La storia passata e gloriosa / La Patrizia Famiglia Giorgi

 

Le notizie scritte sulla famiglia Giorgi sono state prese da

 

LA PATRIZIA FAMIGLIA GIORGI ed è stato fatto un sunto.

CENNI DI VINCENZO ZANETTI

TIPOGRAFIA MUNICIPALE DI GAETANO LONGO anno 1871 .

 

 

Vincenzo Zanetti (Murano17 aprile 1824 – Murano7 dicembre 1883) è stato un presbitero e storico italiano.

Nacque a Murano il 17 aprile 1824, da fanciullo lavorò come apprendista presso una fabbrica di conterie (suo padre Vettore era un maestro in conterie), ma sentendo subito la vocazione per il sacerdozio frequentò il Seminario patriarcale, dove venne ordinato sacerdote nel 1850[1]. Finito il seminario si dedicò agli studi sulla storia ed, in particolare, della storia della sua isola e dell'industria vetraria.

A partire dai primi anni del 1860 si legò ad alcune personalità veneziane, che appoggiarono la sua proposta dell'istituzione di un Archivio storico, nel quale il sacerdote voleva raccogliere più documenti possibili sulla storia di Murano. Successivamente spinse perché, oltre all'archivio, venisse istituito un Museo civico vetrario che raccogliesse le testimonianze dell'arte del vetro attraverso i secoli, per ridare lustro all'arte vetraria e rilanciarne l'industria che stava attraversando una profonda crisi. Ottenuta l'approvazione, nel 1861 venne fondato il Museo Civico Vetrario e nel 1867 la Biblioteca popolare circolante di Murano, di cui lo Zanetti fu fondatore e poi direttore fino alla morte.

La sua opera di promozione dell'arte vetraria non si fermò al solo museo; nel 1862 ottenne il permesso di aprire una scuola di disegno applicato all'arte vetraria

La sua attività non si limitò a queste realizzazioni, fu uno dei fondatori del periodico La Voce di Murano, di cui fu direttore fino alla morte; inoltre la sua sapienza nelle arti e negli studi storici lo resero illustre a livello nazionale ed internazionale.

Dell'Abate Zanetti è la biografia Degli studi e delle opere del pittore Sebastiano Santi lettura fatta all'Ateneo di Venezia il 22 giugno 1871, in cui si narra della vita di Sebastiano Santi,corredata dal catalogo cronologico dei 357 modelli dell'artista presenti nel Museo di Murano.

Dopo una vita tanto operosa, morì quasi improvvisamente il 7 dicembre 1883, lasciando tutti i suoi averi al museo.

 

LA FAMIGLIA ZORZI

(Giorgio o Giorgi) … e da qui De Giorgi e anche Degiorgi.

 

Dalla Germania all’Italia nel 411

Tutti i cronisti e genealogisti veneti, dai più antichi ai più recenti, riconoscono l’origine della nobilissima famiglia veneziana Giorgio o Giorgi, detta volgarmente Zorzi, dai principi della Moravia e della Slesia.

La casata, che arriva dalla Germania, è formata da uomini ricchi, illustri, potenti e valorosi. Molti di questi militarono sotto i vessilli dell’Imperatore Onorio ed arrivarono in Italia. Il fatto è avvenuto nel 411 d.C.

Si fermarono nella città di Pavia. Qui divennero ben presto signori di molte terre e di molti castelli, tanto oltre il Po che nella Lomellina e tra questi rami, molti furono meno nobili, più borghesi, contadini (qui sembra proprio di riconoscermi)

 

Da chi prese il proprio cognome questa famiglia

Al tempo in cui era vescovo di Pavia sant’Epifanio, la città subì un terribile assedio per mano dei Barbari. Un valorosissimo capitano di nome GIORGIO, raccolte le sue genti, seppe così tanto combattere non solo da difendere la città ma da liberarla dall’assedio, mettendo fine agli assedi.

Giorgio dava il proprio nome alla sua famiglia, che dopo 16 secoli, ancora esiste. I membri di questa famiglia portano quindi un nome glorioso cioè il nome del loro capostipite che compiva l’atto più generoso, altruista e magnanimo che era quello di liberare la patria dai despoti e dai tiranni a discapito della sua vita.

Chi fece parte di questa casata, non mentì mai al nome ed alle gesta di Giorgio.

Una parte della famiglia rimane nella Lombardia, un’altra emigra nelle venete lagune

 

I Barbari non smisero di assediare le nostre terre. Dai Goti di Alarico, ai Vandali di Radagasio, agli Unni di Attila (detto “il flagello di Dio”). Fu allora che per la terza volta i popoli delle città minacciate da queste continue invasioni, ripararono nelle isole della laguna veneta. Fra questi ci furono molte persone della famiglia Giorgi. Una parte di questa casata rimaneva a Pavia, un’altra si trasferiva nella Venezia marittima. Quello che viene affermato dallo storico Vincenzo Zanetti (nel 1871) è confermato e comprovato dalla “dotta” penna del senatore Bernardo Giorgi (o Berardo), senatore veneziano che intorno alla metà del XVI secolo, scriveva a Pietro Giacomo Giorgi, nobile pavese, esponendogli che l’origine delle due famiglie Giorgi/Giorgi, la lombarda e la veneta, era la stessa. Si ha ragione di credere quindi che i Giorgi di Pavia e i Giorgi (detti volgarmente Zorzi) di Venezia, abbiamo in comune la medesima origine cioè la casata dei Giorgi, discendenti di quel cavalier Giorgio.

Alle asserzioni del senatore Bernardo Giorgi fanno eco quelle del conte Jacopo Zabarella[1] nelle sue opere dove dice che la casa Giorgi (la casata dei Giorgi), tanto illustre in Venezia, aveva tratto la sua origine dai conti del Ticino già discendenti loro stessi dai Duchi di Moravia.

Di questo ne parla anche Casimiro Frescot[2] e anche Bartolomeo Malfatti[3]  in epoche più vicine a noi. Tutti fanno entrare la famiglia Giorgi fra le più antiche e le principali di Venezia, fatta di gente buona d’animo, valorosa, ricca ma generosa. I Giorgi, con tanti altri profughi, fondarono la città di Venezia, abitavano a Malamocco, passarono ad abitare in Rivoalto e furono sempre al governo della “pubblica cosa” per lunghissimo tempo.

Il senatore Bernardo (o Berardo) Giorgi non mentiva affatto dicendo che i suoi antenati fondarono su quell’ “instabile elemento” (così lui lo definiva intendendo la laguna) la potente Venezia, splendore della nostra “italica terra”.

Unde hanc cum sociis Urbem extruxere potentem

quae splendor vere est totius Italiae.



