastica e l'applicazione dei decreti del Concilio di Trento. Fu tra i più attivi promotori del VII Sinodo provinciale di Milano al quale intervenne attivamente. Celebrò almeno otto sinodi diocesani (senza contarne altri di cui non ci rimane traccia). Quelli documentati vennero celebrati il 27 agosto 1597, nel 1600, l'11-12-13 maggio 1604, nella Rotonda del Duomo, nel 1612, il 7 maggio 1613, in cui pubblicò l'elenco dei casi riservati, nel 1614, 1'11-12-13 maggio 1621, il 29-30-31 agosto e 1 settembre 1628. Quest'ultimo fu particolarmente movimentato per aver il vescovo fatto arrestare l'arciprete della cattedrale mons. Fenaroli ed aver imposto come rettore del seminario un religioso, il comasco p. Frusconi.
Quando poi il vescovo, per ripicca, impose come esaminatori sinodali quattro o sei frati, i preti "incominciarono a battere le panche e le mani e molti preti, alla notizia che il vescovo aveva mobilitato gli sbirri, si presentarono al sinodo armati di stili, pistole, ecc."
Il vescovo preferì rimandare il sinodo. Si preoccupò di curare soprattutto i mali spirituali dei fedeli e incitare i sacerdoti ai loro doveri e ad essere esempio al loro gregge. Inoltre, risolvere controversie in corso e sradicare ogni abuso disciplinare. Morì a Brescia il 28 agosto 1631 e fu sepolto in Duomo.
[1] Elenco dei Nunzi Apostolici del Granducato di Toscana: Giovanni Campeggi † (2 ago. 1560 - 28 nov. 1560 nominato nunzio per la Spagna), Giorgio Cornaro † (13 gen. 1561 - 8 feb. 1565 Dim.), Carlo Cicala (Cicada) † (15 giu. 1573 - 25 feb. 1576 Dim.), Alberto Bolognetti † (25 feb. 1576 - 10 sett. 1578 nominato nunzio presso la Serenissima), Giuseppe Donzelli, O.P. † (13 apr. 1586 - ago. 1587 Dim.), Giovanni Francesco Mazza de' Canobbi † (ago. 1587 - 1º giu. 1589 †), Michele Priuli † (10 apr. 1589 - 3 ago. 1591 Dim.), Carlo Montigli † (3 ago. 1591 - 27 feb. 1592 Dim.), Marino Zorzi (Giorgi) † (27 feb. 1592 - 26 ott. 1596 Dim.), Offredo de Offredi † (26 ott. 1596 - 8 ott. 1598 nominato nunzio presso la Serenissima), Domenico Ginnasi † (11 ago. 1598 - 5 mag. 1600 Dim.), Antonio Grimani † (11 lug. 1605 - 27 giu. 1616 Dim.), Pietro Valier (Valerio) † (27 giu. 1616 - 1621 Dim.), Innocenzo Massimi † (12 mar. 1621 - 24 giu. 1622 nominato nunzio per la Spagna), Ottavio Corsini † (4 apr. 1621 - 30 dic. 1623 Dim.), Alfonso Giglioli (Zilioli) † (20 ago. 1622 - 24 mar. 1630 †), Giorgio Bolognetti † (8 nov. 1631 - 26 mar. 1634 nominato nunzio per la Francia), Giovanni Francesco Passionei † (8 lug. 1634 - 20 feb. 1641 Dim.), Camillo Melzi † (20 feb. 1641 - 12 lug. 1643 Dim.), Annibale Bentivoglio † (20 apr. 1645 - nov. 1652 Dim.), Antonio Pignatelli del Rastrello † (2 nov. 1652 - 19 apr. 1660 Dim.), Stefano Brancaccio † (9 giu. 1660 - giu. 1666 Dim.), Lorenzo Trotti † (20 nov. 1666 - 25 apr. 1668 Dim.), Opizio Pallavicini † (26 mag. 1668 - 27 dic. 1672 Dim.), Carlo Francesco Airoldi † (5 nov. 1673 - 3 ott. 1675 Dim.), Gregorio Giuseppe Gaetani de Aragonia † (4 apr. 1676 - 15 giu. 1678 Dim.), Ercole Visconti † (15 nov. 1678 - 13 ott. 1680 Dim.), Giuseppe Archinto † (9 apr. 1686 - dic. 1689 Dim.), Tommaso Vidoni † (5 ott. 1690 - dic. 1697 Dim.), Tommaso Bonaventura della Gherardesca † (dic. 1697 - 1698 Dim.), Tommaso Ruffo † (10 mag. 1698 - mar. 1700 Dim.), Niccolò Caracciolo † (10 lug. 1700 - mar. 1703 Dim.), Antonio Francesco Sanvitale † (18 sett. 1703 - giu. 1706 Dim.), Niccolò Spínola † (nov. 1706 - sett. 1707 Dim.), Girolamo Mattei † (21 apr. 1708 - 11 ott. 1710 Dim.), Gerolamo Archinto † (28 mar. 1711 - mar. 1713 Dim.), Pier Luigi Parafa (Jr.) † (5 sett. 1713 - giu. 1717 Dim.), Gaetano Stampa † (3 mag. 1718 - 12 ott. 1720 Dim.), Lazzaro Pallavicini † (15 mar. 1721 - giu. 1731 Dim.), Fabrizio Serbelloni † (12 dic. 1731 - 31 mar. 1735 Dim.), Giovanni Francesco Stoppani † (15 apr. 1735 - giu. 1739 Dim.), Alberico Archinto † (17 nov. 1739 - apr. 1746 Dim.), Antonio Biglia † (17 ago. 1754 - 29 nov. 1755 †), Vitaliano Borromeo † (16 mar. 1756 - 12 dic. 1759 Dim.), Bernardino Honorati † (7 mar. 1760 - 23 apr. 1767 Dim.), Giovanni Archinto † (20 dic. 1766 - giu. 1769 Dim.), Marcantonio