La storia passata e gloriosa / La famiglia Giorgi di Vistarino

Famiglia GIORGI DI VISTARINO
Non v’è bisogno di riferirsi ad una incontrollabile tradizione che vuole questa famiglia originaria della Moravia e portata in Italia da un Pietro con Onorio Imperatore e stabilitasi nel pavese, per riconoscerle una remota origine. Essa è una fra le più antiche e distinte del patriziato pavese e da essa sortirono illustri condottieri, podestà, governatori, ambasciatori, giureconsulti e vescovi; coprì onorifiche cariche ed ebbe giuspatronati e privilegi fra i quali quello di accompagnare il vescovo dalla Chiesa di Santo Stefano in Campagna a quella di S. Maria Segreta in ogni occasione della presa di possesso di quella Cattedra Vescovile.
La prima notizia sicura dataci da cronisti pavesi si ha con:
- GUIDO che nel 1112 intervenne all’atto col quale Oprando e Pagani da Confalonieri dovettero dare certe rinunzie all’abate di S. Pietro in Ciel d’Oro[1].
- BALIANO nel 1114 lasciò la vita al servizio dei veneziani contro i dalmati dopo essersi distinto in varie conquiste con altri pavesi i quali pure perirono in quella guerra.
- ALONE è intestatario di un privilegio concesso dal vescovo Bernardo alla Chiesa di S. Giovanni Donnarum[2] (1129)
- ROLANDO (ritenuto stipite nel 1170) intervenne nel 1183 come teste nell’investitura del vescovo Lanfranco a favore del prevosto di S. Giovanni Donnarum;
- CARBONE, fu console in patria nel 1206
- ALBERICO nel 1231 era Rettore e Ministro di S. Maria in Bethlem[3], ove erano addetti come conversi e converse le persone delle più ragguardevoli famiglie delle città.
- OLIVO de Giorgi, personaggio molto influente, coprì in patria la carica di Podestà dei Limiti quando fu fatto dal popolo e dai Fallabrini il compromesso cogli ambasciatori di Bergamo, d’Asti e di Casale e conservò tale carica sino a tutto il 1271;
- CARBONEde’ Giorgi, il 24 giugno 1279 era Podestà e Rettore di Mondondone;
- RUFINO (1285), Rettore e Ministro di S. Matteo;
- GIGLIO, canonico economo del vescovato (25 febb. 1295).
- FEDERICO ed ENRICO il 12 apr. 1279, erano nel Consiglio della Credenza quando fu ordinato, ad istanza di quei di Mortara, la fortificazione di quel luogo.
- BORDINO, fu tra i principali cittadini pavesi condannato come ribelle di Arrigo VII alla confisca dei beni e al bando capitale, per sentenza 14 luglio 1313;
- CORRADO, abate di S. Bartolomeo[4], fu creato vescovo di Piacenza ove morì nel 1381;
- ANOTTO, nelle feste date a Pavia nel 1397, in onore di Galeazzo Visconti, era nella squadra dei portatori del manto;
- GIACOMO fu lettore di arte oratoria in Pavia (1391-1408);
- PIETRO era vescovo di Tortona quando con diversi nobili milanesi persuase il duca Galeazzo Maria Visconti a far arrestare Facino Cane (5 aprile 1410); ebbe confermate coi fratelli alcune esenzioni per i luoghi di Pinerolo (Po), Copiano e Soriasco; passò poi vescovo a Novara nel 1419 ed arcivescovo a Genova ove morì nel 1436. Ebbe sepoltura in Voghera nella chiesa principale ove aveva fondato quattro prebende.
- CORRADINOdi Giorgi, diplomatico, molto stimato da Francesco Sforza, fu da questo adoperato sempre in affari e legazioni importantissime specialmente a Genova e presso il duca di Savoia (1457-58);
- MAFFEO e JANOTTO, e la di lui madre, la magnifica signora Caterina che tenne per lungo tempo la cura e il governo dell’Ill.ma Madonna Ippolita, poi duchessa di Calabria, ebbero privilegi d’esenzione;
- ROLANDO fu creato cavaliere aurato da Francesco II Sforza nel 1450.