[1] Jacopo Zabarella, spesso indicato come Giacomo Zabarella (Padova5 settembre 1533 – Padova15 ottobre 1589), è stato un filosofo italiano. Ne parla ne L’Opera Logica, Venezia 1578

[2] Casimir Freschot (Morteau1640 circa – 20 ottobre 1720) è stato uno storico e traduttore francese. Ne parla nella sua opera Li pregi della Nobiltà Veneta abbozzati in un giuoco d'arme di tutte le famiglie. Venezia 1682

[3] Bartolomeo Malfatti (Mori25 febbraio 1828 – Firenze1892) è stato un geografostorico ed etnografo italiano. Nel parla nell’opera: Il quadrilatero, la valle del Po e il Trentino, Milano, Editori della Biblioteca utile, 1866.

 

I Giorgi furono sempre preposti al Governo della Repubblica – Ne occupano fin dai primi secoli le cariche più importanti

 

Fino al tempo in cui la storia di Venezia incomincia a farsi meno incerte e più veritiera, tra tutti colori che hanno trafficato nei suoi affari, si riscontra anche la famiglia Giorgi.

  • Foscaro Giorgi, nell’anno 804 era tribuno e si unì con altri nobili per spodestare il Doge Giovanni Galbajo che reggeva in modo dispotico e tirannico la patria.
  • Gregorio Giorgi, figlio di Foscaro, abitava a Malamocco, faceva parte del Maggior Consiglio e passava a dimorare in Rialto.
  • Pietro Giorgi, nell’anno 857 fu capitano valorosissimo essendosi distinto in molte guerre contro i Dalmati e contro altre genti.
  • Nel 905 un Alberto Giorgi fu spedito come oratore all'imperatore di Costantinopoli;
  • nel 934 un Girolamo Giorgi viene mandato anch’egli come oratore a Lodovico Re delle Gallie.
  • Nell'anno 1009 un Gregorio Giorgi figlio di Andrea fu vescovo di Venezia.
  • Giovanni Giorgi e Pietro Giorgi, nel 1112 sottoscrivono il privilegio di esenzione concesso dal Doge Domenico Michieli alla città di Bari.
  • Come nel 1152 un Domenico Giorgi e nel 1153 Andrea Bono Marsiglio e Tribuno Giorgi sottoscrivono l’altro atto di quietanza fatto dal Doge Domenico Morosini e dal suo Consiglio ai nobili della casa Baseggio.

Vengono trovati molti membri della famiglia Giorgi come elettori del Doge e più precisamente nelle elezioni di Sebastiano Ziani (1170), Orio Malipiero (1178), Pietro Ziani (1205), Lorenzo Tiepolo (1229) Marino Morosini (1249), Jacopo Contarini (1275), Giovanni Soranzo (1312), Francesco Dandolo (1328), Andrea Dandolo (1342), Marino Falier (1354).

I Giorgi quindi figurano sempre tra i primi nel sostenere il governo della “pubblica cosa”, nell’essere chiamati a ricoprire le più delicate cariche.

Intanto, a testimoniare come fino dai primi tempi della Repubblica stessa i Giorgi si erano resi benemeriti della patria, sia in pace che in guerra, fu la parte presa del Maggior Consiglio il 6 aprile 1426 quando la famiglia Giorgi veniva investita della contea di Zumelle.

I Giorgi conquistano Curzola e Meleda – ne divengono conti – perché abbia assunto questa famiglia nel proprio scudo la fascia vermiglia in campo d’argento – cessione delle dette isole – La Repubblica investe i Giorgi della contea di Zumelle – Testimonianza in lode di questa famiglia del Maggior Consiglio.

 

  • Marsiglio Giorgi, che il Sanuto[1] chiama “Pedone”, che Paolo Morosini[2] chiama “Pappone” ed altri chiamano “Filippo” (?) nell’anno 1128 riconquistava le isole di Curzola e Meleda nella Dalmazia. La Repubblica, secondo i patti convenuti, faceva Marsiglio, conte di quelle città con il diritto che questa carica passasse ai suoi posteri fino al 1357. Nel 1250, gli isolani si ribellarono al conte Pietro Giorgi il quale li fece tornare all’obbedienza. Durante la guerra perse la sua bandiera, scaccheggiata d’oro e vermiglio ma non si perse d’animo e al posto del vessillo perduto in battaglia, sventolò un bianco lino tinto del suo sangue che gli grondava dalle ferite riportate. Questo fu l’atto eroico che gli valse la vittoria e per suggellarla definitivamente, ad eterna memoria, lasciava il vecchio vessillo mettendo nello scudo la fascia vermiglia in campo d’argento.
  • Un altro Marsiglio Giorgi, di chiarissima fama, già conte di Ragusa, si riconobbe conte di Curzola nel 1256. Dopo i sanguinosi conflitti avvenuti sotto il Pietro Giorgi, fortificò le mura ed aggiornò alcune leggi. Nel 1271 morì senza figli e per questo le sue ultime volontà furono quelle di lasciare il dominio dell’isola ai suoi più prossimi parenti. Il potere passò a Ruggiero Giorgi.

La famiglia tenne Curzola fino al 1357. Poiché la Repubblica di Venezia ruppe il patto di pace con il Re d’Ungheria, nel febbraio 1358 fu indotta a cedere la Dalmazia ad ogni titolo e diritto sui possedimenti di essa. Curzola e Meleda, di cui i Giorgi avevano il dominio, entravano in questa cessione. Giovanni Giorgi, ultimo conte di Curzola, cedava il suo dominio dopo più di due secoli e poiché sapeva che il Governo della Repubblica era assai generoso, chiedeva per l’anno seguente, il 1359, qualche compenso.

La Repubblica, più avanti, recuperati i possedimenti della Dalmazia e quindi anche queste isole, volle essere benevola con i generosi conti Giorgi investendo nell’anno 1422 Giorgi Giorgi ed i suoi discendenti della contea e del castello di Zumelle detto volgarmente Mel nella provincia di Belluno. Le parole del Maggior Consiglio furono molto onorifiche ed esprimevano in lode dei Giorgi, il 6 aprile 1426, la suddetta investitura.

Citava la menzione: “Considerando i fatti e le gesta con cui i nostri nobili concittadini antenati di Giorgi Giorgi ed il Giorgi medesimo hanno operato in terra ed in mare per l’esaltazione del nostro stato, gli concediamo per grazia il Castello ed il vicariato di Zumelle”.

Un possedimento enorme, che contava diciannove ville, venne conservato dai Giorgi fino agli ultimi tempi della Repubblica (la fine del ‘700 pertanto)



[1] Marin Sanudo conosciuto anche con il nome italianizzato di Marino Sanuto il giovane (Venezia22 maggio 1466 – Venezia4 aprile 1536) è stato uno storico e politico italiano di origini veneziane, attivo come diarista e cronista a cavallo tra il XV e il XVI secolo.