Marcolini † (19 ago. 1769 - feb. 1771 Dim.), Giovanni Ottavio Manciforte Sperelli † (13 giu. 1771 - dic. 1775 Dim.), Carlo Crivelli † (7 dic. 1775 - 12 mar. 1784 Dim.), Luigi Ruffo Scilla † (30 apr. 1785 - sett. 1793 Dim.), Giovanni Filippo Gallarati Scotti † (23 ago. 1793 - 3 ott. 1795 ), Antonio Maria Odescalchi † (20 giu. 1795 - 1801 Dim.), Giuseppe Morozzo Della Rocca † (11 mag. 1802 - 2 dic. 1807 nominato segretario della Congregazione dei Vescovi e Regolari, Costantino Patrizi Naro † (16 gen. 1829 - 19 giu. 1829 Dim.), Giacomo Luigi Brignole † (2 feb. 1830 - 10 feb. 1833 Dim.), Alessandro Franchi † (16 giu. 1856 - 5 mag. 1859 Dim.)

Giorgione o Giorgio da Castelfranco, pseudonimo di Giorgio Zorzi, o Zorzo[1]
(Castelfranco Veneto, 1478 circa – Venezia, 17 settembre 1510), è stato un pittore italiano cittadino della Repubblica di Venezia, importante esponente della scuola veneta. Nonostante la grande popolarità dell'artista in vita, si tratta di una delle figure più enigmatiche della storia della pittura. Non ha firmato alcuna opera e la ricostruzione del suo catalogo, nonché la determinazione dei significati iconografici di molte sue opere, è oggetto di numerose controversie e dibattiti tra gli studiosi. Fu attivo sulla scena pittorica veneziana per poco più di dieci anni, segnandola con un'apparizione repentina ma sfolgorante, che nella storiografia artistica ha poi assunto proporzioni leggendarie. Ricostruire la sua carriera artistica infatti, e tutti i suoi dipinti, è pressoché impossibile, considerato che non ha quasi mai firmato i suoi lavori. Tuttavia è considerato uno degli artisti più importanti del Rinascimento italiano, meritevole di aver indirizzato la pittura veneziana verso la modernità, innovandola soprattutto dal punto di vista del colore. Della sua gioventù, soprattutto prima di giungere a Venezia, non si sa praticamente nulla. Nella Repubblica, pertanto, sarebbe stato uno degli allievi di Giovanni Bellini, come il suo collega più giovane Tiziano Vecellio poco più tardi, il quale a propria volta avrebbe ricevuto il compito di terminare alcune celebri opere di Giorgione stesso, una volta morto. E' fuor di dubbio che l'appellativo, anzi l'accrescitivo del suo nome, è giunto solo dopo la sua dipartita, a segno della sua grandezza morale e, anche e soprattutto, fisica. Giorgio Vasari, nelle sue "Vite", sostiene che ad influenzare il pittore di Castelfranco Veneto sarebbe stato nche Leonardo da Vinci, di passaggio a Venezia proprio durante gli anni in cui, sicuramente, Giorgione si sarebbe trasferito, ossia a cavallo tra la fine del '400 e l'inizio del '500. L'amore per il paesaggio gli deriverebbe proprio dall'aver osservato a lungo il genio fiorentino.
È ancora alle parole del Vasari che bisogna rifarsi se si vuole dare qualche cenno circa la famiglia del primo, vero grande pittore veneto. Lo storico dice che l'artista è "nato d'umilissima stirpe", ma un suo collega, qualche secolo dopo, nel '600, ossia Carlo Ridolfi, sostiene l'esatto contrario, attribuendo al pittore una discendenza tra le "più comode del contado, di Padre facoltoso".
Il modo che ha di vivere, ben presto, da pittore della Serenissima, è di quelli che non lesinano eccessi. Frequenta circoli nobiliari, allegre brigate, belle donne. I collezionisti lo adorano, alcune famiglie influenti veneziane, come i Contarini, Vendramin e Marcello, lo proteggono, acquistando le sue opere ed esponendole nei proprio salotti, chiedendo significati simbolici e talvolta volutamente nascosti. È un umanista convinto, Giorgio, amante della musica e, anche, della poesia.
Circa le sue opere è cosa certa che "Giuditta con la testa di Oloferne" è un dipinto firmato dall'artista di Castelfranco. Realizzato ad olio, esso segna l'arrivo di Giorgione nella città di Venezia e l'inizio della sua breve e intensa carriera di pittore a corte. La data del dipinto non è superiore al 1505 e l'oggetto, scelto dal pittore, si rivela anche come una sorpresa, considerata che l'eroina biblica, fino a quel momento, non è mai stata protagonista dell'ispirazione di artisti a lui precedenti.