Furono podestà:
- NICOLÒ in Lodi (1449-52);
- TORELLO, in Castel Noveto (1461)
- RICCARDO, in Mede (1452), alla Pieve del Cairo (1462) a Bassignana (1468-70).
- Il cavalier ANTONIO, in Parma (1489),
- OTTAVIANO, lettore e consigliere ducale in Siena nei primi anni del secolo decimosesto.
Furono cavalieri dell’ordine Gerosolimitano [5]:
- PREVOSTO, comm. di Pavia (1419);
- MATTEO, comm. di Inverno (1420);
- GIORGIO, comm. di Cremona;
- FABIO (1575);
- LODOVICO (1599);
- GEROLAMO (1674);
- Altro PREVOSTO DI GIORGI, unitamente a MARCO ANTONIO dei conti di Langosco fu inviato ambasciatore al campo francese dopo la partenza del governo sforzesco per offrire la città al re di Francia (27 maggio 1513).
La famiglia Giorgi fino agli ultimi tempi fu sempre del Consiglio Generale e coprì le più distinte cariche della città. Un ramo, fregiato del titolo marchionale, si estinse negli Oppizzoni. I Giorgi Corti sono oggi rappresentati dal nobile avv. BASSANO, patrizio pavese, figlio del nobile patrizio Don Antonio, ora dimorante in Intra, e dai figli del fu nobile patrizio don Benedetto, suo cugino.
I Giorgi di Vistarino così si denominarono dopo l’eredità della signora Franceschina di Beccaria, ultima del suo ramo, detto di Messer Fiorello e di Vireto, figlia e erede universale del fu Magnifico signore NICOLA, la quale con testamento 23 maggio 1506, rogato dal notaro Raffaele de’ Sicleri, istituì eredi universali «i magnifici Signori Nicola cavaliere Prevosto e Castellino di lui figlio, nei beni di Vistarino, Rocca de Messer Fiorello ora detta dei Giorgi, Pietra de Giorgi già Beccaria, con Pietralino con torre e sedime annesso».
I Giorgi vennero confermati feudatari di Pietra di Giorgi il 2 marzo 1674 e il 28 febb. 1769; di Rocca de Giorgi il 3 marzo 1674 e il 4 febbraio 1769 e di Calignano il 26 settembre 1685. Il feudo di Vistarino venne eretto in contea il 5 aprile 1698.
Assunsero ultimamente i Giorgi anche il cognome e lo stemma di Bellingeri per disposizione dell’ultimo marchese abate Bellingeri il quale istituì una seconda genitura in favore del nobile Don CARLO Giorgi, patrizio pavese, secondogenito del conte Antonio e padre dell’attuale conte Augusto. Don CARLO fu Podestà di Pavia, I. R. Ciambellano, deputato Provinciale in Milano e coprì altre cariche importanti in patria.
Sposò Angela, figlia unica e erede universale del marchese ANNIBALE Bellisomi e della marchesa Gerolama Landi da Piacenza. Da questo matrimonio nacquero Emilia, sposata al conte Ercole Benvenuti; IPPOLITO, già guardia nobile lombarda a Vienna, che, nel 1848, ai primi moti di Lombardia, abbandonando quel servizio passò ufficiale di cavalleria nell’armata piemontese, fu decorato della medaglia al valor militare a Novara, nel 1849, e morì celibe col grado di capitano; Silvia, sposata al nobile Paolo Cojari di Fivizzano ora defunta e AUGUSTO, reduce della campagna del 1859. Quest’ultimo per l’estinzione del ramo primogenito ereditò i titoli della casata.
La famiglia Giorgi di Vistarino contrasse alleanza di parentela coi Principi Rasini, coi Martinengo di Brescia, coi Maurizio di Tolentino, coi Trotti di Alessandria, coi Beccaria e Compeggi di Pavia, coi Borromeo di Milano e con molte altre nobilissime casate pavesi e di altre città.