[2] Paolo Morosini (Venezia 1408 – Venezia 1482), storico, personaggio politico veneziano. Scrive, tra tante sue opere, Memoria attorno alla Repubblica, in latino, volgarizzato da Giovanni Cornaro nel 1508

I Giorgi marchesi della Bondonizza, conti di Lampsac, di Caristo, di Sebenico, di Ragusi, di Trau, di Zara, di Nona, di Pago, duchi di Candia, Castellani di Corone, di Spalato, di Corfù, di Muggia, di Crema

 

Nicolò Giorgi, figlio di Francesco, si dimostrò molto valoroso, soprattutto nella guerra che Venezia sosteneva ripetutamente contro i Dalmati e contro i Turchi. La Repubblica severa e terribile nel punire i codardi ed i traditori, quanto grande nel premiare e nell'esaltare i valorosi ed i patrioti, volle premiare le azioni di Nicolò investendolo nel Marchesato della Bondonizza, facendolo anche conte di Lamsac e di Caristo, castello, quest’ultimo, situato nell’isola di Negroponte che contava 2432 abitanti.

Nelle trattative di pace tra Venezia e Maometto II, nel 1454 venivano introdotti espressamente alcuni articoli che conservavano il possesso di Lampsac non solo a Nicolò Giorgi ma, a Dio piacendo, anche ai suoi discendenti. Ma questa terra venne tenuta soltanto fino al 1470 quando lo stesso ferocissimo Maonetto II ruppe il giuramento invadendo Negroponte e facendo una vera e propria carneficina. Tra i superstiti ci furono i Giorgi che scapparono a Venezia.

I Giorgi non furono soltanto marchesi della Bondonizza e conti delle terre suddette ma, in varie epoche, ressero Sebenico, Ragusa, Traù, Zara, Nona e Pago. Furono anche duchi di Candia, castellani di Corone, di Spalato, di Corfù, di Muggia e di Crema.

I Giorgi e la guerra di Chioggia – Dardi Giorgi sopracomito[1] di galea.

Prestiti fatti alla patria dai singoli censiti di questa famiglia, il loro nome e le contrade dove abitavano.

 

Sarebbe bene che un obblio eterno coprisse quelle tremende ed accanite lotte con cui nell'età di mezzo le varie città d'Italia furono una contro l’altra. Genova e Venezia, odiate rivali, sullo scorcio del secolo XIV combatterono tra di loro. Anche se la guerra di Chioggia pose la Repubblica nella condizione forse peggiore di quella in cui trovava ai tempi di Pipino, e più tardi della lega di Cambrai, mise pure in luce quanto possa valere nei petti umani la carità della patria. In tale occasione i Veneziani mostrarono che non potevano fare di più per difendersi. Ma si dimostrarono valorosi, fino alla fine, fino alla morte. .

Intanto anche la nobile famiglia Giorgi si mostrò degna del suo nome, della sua fama e di Venezia, in occasione della guerra di cui parlo. Le antiche memorie ricordano, tra i membri della famiglia Giorgi, un Dardo Giorgi, senatore e comandante di galea che insieme a tanti altri valorosi si univa nel 1379 al doge Andrea Contarini e partiva alla volta di Chioggia in mano dei genovesi, segnalandosi nel recupero di quella città con atti di molto coraggio.

Per aiutare la patria non occorre soltanto sacrifici di sangue e di vite ma anche sostanze. Così i Giorgi, all’appello della Repubblica che chiedeva ai suoi concittadini un aiuto di prestiti in denaro, risposero generosamente. Non è fuori luogo riportare i nomi di tutti i Giorgi che fecero prestiti in questa occasione, annotando anche i nomi delle contrade dove abitavano. Ecco, in quella nota, come figurano i Giorgi (che vengono riportati volgarmente come Giorgi):

 

Sestier di Castello

San Zuane Nuovo:

Polo Giorgi L. 500

 

Sestier di San Marco

S. Moisè:

Bernardo Giorgi L. 1800

D. Orsa Giorgi L. 500

S.Maria Zubenigo:

Bernardo Giorgi L. 750

Bernardo Giorgi qm Marco L. 1100

D. Filippa Giorgi L. 300

Fantin Giorgi qm Marco L. 4000

Lorenzo Giorgi L. 700

Zammaria Giorgi L. 1300

Zuanne Giorgi qm Marin L. 4000

S.Samuel:

D. Orsa Giorgi L. 5500

Pangrati Giorgi L. 5500

Sant’Anzelo:

D. Biriola Giorgi L. 7000

Dardi Giorgi L. 5000, D.Faustina Giorgi L. 1500

Faustin Giorgi L. 2000, Giorgi Giorgi L. 3000

S.Paternian:

Francesco Giorgi L. 2000

S. Salvador:

S.Fantin Giorgi L 10.000

 

Sestier di Canaregio

S.Zuanne Grisostomo:

Donna Fontana Giorgi L. 750

S.Cantian:

Nicolò Giorgi L. 700

 

Sestier di Osso Duro

S. Agnese:

Sier Bertuzi Giorgi L. 6000

Sier Marco Giorgi L. 3000

S. Barnaba: Pietro Giorgi L. 1,000

Santa Malgarita:

D. Agnesina Giorgi L. 1000.

 

Sestier di Santa Croce

Santa Maria Mater Domini:

D. Maddalena Giorgi. L. 1000

 

Totale L. 70.200

 

I censiti appartenenti alla famiglia Giorgi che vivevano in Venezia nel 1379 erano ventisette, sparsi in tredici contrade, e contribuirono la somma di L. 70.200 somma ragguardevolissima, se si considera il valore del denaro a quei tempi.



[1] Il sopracomito (dal latino comes, "compagno") fu in alcune marine medievali e rinascimentali il titolo assegnato al comandante di una galera o di una nave mercantile. A lui erano riservati ad estrema poppa della galera due piccoli ambienti: lo studietto e la camera.

 

I Giorgi percorrono le varie magistrature

 

Ricordare anche solo i nomi di tutte le persone appartenenti alle famiglie Giorgi che furono chiamate a percorrere le varie magistrature, sarebbe già esaustivo. Una casa che conta in Venezia tanti secoli di esistenza convalidati dalla storia, che mantenne sempre ottima riputazione ed i cui discendenti, anche con il passare del tempo, figurano in tutt’i consigli, in tutte le cariche, in tutte le magistrature, non rende certo facile il compito di passare in rassegna quanto abbia essa operato nel reggere la pubblica cosa. I Giorgi oltre che conti, castellani, duchi, podestà, camerlenghi e capitani nelle varie città del veneto stato, si trovano in tutti i posti più elevati, in tutt' i più gelosi e malagevoli ministeri, e molte volte entrano tra i primi nella creazione di nuove magistrature.