Gli anni giovanili del pittore veneto sono caratterizzati da un'iconografia perlopiù sacra. Nel contesto di questa produzione, si segnalano le opere "La Sacra Famiglia Benson", la "Adorazione dei pastori", "Allendale", la "Adorazione dei Magi" e la "Madonna leggente".
Altrettanto sicura è la datazione, ferma al 1502, di un'altra opera certa di Giorgione, dal titolo "Pala di Castelfranco". A commissionarla è il cavaliere Tuzio Costanzo per la propria cappella di famiglia, situata nel Duomo di Santa Maria Assunta e Liberale, nella località di Castelfranco Veneto. Questa committenza sottolinea come il pittore veneto abbia eseguito solo pochissimi lavori di carattere pubblico, prediligendo invece i rapporti con illustri privati, facoltosi e in grado di consentirgli di vivere in maniera agiata, come detto.
Per le istituzioni Giorgio da Castelfranco realizza solo un paio di lavori, almeno stando alle fonti. Si tratta di un telero per la Sala delle udienze in Palazzo Ducale, poi andato perduto, e la decorazione a fresco della facciata del nuovo Fondaco dei Tedeschi, della cui opera, attualmente, resta a mala pena un'immagine rovinata.
A conferma delle sue frequentazioni altolocate, ci sarebbe quella con Caterina Cornaro, presso la corte asolana, regina detronizzata di Cipro. Le due opere attribuite al pittore che riguardano questo periodo e questo tipo di ambiente sono "Doppio ritratto", ispirato con tutta probabilità all'opera "Gli Asolani" di Pietro Bembo, e il dipinto "Ritratto di guerriero con scudiero". Questo è un periodo molto difficile da decifrare della vita di Giorgione. A conferma di ciò, la difficile attribuzione di alcune delle sue migliori opere, come "Paesetti", "Tramonto" e la celebre "Tempesta".
Sempre al 1505 risale l'opera "Tre filosofi", sintomatica per i propri significati criptici, tanto richiesti dai committenti dell'artista quanto affascinanti per lui stesso, come dimostra tutta la sua ultima parte di carriera, altrettanto astrusa e misteriosa. L'unica firma di Giorgione è quella che egli mette nel 1506 sul "Ritratto di giovane donna detta Laura". Nel 1510, in piena epidemia di peste, Giorgione muore a Venezia, poco più che trentenne, probabilmente contagiato dal morbo. La conferma di questo dato, si evince dalla corrispondenza di questo periodo che riguarda Isabella d'Este, marchesa di Mantova, e Taddeo Albano. Questi, il 7 novembre dà la notizia della morte di "Zorzo", come lo chiama nella lettera, a causa proprio della peste. La data di morte si scoprirà poi in un documento: il 17 settembre 1510.
Opere di Giorgione
Le scarse testimonianze sulla sua vita e la mancanza di autografi rendono difficile anche l'attribuzione delle sue opere, a tutt'oggi in discussione. Soltanto una dozzina di opere possono essergli attribuite con assoluta certezza.
- Fregio delle arti liberali e meccaniche, 1496-1500, affresco, 77×1588 cm, Castelfranco Veneto
- Sacra conversazione, 1496-1500 circa, O.S.TV[2]., 51 × 81 cm, Venezia, Gallerie dell' Accademia
- Madonna col Bambino in paesaggio, 1498-1500, O.S.TL[3]., 44×36,5 cm, Ermitage S.Pietroburgo
- Sacra Famiglia Benson, 1500 circa, O.S.TV., 37,3 × 45,5 cm, Washington, National Gallery
- Adorazione dei pastori, 1500 circa, O.S.TV., 91 × 115 cm, Vienna, Kunsthistorisches Museum
- Ritratto di giovane, 1500 circa, O.S.TL., 73 × 54 cm, Budapest, Szépmûvészeti Múzeum
- Ragazzo con la freccia, 1500, O.S.TV. di pioppo, 48 × 42 cm Vienna Kunsthistorisches Museum
- Tre età dell'uomo, O.S.TL., 62 × 78 cm, 1500-1502, Firenze, Galleria Palatina
- Ritratto di arciere, 1500-1502, O.S.TL., 53,5 × 41,5 cm, Edimburgo, National Gallery of Scotland
- Adorazione dei pastori Allendale, 1500-1505, O.S.TV., 91 × 111 cm Washington National Gallery
- Pala di Castelfranco, 1502 circa, tempera su tavola, 200 × 152 cm, Castelfranco Veneto Duomo
- Doppio ritratto, 1502 circa, O.S.TL., 80 × 67,5 cm, Roma, Museo Nazionale di Palazzo Venezia