Il ramo primogenito è iscritto nell’El. Nob. Uff. coi titoli di conte di Vistarino (mpr.), signore di Calignano (mpr.), signore di Rocca di Giorgi (mpr.), patrizio di Pavia (m.), nobile col predicato di detti titoli (mf.) e col trattamento di Don e Donna, in persona di:
- IPPOLITO, di Augusto, di Carlo, primogenito, nato a Genova il 21 luglio 1866, sposato a Milano il 20 novembre 1900 alla nobile Leontine dei conti Giacobazzi di Modena nata a Milano il 9 settembre 1879, ed i figli:
- GIORGIO, n. a Gallarate il 19 agosto 1901;
- Maria Antonietta, n. a Sassuolo (Modena), l’11 sett. 1903;
- Rosanna, n. a Sassuolo (id.) il 30 sett. 1906;
Il fratello di Ippolito:
- ALESSANDRO, n. a Genova nel 1880 e i suoi figli:
- EDOARDO, n. a Genova nel 1913,
- GIANFRANCO, n. a Genova nel 1916;
- Pia, n. a Genova il 21 sett. 1915.
II ramo secondogenito è iscritto nel Libro d’Oro della Nob. Ital. in persona di:
- CARLO, di Augusto, di Carlo, n. a Rocca de’ Giorgi (Pavia) il 26 sett. 1868, sposato il 27 nov. 1897 alla nob. Giovanna dei conti Vimercati, ed i figli:
- OTTAVIANO, n. a Torlino (Crema) il 4 gennaio 1900;
- Rosa Maria, n: a Rocca de’ Giorgi il 4 sett. 1898, sposata il 9 ott. 1926 a Marcello Gropallo, marchese della Sforzesca. (fonti[6])
[1] Sorta all'inizio del VIII secolo in piena epoca longobarda e menzionata per la prima volta dallo storico Paolo Diacono (720-799), la basilica di San Pietro in Ciel d'Oro (in coelo aureo) è una chiesa di Pavia con dignità di basilica minore. Eretta in stile longobardo e in seguito ricostruita in stile romanico nel XII secolo, la basilica paleocristiana originale, San Pietro in Ciel d'Oro, così chiamata per via delle volte dorate, era sorta sul luogo ove era sepolto san Severino Boezio, filosofo e senatore romano fatto uccidere dal re ostrogoto Teodorico il Grande nel 525.
Insigne esempio di architettura romanica lombarda e generalmente considerato, insieme alla basilica di San Michele Maggiore, il più importante monumento religioso medievale della città di Pavia
[2] La chiesa di San Giovanni in Domnarum è una delle più antiche di Pavia ed è parte di un più ampio complesso alto medievale comprendente la chiesa stessa, il campanile e la cripta. Si trova nel pieno del centro storico, in via Mascheroni, a pochi passi dalla chiesa del Carmine con la facciata inglobata in un complesso abitativo e l'ingresso all'interno di un cortile. Nella cripta, che è stata riscoperta dopo secoli nel 1914, sono visibili dei resti di affreschi. Secondo taluni storici questa chiesa potrebbe identificarsi con la Basilica di San Giovanni Battista. Fondata da Gundiperga, moglie di re Rotari la chiesa di San Giovanni Domnarum, ossia “delle Signore”, si riferisce alla presenza al suo interno di un fonte battesimale per sole donne.
La parte più autentica della chiesa è costituita dalla cripta, dove si possono osservare a fianco dei capitelli corinzi di età tardoantica, altri dell’VIII secolo con foglie angolari. Gli affreschi risalgono invece al XII secolo.
[3] La chiesa di S. Maria in Betlem sorge in Borgo Ticino, a sud di Pavia, sull'area di una precedente chiesa di età carolingia, i cui resti sono visibili grazie ai lavori del 1952. Sul pavimento è tracciato il perimetro dell'antico edificio. Si tratta di un oratorio di modeste dimensioni (m. 15,20 per m. 6,70 ca.), con una piccola unica navata, l' abside semicircolare a oriente, robusti contrafforti che dovevano sorreggere probabilmente una copertura a capriate e una facciata che quasi è aderente alla controfacciata della chiesa attuale. Il fianco destro della chiesa antica fu utilizzato per la costruzione delle fondazioni della nuova chiesa, si tratta di muratura grossolana a sacco. E’ del XII secolo. Così denominata sia perché l'attuale asse viario del Borgo Ticino era la direttrice per i pellegrini diretti in Terra Santa (Ticinum era una tappa importante nell'itinerario da Bordeaux a Gerusalemme)
[4] L'abbazia benedettina di San Bartolomeo in Strada di Pavia viene fondata nel 1021 dal conte di Pavia Agilulfo. Il monastero risulta sottoposto alla giurisdizione del vescovo di Pavia. Nei secoli XII-XIII le proprietà terriere del monastero risultano concentrate presso la località di Parpanese, sulla quale il monastero deteneva diritti signorili.