L'essere poi assai spesso rieletti alle cariche che venivano loro affidati, mostra che sapevano mostrava interezza, sapienza, operosità ed amore inappuntabili. Tra i tanti si ricordano Michiele Giorgi che nel 1084 era tra i provveditori per ľ abbondanza della città e Domenico Giorgi provveditore nel 1152 alla fabbrica della torre di S.Marco. Chi consigliò poi la Repubblica a creare i governatori fu un Vinciguerra Giorgi che nel 1428 era presidente della nuova magistratura. Le fortificazioni di Ravenna s' innalzano mentre Pietro Giorgi, eletto nel 1457, regge col titolo di podestà e capitano quella città: uno dei quattro provveditori spediti in Friuli a fortificare Gradisca nel 1479 è un Domenico Giorgi, e un Nicolò Giorgi nel 1497 figura officiale sopra le ragioni. Allo stesso modo vogliono essere ricordati Luigi Giorgi destinato nel 1570 a presiedere all'erezione del famoso ponte di Rialto ed alla non meno imponente fabbrica del palazzo Ducale, mentre un altro della stessa famiglia e dello stesso nome presiede vent'anni dopo al taglio del Po.

Dice lo Zanetti nella sua storica ricostruzione: “Ho ricordato soltanto questi ma non posso dimenticare i tantissimi nomi dei Giorgi insigniti come procuratori di San Marco, di oratori presso gli stati esteri, eletti generali e capitani d’armata in terra ed in mare. Non dimentichiamo che tra i Senatori della Giunta, tra i Savi del Consiglio, agli Ordini, alla Mercanzia, tra i Riformatori della città di Padova, i Regolatori dei Dazi, tra gli Avogadori di Comun, i Capi della Quarantia civil Nova, gli Inquisitori dell’Arsenale, i Provveditori alla Milizia del Mar (Venezia Stato de Mar), alle pompe, Conservatori alle leggi, sopra Consoli, sopra ori e monete, sopra fondi ed in varie altre magistrature e cariche politiche, la famiglia Giorgi non lasciò minor fama di tante altre tra le più nobili e le più illustri che hanno onorato la patria di Venezia”.

 

Il doge Marino Giorgi o Zorzi 

 

Una delle glorie della famiglia Giorgi, è l'aver dato un uomo meritevole per dignità della patria. Fu questo il doge Marino Giorgi che per la sua somma pietà e per le sue eminenti virtù fu denominato il “santo”. Il doge Marino figlio di Matteo succedeva a Pietro Gradenigo che resse la Repubblica in tempi non facili tra i quali la Serrata del Maggior Consiglio, la congiura di Bajamonte Tiepolo e la scomunica inflitta a Venezia dal Pontefice Clemente V. Marino Giorgi per altro non si era acquistato soltanto fama di uomo pietoso, probo ed integerrimo ; egli aveva anche molta reputazione per conoscenza e pratica pubblica, avendo sostenuto con onore in patria le cariche più cospicue, eletto nel 1303 ambasciatore a Roma, e designato pure nel 1310 ambasciatore presso l'Imperatore Enrico III in occasione della sua venuta in Italia , carica che poi dovette abbandonare per “la grave sua età” (Marino era già molto anziano).Quindi Marino, dopo la morte del Doge Gradenigo avvenuta il 13 agosto del 1311 non entrava tra i quarantuno elettori del nuovo doge, per cui le cronache narrano che “passando per il cortile del palazzo, gli animi indecisi sulla scelta del candidato, vedendolo come uomo di eccellente condotta, lo proclamassero a Doge pochi giorni dopo la morte del suo predecessore”. Marino aveva 80 anni.

Altre cronache vogliono che venisse eletto in sostituzione di Stefano Giustinian il quale, “spaventato dal grave carico, dopo un giorno dalla sua elezione, avrebbe rinunziato, e si sarebbe fatto monaco in San Giorgi. Quindi, gli animi indecisi degli elettori, scelsero improvvisamente Marino Giorgi”. In sostanza, il dogato di Marino fu breve e quindi, poco fecondo di avvenimenti.

Sotto di lui, la città di Zara si ribellò[1] per la sesta volta e sebbene tentasse con tutte le sue forze per farla ritornare all’obbedienza, egli morì senza il conforto di vederla pacificata. Non poté vedere nemmeno che il Pontefice levasse la scomunica alla cara sua patria, sebbene egli virtuoso e santo avesse posto in opera tutti i mezzi per giungere a tale fine che desiderava tanto. Venezia non fu ribenedetta sotto di lui, ma sotto il suo successore, il doge Giovanni Soranzo. Ebbe però la consolazione di veder definite molte questioni, che fino al 1303 tenevano divise Padova e Venezia da ribelli che vennero poi allontanati.

Intanto Marino Giorgi, gravemente malato, non mentiva alla sua religione, alla sua pietà, alle sue rare virtù per cui, due giorni prima di morire, nel dichiarare le sue ultime volontà ordinava che con i suoi beni fosse acquistato un terreno e qui si erigesse un monastero per dodici religiosi dell’ordine dei predicatori ed un ospizio per raccogliere poveri bambini e ragazzi d’ambo i sessi. Fu il primo a Venezia a piantare le basi di un’opera cristiana, filantropica e civilizzatrice. Gli orfanotrofi, gli asili infantili, le Opere Pie non sono una creazione moderna ma molto antica e Marino fu uno dei primi ad iniziare tutto questo. Le parole del Giorgi imponevano ai suoi Commissari di fondare, a sue spese, un ospizio dove fossero raccolti bambini e fanciulli minorenni, poveri ed indigenti d'ambo i sessi, provvedendo loro alloggio, nutrimento, vesti, cura e sorveglianza.

Oggi nelle città italiane come a Venezia si ricordano i nomi dei più grandi cittadini per intitolare ad essi le più utili e benefiche istituzioni. L’associare pertanto il nome di Marino Giorgi ad una di quelle opere di carità fiorenti nella sua patria, sarebbe cosa non solo bella e decorosa ma santa. Il doge Marino Giorgi finiva il suo tempo nell’età di 81 anni, dopo aver regnato dieci mesi e dieci giorni, il 14 luglio 1312.

La sua salma veniva interrata senza alcuna pompa funebre per causa della scomunica nel secondo chiostro del monastero dei Ss. Giovanni e Paolo. A perenne ricordo del suo grato animo, i monaci ponevano, nel 1763, la seguente iscrizione che andò poi dispersa:

 

“Marinus Giorgius Venetiarum Dux – cui a sanctitate vitae sancti cognomen fuit – sextam Iadrensium defectionem vindicans – Dalmasium Hispanum proditorem poenas luere vidit – Divo Domenico fanum proprio sumptu – Cum proximo xenodochio edificavit – Utrunque donariis perpetuis instruens – At ducatus mense X excessit a vita sal. An. M CCC XII – Inclito ad munificentissimo Principi cujus ossa – Beatam spem expectantia hic humi – Requiescunt – hujus coenobii alumni G. A. E. P. An. S.N. M DCC LX III.