- Ritratto di Franc. Della Rovere, 1502, O.S.TV., 73×64 cm, Vienna, Kunsthistorisches Museum
- Prova di Mosè, 1502-1505 circa, O.S.TV., 89 × 72 cm, Firenze, Galleria degli Uffizi
- Giudizio di Salomone, 1502-1505 circa, O.S.TV., 89 × 72 cm, Firenze, Galleria degli Uffizi
- Ritratto di guerriero con scudiero, 1502-1510 circa, O.S.TL., 90 × 73 cm, Firenze, Galleria Uffizi
- Ritratto Giustiniani, 1503-1504 circa, O.S.TL., 58 x 46 cmm Berlino, Gemäldegalerie
- Giuditta con la testa di Oloferne, 1504 circa, O.S.TV., 144 × 66,5 cm, San Pietroburgo Ermitage
- Tre filosofi, 1504-1505 circa, O.S.TL., 123,5 × 144,5 cm, Vienna, Kunsthistorisches Museum
- Madonna leggente, 1505 circa, O.S.TL., 76 × 60 cm, Oxford, Ashmolean Museum
- Adorazione dei Magi, 1505 circa, O.S.TV., 29 × 81 cm, Londra, National Gallery
- Omaggio a un poeta, 1505 circa, O.S.TV., 59,7 × 48,9 cm, Londra, National Gallery
- Giovanni Borgherini col maestro-astrologo, 1505, O.S.TL., 47 × 60,7 cm Washington N. Gallery
- Tempesta, 1505-1508 circa, O.S.TL., 82 × 73 cm, Venezia, Gallerie dell'Accademia
- Tramonto, 1505-1508 circa, O.S.TL., 73,3 × 91,5 cm, Londra, National Gallery
- Ritratto d'uomo in armi, 1505-1510, O.S.TL., 72 × 56,5 cm, Vienna, Kunsthistorisches Museum
- Laura, 1506, O.S.TL., 41 × 33,6 cm, Vienna, Kunsthistorisches Museum
- Ritratto di vecchia, 1506 circa, O.S.TL., 68 × 59 cm, Venezia, Gallerie dell'Accademia
- Venere dormiente, 1507-1510 circa, O.S.TL., 108 × 175 cm, Dresda, Gemäldegalerie
- Nuda, 1508, dal Fondaco dei Tedeschi, 250 × 140 cm, Venezia, Gallerie dell'Accademia
- Sansone deriso (Concerto), 1508 circa, O.S.TL., 86 × 70 cm, Milano, collezione Mattioli
- Cristo portacroce, 1508-1509 circa, O.S.TL., 71 × 91 cm, Venezia, Scuola Grande di San Rocco
- Cantore appassionato, 1508-1510 circa, O.S.TL., 102 × 78 cm, Roma, Galleria Borghese
- Suonatore di flauto, 1508-1510 circa, O.S.TL., 102 × 78 cm, Roma, Galleria Borghese
- Ritratto d'uomo Terris, 1508-1510 circa, San Diego, San Diego Museum of Art
- Garzone con flauto, 1508-1510, O.S.TV., 61 × 51 cm, Londra, Hampton Court, coll. reale inglese
- Autoritratto come David, 1510, O.S.TV, 52×43 cm, Braunschweig, Herzog Anton Ulrich Museum
- Autoritratto, olio su carta riportata su tavola, 31 × 28 cm, 1510 circa, Budapest, Museo belle arti
- Ritratto di antiquario, 1509-1510, O.S.TL., 75 × 66, Londra, collezione Lansdowne
- Trio di Detroit, 1509-1510, O.S.TL., 84 × 69 cm, Detroit, Institute of Arts
- Cristo morto sorretto da un angelo, 1509-1510 circa, O.S.TL., 76 × 63 cm, New York, coll. privata
- Concerto campestre, 1510 circa, O.S.TL., 110 × 138 cm, Parigi, Museo del Louvre
- Gentiluomo con un libro, 1510, O.S.TL., 76,2 × 63,5 cm, Washington, National Gallery of Art.
- Apollo e Dafne, 1510 circa, O.S.TV., 64 × 130 cm, Venezia, Pinacoteca Manfrediana
Attribuzioni dubbie, opere di bottega o di seguaci
- Idillio campestre, 1500 circa, O.S.TV., 12 × 19 cm, Padova, Musei civici agli Eremitani
- Leda e il cigno, 1500 circa, O.S.TV., 12 × 19 cm, Padova, Musei civici agli Eremitani
- Astrologo (Orfeo e il Tempo), 1500 circa, O.S.TV., 12 × 19 cm, Washington, Phillips Collection
- Paesetto con figure, 1500 circa, O.S.TV., 12 × 19 cm, Washington, National Gallery of Art
- Elia nel deserto, 1501-1502, 20,3 × 29 cm, Rotterdam, Museo Boijmans Van Beuningen
- Madonna col Bambino fra due santi, 1508-1510 circa, 92 × 133 cm, Madrid, Prado
- Cavaliere di Malta, 80 × 64 cm, Firenze, Uffizi (attribuito a Tiziano)
- Concerto, 108 × 122 cm, Firenze, Galleria Palatina
- Cristo e l'adultera, 137 × 180 cm, Glasgow, Corporation Galleries
- Concerto, 76 × 99 cm, Hampton Court, collezioni reali inglesi
- David e Giuditta, affresco, 100 × 162 cm, Montagnana, Duomo (del Marescalco)
[1] Fonte: https://biografieonline.it/biografia-giorgione Biografia – grandi opere senza firma.