Il monastero di San Bartolomeo in Strada nel XV secolo viene dato in commenda e viene soppresso nel 1506: i locali sono concessi ai benedettini olivetani. Il monastero di San Bartolomeo in Strada viene soppresso nel 1804.
[5] Il Priorato gerosolimitano (da Gerusalemme, nome latino Hierosolymita), o dei Giovanniti (da san Giovanni Battista), è una branca di un antico ordine religioso cavalleresco nato nel periodo delle crociate lanciate dalla Chiesa cattolica per liberare il Santo Sepolcro dal controllo dell'Islam. L'ordine cavalleresco dei gerosolimitani racchiudeva i cristiani cavalieri (monaci che avevano impugnato le armi) e i cavalieri cristiani (soldati che diventavano religiosi). Diversi furono gli ordini religioso-cavallereschi fondati dopo la prima crociata, nel regno di Gerusalemme: cavalieri ospitalieri di San Giovanni, Cavalieri templari, Ordine Teutonico, cavalieri del Santo Sepolcro.
Mentre i Cavalieri Ospitalieri, che si dedicavano maggiormente all'assistenza, iniziarono a seguire la Regola agostiniana, i Templari e i Teutonici, continuarono a seguire quella benedettina.
[6] Fonti: Vittorio Spreti, Enciclopedia storico-nobiliare italiana, Milano, 1928-32, vol. III, pp. 466-468:
Archivi di famiglie e di persone: materiali per una guida, 2: Lombardia-Sicilia, a cura di Giovanni Pesiri, Micaela Procaccia, Irma Paola Tascini, Laura Vallone, Roma, Ministero BBAAC, 1998 (Pubblicazioni degli archivi di Stato. Strumenti; 133), n° 1352.

GIUSEPPE (PIETRO) GIORGI
(Parma 18 dicembre 1790 – Piacenza 1865)[1]
Di origini pavesi, figlio di Giacomo e Caterina Girarduzzi. Comunemente chiamato Pietro, si trasferì ancora giovane a Piacenza, dove frequentò l’Istituto Gazzola, allievo del Girardi per la figura e del Curotti per l’architettura e l’ornato. A Milano ebbe come maestro il Sanquirico[2]. Già nel 1817 dipinse la prospettiva nel cortile di casa Ghizzoni (perduta). Restano, di quello stesso anno, due scenografie conservate presso l’Istituto Gazzola, raffiguranti un Cortile regio e un Sotterraneo sepolcrale. È probabilmente del 1826 la prospettiva sul muro di fronte la gradinata della chiesa dei Cappuccini. Non si conoscono, invece, le date di quelle affrescate nei cortili dei palazzi Scotti da Vigoleno. Il Giorgi lavorò come decoratore in parecchie chiese di Piacenza: realizzò la facciata a fresco di San Donnino e Santo Stefano, gli ornati dell’altare di San Martino in Foro, di cui progettò anche la sistemazione della facciata, quelli delle cappelle di San Vincenzo Ferreri in San Giovanni in Canale e di Santa Lucia in Duomo. Nella Cattedrale, inoltre, disegnò l’altare di Santa Agnese e dipinse l’ornato gotico nella volta della sagrestia superiore (1852). Il Giorgi fu pure molto attivo come scenografo, a Brescia, Parma, Genova, Firenze, Roma, Napoli, nonché a Piacenza nel Teatro Municipale, dove collaborò con molti artisti dell’epoca. Svolse anche l’attività di progettista delle macchine pirotecniche agostane: nel 1827 ne ideò una imprecisata, nel 1835 una Moschea, seguirono la Borsa di Londra (1839), la Lanterna di mare (1842), l’Arco di trionfo (1847), un Castello medievale (1851) e un Casino di diporto con giardino (1852). Nel 1832 fu ascritto tra i soci dell’Accademia di Belle Arti di Parma e l’11 gennaio 1833 la duchessa Maria Luigia d’Austria lo elevò al rango di accademico d’onore. Il Giorgi insegnò architettura e ornato presso l’Istituto Gazzola.