 

L’effige del nostro doge, cinquantesimo nella serie dei principi di Venezia, si trova nella sala del Maggior Consiglio.



[1] Il motto del doge Marino fu: TEMPORE MEO REXI IADRAMET REBELLANTEM PERDONAVI (Nel tempo in cui fui Re, perdonai Iadera (ora Zara) che si stava ribellando. La città di Zara anticamente si chiamava Iadra o Iadera.

 

I Giorgi: capitani, generali, provveditori d’arme: i loro valori e le loro imprese.

 

Ogni volta che Venezia si trova in pericolo, chiede aiuto ai suoi figli, valorosi e coraggiosi. Venezia registra nella sua storia intere famiglie di veri patrioti, di veri eroi che con la loro magnanimità fecero grandi imprese. Fra queste famiglie, quella dei Giorgi, che vanta uomini valorosissimi e fortissimi in guerra i quali corsero sempre pronti a combattere per la difesa e per la salute della loro patria ed a versare per essa il proprio sangue.

Vengono ancora ricordati Giovanni Giorgi che nel 1043 essendo governatore di galea contro Zara ribelle, perde la vita; Giorgi Giorgi capitano di mare valorosissimo nel 1070 nella guerra contro i Normanni, Paolo Giorgi e Michiele Giorgi, il primo capitano di galea nel 1177 contro Federico Barbarossa, il secondo nel 1199 contro Ragusa. Quando fu doge Enrico Dandolo, i Giorgi non mancavano di grande valore a Zara e Costantinopoli e Francesco Giorgi di Negroponte, capitano di galea lo seguì in tutte queste imprese. Vengono ricordati anche Leonardo Giorgi che cadeva sotto Durano, di Marco Giorgi che dal 1217 al 1218 generale delle navi della Repubblica sotto il doge Pietro Ziani fermò il conte Alemanno corsaro di Brindisi che minacciava l’isola di Candia e lo portò con altri 90 prigionieri a Venezia; Pietro Giorgi ricordato nell’impresa di Curzola, il quale rese tributaria l’isola di Rodi guidata dal signore Simeone Gaulo; di Marsilio Giorgi, bailo in Soria che scacciò da Acri e da Tiro il bailo che vi stava per l’imperatore Federico; di Antonio Giorgi generale nel 1270 in terra ed in mare contro i Genovesi e i Bolognesi; di Giovanni Giorgi detto “il grande” che moriva nel 1307, illustre per molti fatti di guerra. E fu grande anche quel Fantino Giorgi generale e cavaliere che nel 1382 strappava Tenedo alle tensioni di Antonio Muazzo , liberava il mare dai pirati e che per la Repubblica, prendeva possesso di Corfù, meritando così la sua effigie che veniva collocata nel panteon del Palazzo Ducale tra i più importanti senatori.

Qui la storia non si ferma; va avanti e circonda di luce altri nomi della casata dei Giorgi. A Cipro contro gli Uscocchi, a Lepanto nella famosa guerra di Candia, in Negroponte, nell’Istria, nella Dalmazia, nell’Albania, a Bergamo, nella Valtellina, in tutte le guerre sostenute dalla Repubblica, si trovano i Giorgi capitani, generali, provveditori di terra e di mare e sempre militi valorosi.

Antonio Giorgi nel 1570 capitano d’ordinanza nel difendere Nicosia perse la vita; Pietro Giorgi nel 1571 comandante di galea ha combattuto a Candia ed un altro, Luigi Giorgi salpa da Venezia per Lepanto, dove avverrà una delle più grandi battaglie sul mare. Memorabile fu l’intrepidezza di Giovanni Giorgi nell’assalto dato dai Turchi al forte di Sant’Andrea in Candia, come Marino Giorgi cadeva da eroe nel 1694 contro i Turchi medesimi.

I Giorgi giureconsulti e diplomatici

 

Le leggi e la diplomazia sono elementi indispensabili alla vita di una nazione e se ci sono uomini sapienti sia sotto l’uno che l’altro aspetto, tanto di guadagnato.

Venezia, fin dalle origini, non fu mai priva di tali uomini. E da loro, Venezia può ricavarne prosperità, ricchezza, ingrandimento, forza e lunga vita. Fra questi uomini di legge e diplomatici, tra i primi, troviamo degli elementi della famiglia Giorgi. Tra questi Marsilio Giorgi, conte di Ragusa, nel 1242 per ordine del Senato, essendo bailo a Tiro raccoglieva molte importanti notizie circa le leggi che governavano questa città. Diede gli statuti a Curzola. Fra altri si ricorda un Marco Giorgi, dell’ordine dei Servi, autore di varie opere, tra la fine del 300 e l’inizio del 400.

Marino Giorgi, senatore veneziano nel XVI secolo, corresse le leggi urbane della città.

Ne dovrei citare un numero spropositato ma qui mi fermo. E i Giorgi che si distinsero nella diplomazia non furono di certo pochi, quelli che furono ambasciatori in terra, in mare, in patria e fuori.

Tra quelli più famosi, Pietro Giorgi, che nel 1308 viene mandato dalla Repubblica, ambasciatore al pontefice Clemente V, Giovanni e Giorgi Giorgi figli di Ruggiero Giorgi, inviati nel 1352 a Jacopo e Francesco Carrara, signori di Padova, Pancrazio Giorgi fu uno degli elettori del doge Marin Falier, inviato come diplomatico nel 1354 a far pace tra Padova e Vicenza.

Ambasciatori importanti furono anche Antonio Giorgi inviato a Re Ludovico d’Ungheria nel 1381, Nicolò Giorgi andato a Roma nel 1420 per gestire gli affari del Patriarcato di Aquileia creato cavalerie dal papa Martino V per grande stima e abile diplomazia. Fu anche ambasciatore in Turchia ma venne imprigionato.

A Nicolò Giorgi poi segue Girolamo Giorgi senatore che sostenne varie legazioni per la sua patria nel 1475 in Costantinopoli presso il Sultano, nel 1491 in Roma presso il pontefice Alessandro VI, nel 1498 a Luigi Re di Francia: anche Marino Giorgi nel 1512 presso il Cadorna vice Re di Napoli, 1513 e nel 1515 presso Leone X; Giorgi Giorgi ambasciatore in Olanda nel 1626 e nell’anno seguente residente alla corte di Francia, nel 1632 ambasciatore straordinario presso Ladislao Re di Polonia. Marino Giorgi II nel 1667 alla corte di Spagna poi a quella di Vienna, Gabriello Giorgi nel 1688 a Vienna; Marino figlio di Marino I bailo a Costantinopoli e due volte ambasciatore a Roma nel 1695 e nel 1710.

I Giorgi cultori della poesia, delle lettere e delle scienze.