[2] O.S.TV = Olio su tavola
[3] O.S.TL = Olio su tela
ANTONIO DE ZORZI[1] (1770-1839)
Musicista molto attivo nell’ambito udinese, pur non ricoprendo alcun ruolo nelle istituzioni musicali cittadine, fu autore di un vasto repertorio di genere sacro e partecipò ai più importanti eventi storici con composizioni profane celebrative, spesso musicate su testi di don Domenico Sabbadini. D. Z. nacque a Udine il 17 gennaio 1770 e, insieme con i fratelli Carlo e Francesco, proseguì il mestiere del padre Giuseppe, che era orefice. Nulla è emerso sulla sua formazione musicale: se questa si svolse nella città d’origine, i suoi maestri saranno sicuramente stati Giovanni Battista Tomadini o Giacomo Rampini, che all’epoca ricoprivano nella cappella del duomo i posti di direttore e di organista. Le prime composizioni di D. Z. sono un mottetto datato 1795 e alcune litanie con organo obbligato del 1796; particolare successo ottenne la sua cantata Il Vaticinio, scritta per il battesimo del figlio di Napoleone ed eseguita al Teatro della Nobile società di Udine il 9 e 10 giugno 1811. Morì a Udine il 10 gennaio 1839 e il suo patrimonio musicale fu messo in vendita dagli eredi: tra gli strumenti musicali da lui posseduti erano compresi un pianoforte viennese a coda fabbricato da Johann Schant e una spinetta di Giovanni Antonio Baffo (Venezia, 1576). Alcuni manoscritti di D. Z. furono acquistati dal maestro G. B. Candotti, mentre altro materiale confluì nelle raccolte della Biblioteca civica di Udine. In occasione dell’anniversario di Girolamo Venerio, il municipio e il Capitolo acquistarono il manoscritto autografo della sua Messa da requiem, composta per i funerali del Canova ed eseguita il 19 aprile 1823 nella chiesa udinese dell’ospedale. I suoi figli, Carlo (nato nel 1814 e morto in giovane età) e Antonio (1833-1864), avuti dai due matrimoni con Caterina Zoletti e Domenica Biancuzzi, erano organisti. Alla Biblioteca civica di Udine è conservata la partitura dell’opera in due atti Tutti di amanti di una, Ossia l’amor ben guidato, musicata nell’anno 1833 dal «sig. Giuseppe Zorzi»: rimane da stabilire se l’autore di questo lavoro possa essere identificato con Giuseppe De Zorzi, primogenito di Antonio, nato nel 1794.
GIORGIO ZORZI D’ALEMAGNA[2]
(vissuto nel pieno ‘400) Organaro «de Viena», figlio di Giovanni, nel 1436 risultava residente in Tolmezzo, dove il 9 giugno firmava il contratto, in collaborazione con maestro Marco del fu Armani di Verona, per la fornitura di «unum solemne opus organorum» al Santo di Padova. Annullato l’accordo il 10 settembre dello stesso anno, maestro G. accettava di restaurare l’organo esistente nella cattedrale padovana. Nel 1437 si vedeva contestare dal committente Giovanni Pietro di Vendramino, con l’arbitrato di Nicolò Fiorini organista della cattedrale di Padova, uno strumento perché «discordatum et non ordinatum». È probabile che nel corso dello stesso anno avesse montato un suo strumento nella chiesa padovana degli Eremitani, mentre nell’agosto del seguente 1438, dopo aver sciolta una società con l’organaro Rodolfo del fu Giovanni tedesco, si impegnava a fornirne un altro per il vicino tempio di Carmelitani. Durante il gennaio 1439 accettava di costruire, per il ricordato Nicolò, sei positivi ciascuno dotato di tre registri: «Tenor, octava e quinta», dei quali però tre, nel successivo mese di settembre, dovevano essere ancora ultimati. Nel 1439 si trasferiva a Gemona per sistemare, dietro compenso di 40 ducati, dieci conzi di vino e quattro staia di frumento, un suo strumento nella pieve cittadina e il 1439 sarebbe anche, secondo Giuseppe Vale, l’anno di commissione dell’organo per la parrocchiale di Sacile, ma è più probabile che la data vada spostata (anche per contiguità cronologica con un’altra presenza friulana di maestro G. a Gemona per riparare lo strumento già da lui costruito nel 1439) al 1442, come assicurato da trascrizione notarile del contratto oramai perduto o smarrito. In base all’accordo, nell’arco di quattro mesi da concludere a Pentecoste, l’organaro avrebbe dovuto assicurare, per 38 ducati d’oro, «unum par organorum» con canne in stagno, accolto in cassa della lunghezza di sette spanne, dotato di tastiera di 26 tasti. Nel corso del 1442 G. riparava l’organo di Gemona. Tra il 1440 e il 1442 realizzava l’organo piccolo per la basilica del Santo in Padova e nel 1442-43 riparava quello del locale duomo. Il 1443 è anche l’anno in cui varava una società con Nicolò tedesco da Vienna e Girolamo di Simone fabbro di Alemagna: sono questi ultimi due che, in assenza di maestro G., firmavano il contratto per la costruzione di un organo nella chiesa padovana di S. Agostino. G. già nel maggio precedente si era fatto rilasciare dai massari dell’Arca del santo una lettera accompagnatoria, perciò è possibile che stesse già meditando il trasferimento verso altre sedi. Nel 1452-55 in effetti era impegnato nella costruzione dell’organo della cattedrale di Catania e nel 1456 la sua presenza è attestata alla corte di Alfonso I d’Aragona in Napoli. Dopo tali date, del maestro si perdono le tracce.
NICOLO’ DE ZORZI[3] (1742 – 1817 ??)