[1] FONTI E BIBL.: G. Buttafuoco, Nuovissima guida della città di Piacenza con alquanti cenni topografici, statistici, storici, Piacenza, Tagliaferri, 1842, 51, 87, 101, 124, 151, 201; L. Ambiveri, Gli artisti piacentini, Piacenza, Solari, 1879, 216-217; Mensi, alla voce; A. Rapetti, Cronistoria delle Macchine pirotecniche erette in Piacenza, in Bollettino Storico Piacentino XXXVI 1941, 28, 30-32, 34, 76; E. Bénézit, Dictionnaire des peintres, sculpteurs, dessinateurs et graveurs, Parigi, Gründ, volume III, 262, e volume VI, 679; scheda biografica in Gotico, Neogotico, Ipergotico, Piacenza, 1984, 310; S. Carini, in Dizionario Biografico Piacentino, 1987, 135-136. https://www.comune.parma.it/dizionarioparmigiani
[2] Alessandro Sanquirico (Milano, 27 luglio 1777 – Milano, 12 marzo 1849) è stato uno scenografo, architetto, pittore, disegnatore e calcografo italiano. Alessandro Sanquirico è stato allievo di Giovanni Perego. Come architetto collaborò a realizzare il Teatro alla Scala di Milano, il Teatro Alberti di Desenzano, il Teatro Sociale di Canzo, il Teatro Sociale di Como e il Teatro Municipale di Piacenza. Realizzò con Andrea Appiani e il Bargigli l'Arena di Milano.
Divenne lo scenografo più importante della sua epoca. Si ricordano in particolare le scenografie per il celebre ballerino Salvatore Viganò. Collaborò come pittore al duomo di Milano, dipingendone le volte simulanti un traforo gotico. Celebri anche le vedute cittadine di Milano.

AURELIO DE’ GIORGI BERTOLA (1753-1798) [1]
Aurelio de' Giorgi Bertola (Rimini, 4 agosto 1753 – Rimini, 30 giugno 1798) è stato un poeta e scrittore italiano.
Di origine pavese, destinato alla vita ecclesiastica dalle cattive condizioni economiche della famiglia, compì i primi studi presso il seminario di Todi e a soli quindici anni entrò nell'abbazia senese di Monte Oliveto, dalla quale presto fuggì per arruolarsi in Ungheria. A causa della sua debole costituzione dovette però abbandonare la vita militare e riprendere quella del monastero dove fu riaccolto con l'incarico di lettore.
Fin dagli esordi mostrò un acuto interesse per le correnti preromantiche straniere, in particolare per quelle tedesche, e nel 1774, con il Saggio di Odi italiane e il carme Le notti Clementine, pubblicato con il titolo La Notte, acquistò una certa notorietà letteraria.
Nel 1776 pubblicò a Siena in forma anonima un volumetto intitolato Versi e Prose, contenente audaci sonetti e brevi racconti in forma di apologo, inneggianti ad una vita spensierata, mossa dal piacere e dalla fusione con la natura. L'opera ebbe notevole successo, venendo più volte ristampata.
Assunse il ruolo di docente di storia e geografia nell'Accademia della Marina, a Portici. In questa fase artistica risentì dell'influenza di Sannazzaro e di Metastasio. In un secondo tempo si avvicinò al sensismo. I primi anni trascorsi in riva al Tirreno lo videro protagonista della vita galante e sociale, richiesto particolarmente, pare, «dalle dame della corte di Ferdinando IV e Maria Carolina». Al periodo napoletano può essere fatta risalire la sua iniziazione alla massoneria. Nel 1782 risulta infatti nel piè di lista della loggia "La Vittoria", insieme, tra l'altro, a Vittorio Alfieri.