 

Uno della schiera dei poeti provenzali di maggior rilievo fu Bartolomeo Giorgi, intorno al 1250. Imparò l’arte della poesia lirica dimorando con altri poeti alla corte dei conti di Provenza. Esistono diverse canzoni famose tra le quali una contro i Genovesi che molestavano Venezia con le armi. Andando in Romania viene fatto prigioniero e condotto a Genova in cui legò in amicizia con il poeta trovatore Bonifacio Calvo. Dopo settte lunghi anni di carcere, fu liberato ma morì poco dopo. Anche il padre di Bartolomeo, Marco Giorgi, fu famoso per aver declamato in versi esametri la vita del fondatore del proprio ordine Filippo Benizzi. E il senatore Bernardo Giorgi (o Berardo) con la medesima metrica, pubblicò a Venezia, nel 1547, l’Epitome principum venetorum.

Poeta colto fu Filippo Giorgi (di Pietro) che sullo scorcio del XVI secolo scrisse in lode della propria consorte Modesta del Pozzo, che sotto lo pseudonimo di Moderata Fonte dettò rime eleganti. E Alessandro Giorgi fu un grammatico, filosofo e scienziato di grande spessore.

Ma i Giorgi non furono soltanto cultori della poesia ma anche uomini letterati e di scienza.

Si parla ancora di Marsilio Giorgi (o Basilio in altri documenti), non solo come uno dei più antichi fondatori della legislatura veneta ma addirittura il capostipite.

Si ricorda anche un Gisberto Giorgi, domenicano, dottore e teologo che figura nel 1367; Marino Giorgi di Bernardo, dottore, filosofo e oratore che scrisse De efficientia primi motoris, Alessandro Giorgi coraggioso e colto viaggiatore che sullo scorcio del XV secolo si diresse in Grecia ed andò in Egitto allo scopo di riportare utili informazioni sul territorio e preziosi oggetti; Andrea Giorgi, uno dei fondatori nel 1557 dell’Accademia nella quale tenevano cattedra Luigi Giorgi e Alessandro Giorgi.

Si ricorda Benedetto (o Benetto) Giorgi pubblico bibliotecario chiamato dallo storico Vincenzo Bianco, “gran filosofo, gran teologo, gran giureconsulto e poeta singolare, oratore, famoso historico, cosmografo, matematico, padrone della lingua greca, latina ed italiana”.  A questi si aggiunge Cecilia Giorgi, cultrice delle lettere e Marc’Antonio Giorgi, cultore della lingua italiana nel secolo XV e per finire lo storico Pietro Giorgi vissuto nell’800, dotto scrittore, autore del libro Cecilia di Baone ossia la Marca Trivigiana al finire del medio evo.

Padre Francesco Giorgi

 

Uno dei tanti uomini straordinari e ricchi di ingegno fu Francesco Giorgi. Nacque il 17 aprile 1460 da Benedetto Giorgi e da Bianca Cornaro. I genitori, in memoria di un loro antenato lo chiamarono Dardi. Fin da giovane mostrò un’intelligenza fuori dal comune, in grado di imparare ed apprendere tutto, soprattutto lo studio della filosofia di Platone. La sua famiglia era molto facoltosa ma lasciò questi agi per abbracciare la regola dei Frati Minori prendendo il nome di Francesco. Fornito di ogni più bella virtù e ricco di molto sapere, i suoi superiori l'obbligarono a leggere, nella propria comunità, filosofia e teologia, ed apprese, oltre che la lingua greca, le lingue arabica, siriaca, caldea, e l'ebraica della quale fu grande e valente maestro. Dalla sua scuola uscirono uomini distinti come Arcangelo Pozzo che a Roma sostenne le tesi bibliche di Pico della Mirandola. Quando poi padre Francesco Giorgi progrediva nel suo sapere, fece vita ascetica.

Superiore del monastero di S. Francesco detto della Vigna nella sua patria, essendo la vecchia chiesa in cattivo stato, pensò di farne costruire una più decorosa. Mentre venivano esequiti i lavori, che si conducevano dietro il modello del Sansovino[1], insorse contesa tra i procuratori della fabbrica. Il Giorgi veniva eletto dal doge Andrea Gritti a stendere il proprio giudizio nella questione che si agitava. Rispose prontamente e il Sansovino si obbligò di stare ai precetti dettati dal padre Francesco che erano stati approvati.

Il veneziano minorita, versatissimo in tutte le scienze, precettore di lingue orientali, scrittore in prosa ed in versi, profondissimo negli studi della Sacra Scrittura, veniva salutato dagli stessi stranieri come l’uomo più dotto dello “Stato Veneto”. Fu un grande conoscitore della Qabbalah[2] ebraica.

Un grave fatto teneva occupati, a quell’epoca, tutti i più grandi giureconsulti e teologi: il divorzio di Enrico VIII con Catterina d’Aragona. Non si mancava quindi di presentare la grande questione al padre Giorgi il quale scriveva in favore di Enrico su questi fatti che lo riguardavano. Egli era in molta stima con la corte di Roma, anzi risulterebbe, che il pontefice Clemente VII avesse mostrato desiderio di sapere il giudizio del dotto francescano padre Giorgi.

Fu lodato dagli uomini del tempo, d’Italia, d’Inghilterra, della Francia, della Germania. Lo stesso Pietro Aretino lodò altamente il religioso. Si rifugiò nella città di Asolo per finire gli ultimi giorni della sua vita il 1 aprile 1540. Da una parte la scienza, la virtù, l’ascetismo, dall’altra lo sfarzo, le delizie e gli amori delle sue origini, della sua agiata famiglia Giorgi. Rinunciò a tutti per una ruvida tunica, per una rigida povertà.

Il suo testamento prevedeva che la sua salma si ponesse dentro un’urna di marmo nella chiesa di San Girolamo, sopra la quale si scolpissero gli stemmi dell’ordine francescano, di Asolo e della casa Giorgi, la sua famiglia. L’urna recava le seguenti iscrizioni:

I.H.S.

Ossa Francisci Georgi P. Veneti Theologi.

Post Mundi Numeros et sacrae Aenigmata Legis

Ad quaesita rogat carmine docta Patres.

Dura haec saxa tegunt quod Fatis deuit, Astra

Mens habet, et summa vivit in arce Jovis.

Hic. P.R.D. obit MDXXXX die primo mensis aprilis Anno An.Ae. S. LXXX



[1] Jacopo Sansovino al secolo Jacopo Tatti detto il Sansovino (Firenze2 luglio 1486 – Venezia27 novembre 1570) è stato un architetto e scultore italiano. Fu il Proto (massimo architetto) della Repubblica di Venezia dal 1529 fino alla morte, poi sostituito dall'architetto veneto Andrea Palladio.

[2] La cabalacabbalaqabbaláh o kabbalah (in ebraico: קַבָּלָה‎?, letteralmente 'ricevuta', 'tradizione'[1]) è l'insieme degli insegnamenti esoterici propri dell'ebraismo rabbinico, già diffusi a partire dal XII-XIII secolo[2]; in un suo significato più ampio, il termine intende quei movimenti esoterici sorti in ambito ebraico con la fine del periodo del Secondo Tempio.[3]

Un prete di casa Giorgi, sul principio del IX secolo impara dai greci l’arte di fabbricare gli organi.