Nato a Gorizia il 27 luglio 1742 dai coniugi Antonio e Maria, compì gli studi di legge a Padova negli anni 1761-62. A questo periodo risale l’esercizio sul violino nella celebre scuola di Giuseppe Tartini, seguito dal trasferimento a Vienna con le prestigiose credenziali del maestro piranese. Nella capitale austriaca Zorzi. Trascorse il periodo dal 1763 al 1782 e qui incontrò il musicologo inglese Charles Burney, che lo ricorda nelle sue memorie. Burney, che lo chiama «signor Giorgi», ebbe modo di ascoltarlo suonare in trio nel settembre 1772 in casa del medico di corte Marc-Antoine Laugier; nella stessa serata si esibì al pianoforte una bambina prodigio, allieva dell’italiano «signor Giorgio», forse identificabile sempre con Zorzi. Nel 1783 il violinista goriziano rientrò in Friuli facendosi apprezzare in pubbliche accademie; nel gennaio 1785, «per le ottime informazioni avute delle di lui cognizioni, ed abilità, ed anche per li saggi pubblicamente dati in più incontri», venne scelto a ricoprire gli incarichi di primo violino nella cappella musicale del duomo e nell’orchestra del Teatro Nobile di Udine. Rivestì queste mansioni per oltre trent’anni, distinguendosi per le sue capacità artistiche. Nella seduta del consiglio municipale udinese del 22 novembre 1817 si rese noto che «per la mancanza del professore di violino sig. Niccolò de Zorzi» la città era rimasta priva di un valido maestro violinista. Non si comprende chiaramente se il de Zorzi. si fosse allontanato dalla città o se fosse morto; comunque questa rimane l’ultima testimonianza che lo riguarda e la sua morte va fatta risalire a quegli anni. Ad oggi non sono state ritrovate sue composizioni, anche se rimane il dubbio che un concerto per violino «del sig. S.n Giorgio», conservato nell’Archivio del monastero dei frati minori di Dubrovnik, possa essere attribuito al maestro goriziano. Lo sappiamo autore delle musiche per uno spettacolo di marionette intitolato Il giudizio di Paride, rappresentato a Udine nel 1795. Di quest’opera rimane solamente il libretto con il testo di Pietro Duodo; inoltre nello stesso anno, scrisse le musiche per i due melodrammi Andromeda e Ulisse.
[1] Internet: http://www.dizionariobiograficodeifriulani.it/
Libretti: Nella inaugurazione di monsignore Baldassare Rasponi elemosiniere di S. M. Napoleone imperatore e re cavaliere dell’ordine della Corona di ferro arcivescovo di Udine. Cantata per musica dell’ab. D. S. musica del Sig. A. de Z., Udine, Pecile, 1808; Il Vaticinio. Cantata eseguita nel Teatro di Udine per festeggiare la nascita del re di Roma primogenito di S. M. Napoleone il Massimo imperatore, e re nella giornata dei 9 giugno 1811, Udine, Vendrame, 1811. A. DE ZORZI, Il Vaticinio, cantata per soli, coro virile e orchestra, revisione di D. Zanettovich, Milano, Sonzogno, 2000.
DBF, 292; P. PERUZZI, La musica funebre del signor Antonio De Zorzi filarmonico valorosissimo pei funerali 19 aprile 1823 di Antonio Canova. Sonetto, Udine, Vendrame, 1823; VALE, Udine, 172-173; DELLA PORTA, Case, 172, 252, 365, 413; Ori e tesori. Dizionario, 360-362; Pietro Alessandro Pavona e la musica sacra a Palma, Palmanova, Circolo comunale di cultura Nicolò Trevisan, 1996, 30, 32, 81, 140-143; U. NENSI - N. NIGRIS - E. TONOLO, Catalogo del fondo musicale della Biblioteca Comunale di Treviso, Venezia, Fondazione Levi, 1998, 1272-1273; NASSIMBENI, Paganini, 32, 34, 50, 72-75, 96, 97, 98, 99, 101, 105, 108, 110, 114, 116, 117, 134-136, 140; ZANINI, Cividale; ZANINI, Udine; G.B. CANDOTTI, Gli scritti musicali, a cura di L. NASSIMBENI, Udine, Pizzicato, 2008, 30, 114, 115, passim.
[2] Internet: http://www.dizionariobiograficodeifriulani.it/
VALE, Organo, 9-10; LUNELLI, Studi, 15, 30, 190-191, 192, 201, 212, 220; PARONI - BARBINA, Arte organaria, 23, 66; MORETTI, L’organo, 63; GRATTONI, Gemona, 84.
[3] Internet: http://www.dizionariobiograficodeifriulani.it/ Libretti: Il giudizio di Paride melodramma per musica in verso sciolto da rappresentarsi dalle marionette dirette dall’Orsola Rebecchi poesia del signor Pietro Duodo musica del signor maestro Nicolò de Zorzi dedicato a sua eccellenza Pietro Canal luogotenente d’Udine, Udine, Murero, 1795.