Era il 1779 quando apparve la raccolta Poesie campestri e marittime, coeva all'Idea della poesia alemanna, edita in una prima versione e, nel 1784, in due volumi col titolo Idea della bella letteratura alemanna. Nel 1783 riguadagnò la città natale. Divenuto prete secolare, ebbe una relazione con la nobildonna veronese Elisa Contarini Mosconi, da cui nacque la figlia Lauretta (1785).
A Vienna entrò in contatto con il concittadino Giuseppe Garampi, nunzio apostolico nella città, il cui interessamento fruttò a Bertola la prestigiosa cattedra di Storia presso l'Università di Pavia (1783). In questi anni il poeta riminese si consacrò al lavoro accademico, senza tuttavia trascurare la produzione artistica: diede alla luce le Favole e le Lettere campestri, mentre la pubblicazione dell'Elogio di Gessner è del 1789. Del celebre autore degli Idilli, Bertola aveva già curato una traduzione, e durante il viaggio in Svizzera, effettuato attorno alla metà degli anni Ottanta, lo conobbe personalmente.[4] Inoltre, gli anni pavesi vedono una progressione del Bertola nell'istituzione massonica: nel 1785 risulta come "compagno" (2º grado) tra i fratelli della loggia "La Concordia" di Milano, mentre l'anno precedente è Giovanni Viazzoli, allora segretario della loggia provinciale della Lombardia austriaca, a puntare sulla collaborazione del Bertola per impiantare una loggia di Liberi Muratori in quel di Pavia.
Negli anni successivi si impegnò in molte traduzioni di opere straniere oltre a pubblicare idilli, favole, saggi, impressioni di viaggi. Le elogiative Osservazioni sopra Metastasio sono del 1784, mentre quattro anni dopo viene dato alle stampe il Saggio sopra la favola, una delle sue opere più celebri e significative. Il Saggio sopra la Grazia nelle lettere ed arti appartiene al medesimo periodo, anche se la pubblicazione, postuma, avverrà solo nel 1822. Nell'ultimo periodo di vita si entusiasmò per la Rivoluzione francese e pubblicò in Romagna il Giornale patriottico. Del 1795 è una delle sue opere più famose, Viaggio sul Reno.
Conobbe il giovanissimo Foscolo, frequentatore come lui del salotto veneziano di Isabella Teotochi Albrizzi. La stima dell'adolescente ci è stata tramandata dall'ode giovanile La campagna (che nel 1795 risultava compiuta), dedicata a Bertola, in cui il giovane poeta zacintio « percote ardita lira, / e co' suoi canti vola / al suo gentil Bertòla » (vv.10-12), « del tenero, / Gesnèr felice alunno » (37-38), e chiama ad adorarlo « d'Aprile e dell'Autunno / le Grazie e i lindi Amori / coronati di fiori » (40-42), in una poesia in cui domina la serena e spensierata contemplazione della natura, tema appunto caro al riminese. Tra il 1783 e il 1795 Bertola soggiornò spesso in laguna, dove partecipava assiduamente alla vita mondana e culturale. Ebbe relazioni amorose con Alba Corner Vendramin - animatrice anch'essa di un celebre salotto - e con la stessa Isabella Teotochi. Gli ultimi anni coincisero con il sopraggiungere di problemi di salute ingravescenti, sicché nel 1798, dopo aver aderito alla Repubblica Cisalpina ed aver operato a Milano come giornalista, tornò nella città natale per morirvi prima di aver compiuto 45 anni.
[1] BIBLIOGRAFIA: Studi su Aurelio Bertòla, Bologna, Steb, 1954 - Antonio Montanari, Un « Diario » inedito di Aurelio Bertòla, Rimini, Il Ponte, 1994 - Arnaldo Di Benedetto, Immagini dell'idillio nel secolo XVIII: Bertòla e le poetiche della poesia pastorale, in Dal tramonto dei Lumi al Romanticismo. Valutazioni, Modena, Mucchi, 2000, pp. 9–37 - Claudio Chiancone, Le lettere d'amore di Alba Corner Vendramin al Bertola (1793-1795), in Archivio veneto, Serie V - Vol. CLXVII (2006), pp. 155–192.