Benedetto Giorgi, valente maestro di musica.

 

L'organo è una delle stupende invenzioni del l'ingegno umano! Oltre mille anni fa fu un veneziano il primo a fabbricarlo e farlo conoscere in occidente. L'uso degli organi era tutto altro che comune alle occidentali contrade nei primi secoli della chiesa. È dunque una gloria per Venezia il fatto che un suo cittadino sull'alba del secolo IX ha recato dall'oriente l'arte di fabbricare tali strumenti, e che l'ebbe poi diffusa nella Francia e nella Germania. E’ un vanto nobilissimo per la famiglia Giorgi, essendo che da essa è uscito il valente ed operoso artista e maestro che ha portato tra noi la stupenda invenzione.

Infatti tutte le memorie storiche si accordano nell’ammettere essere stato di Venezia e di quel prete di casa Giorgi, che imparò dai greci questa nobile arte. E certo quest’arte e il duca Balderico che reggeva per i Franchi il vicino Friuli lo chiamava alla propria corte. E questi lo conduceva in Aquisgrana e lo presentava all'imperatore Lodovico. E qui il bravo maestro si dava ben presto a conoscere per valentissimo, costruendo per l'imperatore un organo meraviglioso. Il Giorgi non tornò più in patria, perchè il Re Lodovico gli fece dono dun di una ricca abbazia e stabiliva la sua dimora nel suolo di Francia.

È da credere però che prima di partire da Venezia abbia ammaestrato qualche suo concittadino nell'arte che egli professava. Avendo toccato quest’argomento non passerò sotto silenzio un altro prete, valente maestro di musica uscito egli pure dalla famiglia Giorgi nel passato secolo. Fu questi Benedetto Giorgi, che da Venezia sua patria si recava nel 1722 in qualità di maestro prima a Firenze, poi maestro di cappella nella basilica di S. Giovanni in Laterano e finalmente alla corte del Re di Portogallo.

I Giorgi procuratori di S. Marco

 

Una delle più splendide cariche era quella dei procuratori di S. Marco e prima di dare la serie degli Giorgi che furono insigniti di così alta onorificenza, dirò qualcosa in breve. La carica di procuratore aveva inizialmente il solo governo della chiesa di S. Marco, vale a dire tutto ciò che ne risguarda la fabbrica, l'ordine interno, l'amministrazione. Questa carica si fa risalire fino al tempo dell'edificazione della primitiva basilica, quando dalla città di Alessandria si trasferiva a Venezia il corpo del santo Evangelista. In seguito ai procuratori vennero affidate maggiori cariche; da uno divennero tre e giunsero fino a nove. Procuratori De Supra si chiamavano quelli che si occupavano della chiesa, De Ultra e De Citra vale a dire al di là e al di quà del Canal Grande, quelli che avevano in mano il governo delle Commissarie (testamenti, legati). Tale dignità considerata la prima dopo quella del doge, era vitalizia, e non si conferiva se non a cittadini che avessero meriti di patria, era il premio che compensava coloro che avevano prestato i più grandi servigi alla Repubblica. Ricordando qui adunque i singoli personaggi della prosapia Giorgi, che furono insigniti della splendida dignità di procuratori, io non faccio altro che mettere in rilievo un punto assai sfolgorante nella storia di questa nobilissima casa. I cronisti ed anche qualche storico seguendo alcune antiche memorie registrano fino dal IX e dal X secolo vari tra i Giorgi elevati alla dignità di procuratori; in base a documenti provanti, registro soltanto i nomi di quelli rispetto ai quali ne ho certezza che abbiamo ottenuto l’altra onorificenza. La famiglia Giorgi quindi, vanta a procuratori di S. Marco i seguenti:

  • 1212 – 9 febbraio: Graziano Giorgi, nominato il grande, della contrada di San Benedetto, elettore del doge Pietro Ziani – voti 399 contrari 284
  • 1277 – 28 agosto: Jacopo Giorgi della contrada di Santa Maria Zobenogo, già elettore del doge Jacopo Contarini con voti 302, contrari 202
  • 1301 – 18 gennaio: Giovanni Giorgi della contrada di S. Fantino con voti 425, contrari 201
  • 1591 – 17 novembre: Luigi Giorgi figlio di Benedetto Provveditore Generale di Corfù di nome glorioso, con voti 896, contrari 305 – de ultra.
  • 1615 – 19 gennaio: Luigi Giorgi figlio di Paolo già Savio del Consiglio, con voti 876 contrari 475 – de ultra.
  • 1635 – 27 agosto: Luigi Giorgi figlio di Gabriele Provveditore Generale in Terraferma con voti 732, contrari 294 – de Citra
  • 1695 – 18 dicembre: Marino Giorgi  II, figlio di Marino I con esborso di ducati 25 con voti 849, contrari 67 – de supra
  • 1700 – 6 giugno: Gabriele Giorgi, figlio di Jacopo già Savio del Consiglio con l’esborso di ducati 25, con voti 854, contrari 73 – de ultra

Se furono questi Giorgi innalzati per i loro meriti eminenti alla grande dignità; gli ultimi due entrano tra gli aggiunti che potevano aspirare alla carica mediante un esborso pecuniario che era devoluto per i bisogni della guerra, e ciò in forza dei pubblici decreti 2 dicembre 1691 e 21 dicembre 1692. L’illustre storico e senatore Andrea Morosini fece l’elogio del procuratore Luigi Giorgi figlio di Paolo. Il Morosini ne loda la virtù, lo spessore morale e l’intelligenza, affermando che “quando Luigi saliva alla tribuna e parlava, pareva riempisse di se quell'aula così vasta, sfolgoreggiante d'oro, decorata delle immagini di tanti fortissimi e sapientissimi Principi e delle tele rappresentanti le gesta più gloriose operate dagli eroi della patria”.

I Giorgi elevati alle dignità più eminenti della chiesa:

 

La famiglia Giorgi non diede solamente uomini distintissimi nelle armi, nella giurisprudenza, nella diplomazia e nei vari generi di cultura, ma anche alla chiesa.