A. COSTA, Studenti foroiuliensi orientali, triestini ed istriani all’Università di Padova, «Archeografo Triestino», 21 (1896), 127; C. BURNEY, Viaggio musicale in Germania e Paesi Bassi, a cura di E. FUBINI, Torino, EDT, 1986, 106, 107; A. ARBO, Musicisti di frontiera. Le attività musicali a Gorizia dal Medioevo al Novecento, Mariano del Friuli, Edizioni della Laguna, 1998, 37, 63, 91; R.M. COSSAR, Vecchia Liuteria Goriziana. La famiglia Pelizon. 1939, introduzione di L. NASSIMBENI, Cremona, Cremonabooks, 1999, X, XIV; NASSIMBENI, Paganini, 27, 55-58, 86, 87, 88, 94, 96, 100, 140; L. NASSIMBENI - A. ZANINI, Giovanni Battista Tomadini (1738-1799). La vita e il catalogo delle opere, Udine, Pizzicato, 1999, 33.

Conte ALVISE ZORZI (1846 – 1922)
Il conte Zorzi nacque a Venezia il 21 gennaio 1846. La sua carriera nell’amministrazione dei beni culturali iniziò nella città natale: nel 1879 fu segretario del Museo civico Correr e nel 1882 divenne viceadiutore straordinario alle regie Gallerie di palazzo Ducale; poi continuò in Friuli e fu contrassegnata dalla lunga direzione del Museo archeologico di Cividale, che egli detenne rivestendo vari incarichi professionali: il 19 maggio 1886 fu nominato preposto alla conservazione del museo; dal 1892 al 1894 fu adiutore; nel 1896 e 1897 viceispettore, dal 1898 al 1900 ispettore, dal 1901 ispettore facente funzioni di direttore. Fu il primo professionista a rivestire quest’ultimo incarico, che in precedenza era stato affidato a canonici cividalesi. Al momento del suo insediamento, l’istituto dipendeva amministrativamente dalle regie Gallerie di palazzo Ducale di Venezia, mentre i reperti in esso conservati erano di proprietà del comune. L’amministrazione cittadina lo invitò, subito dopo la nomina, a provvedere alla stesura di un catalogo completo del patrimonio archivistico ed archeologico del Museo. Maturò allora in ZORZI l’idea della necessità di accorpare in un unico istituto il Museo, la Biblioteca ex capitolare e l’Archivio capitolare. Successivamente fu accolto anche l’Archivio storico del comune, tanto da formare un «solo grandioso istituto» che avrebbe dovuto divenire un polo di riferimento antichistico per tutto il territorio mandamentale. Strettamente connessa a questa esigenza, era anche la ricerca di una nuova e più ampia sede che sostituisse quella allora utilizzata, nel collegio dei padri somaschi. L’accorpamento degli archivi si concluse definitivamente nel 1899, con il trasferimento anche di quello delle monache benedettine del monastero di S. Maria in Valle. Dal 1896 la nuova sede fu il palazzo de Nordis, ristrutturato per essere adatto alle nuove esigenze. Tutte queste operazioni non furono di facile realizzazione. I lavori di palazzo de Nordis erano proceduti con estrema lentezza e, in occasione di una assenza di ZORZI, in modo difforme dal progetto che egli aveva contribuito a redigere. Inoltre, ZORZI dovette intervenire nel contenzioso che da anni era in corso tra il Regno d’Italia ed il Capitolo cividalese, che reclamava la restituzione di quanto era stato avocato dallo Stato in seguito alle leggi postunitarie. Questa vertenza, rinfocolata anche da chi approfittò per metterlo in cattiva luce presso le autorità locali e superiori, fu conclusa soltanto il 26 settembre 1896, con un accordo che consentì al Museo di detenere gli oggetti di maggior valore storico-artistico. In ambito archeologico ZORZI si mosse nella stessa direzione, adottando ogni possibile intervento finalizzato al conferimento nel Museo dei reperti provenienti dal territorio, non solo rinvenuti, per mezzo di scavo programmato o di emergenza, ma anche acquisiti mediante donazione, acquisto o deposito. La sua prima irrituale iniziativa fu la pubblicazione sulla stampa locale di un appello ai ventidue sindaci del mandamento, nel quale chiedeva di essere informato del ritrovamento di strutture o reperti archeologici. Sostenne una logorante lotta con il Capitolo cividalese per ottenere il deposito dei materiali archeologici da esso posseduti, soprattutto altomedievali. Inoltre fu spesso autore di trattative con privati per l’acquisto di oggetti rinvenuti in scavi occasionali. Infine istituì il “Registro dei depositi e doni” che, sotto la sua direzione, raggiunse i 217 “lotti” di oggetti, che trovarono collocazione in museo. A seguito di queste iniziative, in quegli anni le raccolte museali si arricchirono notevolmente. Ad esempio furono acquistate da privati le due iscrizioni dedicate ad Ercole provenienti da Gagliano, scoperte nel 1870 (Pais, Suppl. Ital., 375 e 376), e nel 1893 e 1899 vi furono trasferiti rispettivamente i due monumenti funerari dei Fabii e dei Vettidii (CIL V, 1765 e 1767), conosciuti fin dal XV secolo, ma ancora collocati uno presso il campanile del duomo e l’altro nel fornice dell’arsenale veneto. Non avendo una specifica preparazione al riguardo, ZORZI non sentì il bisogno di condurre campagne di