GIACOMO GIORGI
(Busseto tra il 1740/1750 – Parma 1 novembre 1795)[1]
Fu violinista della Camera ducale di Parma dal 1° gennaio 1767 con l’assegno annuo di 3600 lire e 400 lire di gratificazione dal 1 marzo 1769. In considerazione dei lunghi servigi prestati, il 14 gennaio 1795 ebbe commutata in soldo la pensione di 2400 lire. Partecipò alle funzioni della chiesa della Steccata di Parma dal 1772 al 1791. Nel 1761, durante il Carnevale, suonò nelle opere buffe date al Teatro ducale di Parma.
GIAN FELICE GIORGI
(Piacenza XIX secolo-Parma)[2]
Patrizio di origine piacentina, fu grande benefattore del Conservatorio delle Vincenzine in Parma , alle quali lasciò una cospicua eredità in Noceto[3].
[1] FONTI E BIBL.: Archivio di Stato di Parma, Ruolo A, 1, fol. 469, Teatro 1732-1843, cartella n. 1; H. Bédarida, Parme et la France de 1748 a 1789, Paris, 1928, 490; Archivio della Steccata, Mandati dal 1772 al 1791; P. Bettoli, I nostri fasti musicali, Parma, 1873, 88; N. Pelicelli, Musica in Parma, 1936, 207. https://www.comune.parma.it/dizionarioparmigiani
[2] FONTI E BIBL.: R. Lasagni, Bibliografia parmigiana, 1991, 177. https://www.comune.parma.it/dizionarioparmigiani
[3] Noceto è un comune in provincia di Parma. E’ ricco di monumenti, chiese, rocche e castelli molto pregevoli ed antichi.

GIORGIO GIORGI o DE GIORGI (1836-1915)
Nato a Firenze il 16 settembre 1836 da Giovanni. Presto orfano di padre, si laureò in giurisprudenza a Siena nel giugno del 1862. La sua carriera ebbe inizio nella magistratura. Dapprima uditore del Tribunale di prima istanza di Portoferraio (luglio 1864), divenne dal dicembre 1865 giudice istruttore, quindi nel maggio 1869 fu trasferito come giudice ordinario al Tribunale di Lucca. L’8 marzo 1868, intanto, aveva sposato Pia Elisabetta Cupello, figlia di un’agiata famiglia livornese, dalla quale avrebbe avuto tre figli: Giovanni (1871), Tito (1878) e Riccardo (1882). Dall’aprile 1877 fu assegnato al Tribunale civile di Avellino (prima come reggente la presidenza, poi come presidente effettivo), e dal febbraio 1879 fu presidente del Tribunale di commercio nello stesso capoluogo irpino. Nel gennaio 1881, promosso consigliere di corte d’appello, fu destinato a Roma, dove fu nominato dall’8 luglio 1883 consigliere di Stato e subito assegnato alla Sezione III (finanze). Nel novembre 1885 sarebbe stato trasferito alla Sezione grazia e giustizia. Il 21 novembre 1892 ricevette la nomina a senatore e dal novembre 1896 fu presidente di sezione del Consiglio di Stato (assegnato alla Sezione IV sino al 1902, quindi alla I). Dal 19 aprile 1907 al 16 settembre 1911 (data della sua collocazione a riposo per limiti d’età) fu presidente del massimo consesso amministrativo. Giurista apprezzato, particolarmente versato nel diritto amministrativo e in quello privato (‘‘uno dei grandi epigoni della scuola esegetica, ma già aperto nelle parti più tarde dei suoi scritti all’influenza della dottrina pandettistica’’), Giorgi ‘‘seppe fondere le teoriche più in voga della dottrina civilistica straniera con la concezione latina del diritto e 70 Giorgi Giorgio contemperare le esigenze del nuovo diritto pubblico col rispetto della volontà individuale’’ (cosı` F. Perla Gabrielli nella breve biografia in Novissimo Digesto). Diresse dal 1905 al 1912 la ‘‘Giurisprudenza italiana’’. Scrisse tra l’altro l’imponente Teoria delle obbligazioni nel diritto moderno italiano (prima edizione, in nove volumi, nel 1876-1887: ne sarebbero seguite altre otto, l’ultima delle quali, postuma, nel 1924- 1929). La dottrina delle persone giuridiche o corpi morali (6 volumi, 1889-1897, 1913), Della