  • Gregorio Giorgi figlio di Andrea, come accennai più addietro, nel 1009 veniva fatto vescovo di Olivolo ossia di Venezia.
  • Nel 1194 Marco Giorgi succedeva a Leonardo Venier nella dignità di abate dell'illustre cenobio di S. Giorgi Maggiore nella sua patria, e vi rimase fino all'anno 1220. Sotto il suo governo per l'acquisto fatto da Enrico Dandolo della città di Costantinopoli le cose dei Monaci nell'Oriente migliorarono di molto.
  • Prelato di somma bontà fu Andrea Giorgi creato nel 1331 da papa Giovanni XXI vescovo di Caorle.
  • Gisberto Giorgi domenicano oltre che per la sua vasta dottrina, per le sue esimie virtù, il 2 luglio del 1367 fu chiamato ad occupare la Sede vescovile di Parenzo nell'Istria.
  • Marino Giorgi spedito nunzio a Firenze dal Pontefice Clemente VIII nel 1596 passava a reggere la chiesa di Brescia in luogo del cardinale Morosini.
  • Giovanni Giorgi dopo di avere occupato la carica di vice delegato di Bologna speditovi da Alessandro VII, veniva eletto nel 1663 anch'egli a pastore della chiesa bresciana.

Memorie e monumenti degli Giorgi nelle chiese di Venezia

 

Molte sono le chiese di Venezia nelle quali la famiglia Giorgi serba memorie e splendidi monumenti. Il Cav. Emanuele Cicogna, illustrò le iscrizioni, e le tombe che gli Giorgi possedevano nelle distrutte chiese di S. Maria dei Servi, di S. Domenico, di S. Basilio, della Trinità, nelle soppresse di S. Gregorio, di Santa Maria delle Vergini e quelle che stanno nelle tuttora sussistenti di S. Giovanni in Olio (S. Zuanne Novo) e di S. Andrea. Ma gli Giorgi possiedono memorie e monumenti oltre che nelle chiese suddette e nella soppressa di Santa Maria della Carità, nelle chiese dei Santi Ermagora e Fortunato (San Marcuola), di S. Moisè, di S. Francesco della Vigna, di S. Paolo (S. Polo), di S. Antonino, di S. Salvatore, di S. Nicolò, di S. Stefano e di S. Michiele di Murano. Tra le più belle è quest’ultima. E’ un’urna elegantissima di stile lombardesco che rinserra le spoglie mortali di Contarina Giorgi, morta nel 1564. L’urna si trova nella cappella del Sacramento, ora di San Francesco, nella parete a destra. Nella chiesa poi di Santo Stefano di Venezia, tra gli altri monumenti, uno a Marino Giorgi, senatore, ed uno all’altro senatore non meno illustre, Francesco Giorgi. Il monumento innalzato a Marino che moriva nel 1532 di anni 66, è formato da una elegante e ricca urna portante una bella e dotta iscrizione che riassume le gesta del sepolto, l’altro eretto a Francesco Giorgi morto nel 1588 è composto di due colonne sostenute da un basamento; sopra l’urna sta il busto che ne rappresenta l’effige.

Arma gentilizia della famiglia Giorgio – Varianti che ha subite.

 

Secondo quello che hanno lasciato scritto i cronisti ed anche gli storici, l'arma più antica usata dalla patrizia famiglia Giorgi sarebbe stata il leone nero rampante in campo d'oro. A questa si sarebbe sostituito lo scudo scaccheggiato di rosso e d'oro, a cui avrebbe fatto seguito lo scudo con la fascia rossa orizzontale in campo d’argento. Sulle prime due si sa poco dell’argomento ma non è così rispetto alla terza. L'origine della fascia vermiglia orizzontale in argento è onorifica e gloriosa. Essa infatti fa ricordare il prode capitano Pietro Giorgi che nel 1250 riconquistava la ribellata isola di Curzola. Molti storici e cronisti lo affermano. Anche il Barbaro[1] afferma che la fascia vermiglia in campo bianco risale alla conquista di quel l'isola onde poi tutti de Ca Giorgi la levarono, sebbene questo scrittore non ammetta essere stata prima di questa l'aria gentilizia degli Giorgi scaccheggiata d'oro e vermiglia, ma piuttosto d'oro e di azzurro. Casimiro Frescot[2] nel suo libro la Nobiltà veneta, egli pure ammette l'origine dell'arma dei Giorgi portante la fascia vermiglia in campo di argento, e narra del sunnominato Pietro Giorgi che nell'anno «1250 essendo generale delle forze della serenissima Repubblica e scorrendo trionfante li mari , rese tributaria l'isola di Rodi dominata da Simeone Gaulo, e portatosi a rimettere nell'obbedienza il proprio stato di Curzola, avendo nell'ardore della pugna perso il suo stendardo , espose alle militie per supplire alle insegne un lino intinto nel proprio sangue, che reso vincitore volle lasciar ai posteri per arma della famiglia, come eterno monumento dell'impresa e stimolo all' ardore d'imitare la sua generosità».

E certo fino dal secolo XIII quest’arma della fascia vermiglia in campo di argento la si vede usata dagli Giorgi; tale l’usa il doge Marino ed anche i procuratori di San Marco usciti da una tal casa intorno a questa epoca e dopo di essa.

Altra variante ha subito l’arma dei Giorgi, e questa io sono d’avviso in secoli posteriori: lo scudo con la fascia vermiglia in campo d’argento inquadrata con gigli d’oro in campo azzurro. Il padre Coronelli[3], nel Blasone Veneto pubblica sei disegni di armi gentilizie dei Giorgi col seguente ordine:

  1. Fascia vermiglia in campo d’argento
  2. Scaccheggiata di argento e di azzurro
  3. Fascia rossa in campo di argento inquadrata coi gigli in campo azzurro
  4. Scaccheggiata d’oro e vermiglio
  5. Leone rampante in campo d’oro
  6. Scaccheggiata di oro e di azzurro

 

Ai nostri giorni tre ne pubblicava Antonio Villardi di Milano nell’Archivio Araldico coll’ordine seguente:

  1. Scaccheggiato d’oro e vermiglio
  2. Fascia vermiglia in campo di argento
  3. Leone nero rampante in campo d’oro

 

L’arma gentilizia però che da quanto ho potuto rilevare presentemente usano tutt’i Giorgio, è lo scudo con la fascia vermiglia in campo di argento.



[1] Bàrbaro, Marco. - Storiografo e genealogista (Venezia 1511 - ivi 1570); la sua opera maggiore, Origine e discendenza delle famiglie patrizie, è fondamentale per lo studio della storia veneziana.

[2] Casimir Freschot (Morteau1640 circa – 20 ottobre 1720) è stato uno storico e traduttore francese.

Fu autore di circa cinquanta opere in francese, italiano e latino su vari soggetti storici e contemporanei, i più conosciuti dei quali sono Li pregi della Nobiltà Veneta abbozzati in un giuoco d'arme, pubblicato a Venezia nel 1682, Origine, progressi e ruina del calvinismo nella Francia, ragguaglio istorico di D. Casimiro Freschot, pubblicato nel 1693, e Histoire du congrès et de la paix d'Utrecht - par C. Freschot, pubblicato nel 1716

[3] Vincenzo Maria Coronelli O.F.M.Conv. (Venezia16 agosto 1650 – Venezia9 dicembre 1718) è stato un geografocartografocosmografo ed enciclopedista italiano.