scavo (ma nel 1894 furono fatti due infruttuosi tentativi di ottenere l’autorizzazione a compiere degli scavi all’interno delle chiese di S. Martino e S. Francesco); si verificarono, tuttavia, delle scoperte fortuite, importanti soprattutto per l’epoca longobarda (tombe od oggetti longobardi nel fondo Zurchi, presso la collina di S. Mauro, la chiesa di S. Pietro dei Volti, la stretta S. Valentino, l’attuale piazza della Resistenza). In questi casi ZORZI fu sempre pronto a divulgare le novità sulla stampa locale e ad impedire (o tentare di farlo senza successo, come nel caso dello scavo della necropoli protostorica di San Pietro al Natisone) la dispersione dei materiali. Nel 1899, in occasione delle celebrazioni per l’XI secolo dalla morte di Paolo Diacono, pubblicò una guida del Museo, che allora fu considerata alla stregua di un documento ufficiale ed ancora oggi è il punto di partenza di ogni studio condotto sui materiali depositati. In essa non mancò di accennare alle «troppe contrarietà inqualificabili» che lo avevano ostacolato nel suo lavoro. Anche durante il periodo cividalese, ZORZI si mantenne in contatto epistolare con l’intellettuale inglese John Ruskin, del quale condivideva le idee sul cosiddetto “restauro romantico”: entrambi si opponevano agli interventi eccessivamente aggressivi in voga all’epoca, che comportavano nella pratica una sostituzione dell’originale con un nuovo oggetto ampiamente integrato. Da questi scambi di idee derivò un contributo fortemente critico nei confronti dei progettati interventi alla basilica di S. Marco, che costituisce ancora oggi un testo fondamentale nella storia del restauro architettonico («di fatto tutto ciò che è nuovo, liscio, imbiancato, o raspato, fa piacere a molti, i quali se potessero, darebbero il bianco a tutti i palazzi, chiese e monumenti di Venezia»). Nel 1904 ZORZI, dopo alcuni precedenti tentativi infruttuosi, ottenne il trasferimento a Venezia. Una minuta manoscritta autografa di quell’anno, conservata nella Biblioteca del Museo cividalese, presenta una sintesi complessiva della sua attività nella sede friulana. Nel 1905 fu nominato ispettore dell’ufficio regionale per la conservazione dei monumenti del Veneto e dal 1907 direttore a palazzo Ducale. Un aspetto non marginale della personalità di ZORZI è la passione per la pittura, in particolare la ritrattistica, che gli permise di ottenere commissioni importanti, tra cui spicca quella per il ritratto della regina Margherita di Savoia, esposto a Venezia in palazzo Barbi Valier. Nel periodo friulano dipinse i ritratti dei mons. Giovanni Battista Candotti e Iacopo Tomadini, esposti in occasione delle onoranze che la città rese ai due personaggi nell’anno 1888, e del commendatore Michele Leicht, suo amico personale, che, nel 1895, aveva inutilmente proposto come ispettore agli scavi e ai monumenti per il circondario di Cividale e di San Pietro al Natisone, in sostituzione del defunto Marzio de Portis. Morì il 10 marzo 1922. In suo onore, due anni più tardi, nell’ingresso della sede museale cividalese fu collocata una lapide che ne commemora l’attività.
Bibliografia
MANC, Archivio, Museo. Rendiconti 1869-76, fasc. Elenco lavori (gestione A. Zorzi) 1886-1904 e seguenti (contiene un autografo di Z. in cui l’autore rivisita i punti salienti della sua attività di direttore del Museo archeologico di Cividale).
A. ZORZI, Osservazioni intorno ai ristauri interni ed esterni della Basilica di San Marco con tavole illustrative di alcune iscrizioni armene esistenti nella medesima di Alvise Piero Zorzi fu Giovanni Carlo, Venezia, Tip. Ongania, 1877; A. ZORZI - G. MAZZATINTI, Inventari dei manoscritti dell’archivio e della biblioteca ex-capitolari di Cividale del Friuli, Forlì, Tip. Bordandini, 1893; A. ZORZI, Notizie, Guida e Bibliografia del Museo di Cividale del Friuli, Cividale, Tip. Fulvio, 1899.
E. PAIS, Corporis Inscriptionum Latinarum. Supplementa Italica, Consilio et auctoritate Academiae Regiae Lynceorum edita, I, Additamenta ad vol. V Galliae Cisalpinae, Romae, Salviucci, 1884; M. BENCIVENNI - R. DALLA NEGRA - P. GRIFONI, Monumenti ed Istituzioni, II. Il decollo e la riforma del servizio di tutela dei monumenti in Italia, 1880-1915, Firenze, Alinea, 1992, 323-336 (con l’indicazione degli incarichi ricoperti da Z. nell’amministrazione dei beni culturali); M. TROI, Breve storia del Museo Archeologico di Cividale del Friuli, attraverso l’attività dei suoi direttori, «Forum Iulii», 24 (2000), 74-75; A. VASSALLO, Alvise Pietro Zorzi, primo direttore del Museo Archeologico Nazionale di Cividale, «La Panarie», 33 (2001), 65-72; EAD., Alvise Zorzi, primo direttore del Museo Archeologico di Cividale, vita e attività attraverso le fonti documentarie, «Quaderni cividalesi», 27 (2002), 59-88; S. COLUSSA, La ricerca archeologica nel territorio di Cividale tra la seconda metà dell’Ottocento e i primi del Novecento, in Alexander Wolf, 125-131.