espropriazione per causa di utilità pubblica in relazione ai beni del pubblico demanio (1913). In particolare va segnalata la monografia su La riforma del Consiglio di Stato e degli istituti della giustizia amministrativa, da inserirsi nel dibattito preparatorio della legge sulla giustizia amministrativa del 1907. Personalità di rilievo, al centro di una vasta rete di rapporti amicali sia nell’ambito della burocrazia che nel mondo della politica d’inizio secolo, Giorgi fu cavaliere della Corona d’Italia (1878), commendatore (1884), ufficiale dei SS. Maurizio e Lazzaro (1887) e poi commendatore dello stesso Ordine (1890), cavaliere dell’Ordine civile di Savoia (1902) e poi membro del consiglio dello stesso Ordine (1908), infine cavaliere di gran croce dell’Ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro (1909). All’interno del Consiglio di Stato la sua presidenza coincise con un periodo particolarmente delicato, contrassegnato dal varo e dalla prima sperimentazione della legge del 1907, nella quale, attraverso l’introduzione della Sezione V accanto alla IV, si estese la competenza del Consiglio di Stato dal giudizio di legittimità anche a quello di merito; a questo proposito di particolare rilievo fu il suo intervento, pubblicato nella parte I dell’‘‘Annuario’’ del 1911, su La giustizia amministrativa nel Consiglio di Stato, nel quale Giorgi combatteva ‘‘l’idea di isolare le due sezioni giurisdizionali per farne un Supremo Tribunale Amministrativo’’ e traeva un bilancio nel complesso positivo della riforma. Va anche segnalata l’indubbia influenza che la personalità del Giorgi ebbe più in generale sul Consiglio di Stato d’inizio secolo in termini di cultura del diritto. La sua permanenza a Palazzo Spada coincise infatti con gli anni decisivi dell’affermazione in Italia della scuola pandettistica nel diritto pubblico, e giustamente è stata richiamato il nesso tra ‘‘la cultura civilistica’’ di eminenti consiglieri quali Francesco Saverio Bianchi e lo stesso Giorgi e gli sviluppi in senso pandettistico specie della giurisprudenza della Sezione IV. In qualità di presidente di sezione e poi di presidente del Consiglio di Stato la sua gestione si caratterizzò per l’equilibrio e la forte sensibilità verso gli aspetti nuovi del diritto amministrativo in trasformazione. Sotto la sua presidenza il Consiglio di Stato dovette tra l’altro fronteggiare un ulteriore forte incremento dell’attività (circa 12-13 mila affari all’anno, con netta prevalenza delle sezioni consultive), anche in connessione con le incombenze imposte dalla nuova legislazione a carattere economico e sociale di inizio secolo, spesso incline ad introdurre quasi ritualmente pareri obbligatori del massimo consesso amministrativo. La mole crescente dell’attività, per altro, contrastò con la prassi, anch’essa via via più frequente, di distogliere elementi del collegio all’attività istituzionale per destinarli ad incarichi esterni (commissioni governative, ecc.). Ciò creò spesso situazioni di emergenza che vennero positivamente affrontate attraverso frequenti spostamenti di giudici da una sezione all’altra, incarichi temporanei ‘‘a scavalco’’ e in genere una intensificazione dei ritmi di lavoro dell’intero Consiglio di Stato. Giorgi morì a Roma il 20 febbraio 1915. [1]
[1] Fonte: www.giustizia.amministrativa.it/documents/ al link: https://www.google.it/url?sa=i&url=https%3A%2F%2Fwww.giustizia-amministrativa.it%2Fdocuments%2F20142%2F0%2F6-Giorgi.pdf%2Fd0d35be3-a3be-c189-c3b4-5da7052576be&psig=AOvVaw3Hy1HawtH2awzugJoUgsPQ&ust=1600546354803000&source=images&cd=vfe&ved=2ahUKEwjsrNX4wfPrAhVH-6QKHc4PD7MQr4kDegUIARCeAQ